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Carrione: rivedere i calcoli, intervenire sui ravaneti, ripristinare gli alvei soffocati da strade

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Carrara, 31 marzo 2016
A:
– Enrico Rossi, Presidente Reg. Toscana (PEC)
– Giovanni Massini, Resp. Difesa suolo Reg. Toscana (e-mail)
– Giovanni Seminara, DICCA, Univ. Genova (e-mail)
– Lorenzo Gardin, LaMMA (e-mail)
– Fabio Castelli, DICEA, Univ. Firenze (e-mail)
– Angelo Zubbani, sindaco di Carrara (PEC)

 

Oggetto:    Progetto Carrione. Richiesta di approfondimenti (sul modello MOBIDIC e sul comportamento idrologico dei ravaneti) e di un processo partecipativo.

 

Premessa

A seguito dell’alluvione del Carrione del 5 novembre 2014 la Regione Toscana ha dato un fondamentale apporto tecnico per l’individuazione delle criticità, l’esecuzione dei lavori di somma urgenza e, poi, per l’assegnazione (al prof. Seminara) dello studio dei possibili interventi per la mitigazione del rischio.

I risultati di tale studio, presentato nel novembre 2015 e nel marzo 2016, hanno sollevato alcune perplessità. In particolare, hanno destato sconcerto la necessità di intervenire sul ponte di Via Pucciarelli recentemente ricostruito (ma risultato inadeguato alla nuova previsione di portata duecentennale: Q200) e, soprattutto, la previsione di abbattimento e rifacimento di alcuni ponti storici nell’attraversamento di Carrara. Da più parti sono state mosse critiche anche alle opere previste nel bacino montano (una dozzina di invasi di laminazione e un bypass in galleria tra il Can. di Torano e il Can. di Gragnana) per sopperire all’incapacità del tratto di attraversamento del centro storico di veicolare portate superiori alla trentennale (Q30).

Merita anticipare subito che con ogni probabilità quelle perplessità sono fondate. Sembra infatti che la Regione Toscana, richiedendo espressamente l’utilizzo dei risultati del modello Mobidic (che sembrano purtroppo errati), avrebbe fornito al prof. Seminara previsioni di portata sovrastimate; da questo “peccato originale” sarebbe perciò scaturito un sovradimensionamento degli interventi necessari per la sistemazione del Carrione.

Di fronte a previsioni di portate di piena sensibilmente più elevate di quelle fornite dal precedente studio idrologico del Carrione (Viti, 2004), diversi consiglieri comunali, mostrando particolare maturità, non sono caduti nella contesa su quale dei due esperti avesse ragione, ma hanno espresso con fermezza l’esigenza di conoscere le ragioni delle discrepanze.

A nostro parere entrambi gli esperti hanno svolto al meglio il loro studio: basandosi sul livello delle conoscenze disponibili e attenendosi all’incarico loro affidato, hanno infatti individuato un pacchetto di interventi (ricorrendo a soluzioni in parte analoghe e in parte diverse) finalizzato alla riduzione del rischio alluvionale.

Riteniamo tuttavia che entrambi gli studi soffrano di un limite insito nei vincoli, espliciti (l’adozione delle portate di piena previste da Mobidic) o impliciti (proporre interventi “ragionevoli”, che non mettessero cioè in discussione l’attuale assetto territoriale), imposti dall’incarico loro affidato. Senza questi vincoli o, addirittura, con l’esplicito mandato di proporre diversi scenari –da quello più “ambizioso” (con “carta bianca” sull’assetto territoriale) a quello più “ragionevole”– con i rispettivi bilanci costi/benefici, sarebbe sicuramente scaturito un ventaglio di soluzioni diverse che avrebbe permesso, nell’ambito di un ampio processo partecipativo, di scegliere la soluzione ottimale con un largo consenso.

Un contributo in questa direzione l’abbiamo dato con il nostro documento Carrione: le proposte di Legambiente per il piano di gestione del rischio alluvioni inviato il 7/7/15 all’Autorità di bacino Toscana Nord (contenente anche proposte di carattere innovativo) e con la nostra Richiesta di avvio del contratto di Torrente del Carrione inviata l’11/8/15 al Consorzio di bonifica Toscana Nord (rimasta purtroppo senza risposta).

È ovvio che un’eventuale sovrastima delle portate di piena previste da Mobidic comporterebbe un sovradimensionamento degli interventi, con il conseguente aumento dei costi e dell’impatto ambientale e sociale (visto anche il forte legame affettivo della popolazione carrarese verso i suoi ponti storici).

Con questo intervento esprimiamo alcune perplessità sull’attendibilità delle portate di piena previste da Mobidic e ci proponiamo di suggerire un percorso che, pur consentendo l’immediata realizzazione degli interventi più urgenti, lasci aperta la possibilità di approfondire alcuni aspetti tecnici e, sulla base delle risultanze ottenute, di individuare un ampio ventaglio di misure tra le quali scegliere la miglior alternativa progettuale (grazie ad una valutazione multicriterio e ad un percorso partecipativo).

 

Previsioni di piena discordanti

In Fig. 1 abbiamo riportato le portate di piena duecentennali previste dallo studio Viti (2004) e dal modello MOBIDIC (Castelli, 2014). Per comodità di confronto e di analisi, le differenze tra i due studi sono riportate nella Tab. 1, avendo cura di raggruppare i dati (separando i bacini marmiferi da quelli non marmiferi).

Il dato più eclatante che risulta da questo confronto è che Mobidic fornisce Q200 inferiori (del 24-74%) per i bacini non marmiferi e Q200 superiori (del 20-77%) per quelli marmiferi. Semplificando, possiamo dire che le portate previste da Mobidic sono la metà (di quelle dello studio Viti) per i bacini con terreni normali e il doppio per i bacini marmiferi. È dunque doveroso interrogarsi sulle ragioni di tali differenze e sulla loro attendibilità.

 

Fig. 1. Confronto delle portate di piena duecentennali (m3/s) in varie sezioni: in nero stime del modello idraulico MOBIDIC (Castelli, 2014), in blu stime studio Viti (2004).

 

Tab. 1. Confronto tra le Q200 previste da Mobidic e dallo studio Viti in varie sezioni del reticolo idrografico del Carrione.
Studio Viti 2004
m3/s
Mobidic 2014
m3/s
Differenza
%
Bacini non marmiferi
Can. Gragnana a Gragnana 69,9 53,4 -23,6
Can. Gragnana a Linara 109,9 69,6 -36,7
Can Gragnana (chiusura) 122,2 84,3 -31,0
Can. Sorgnano 19,8 5,1 -74,2
Can. Valenza 33,6 13,9 -58,6
Can. Fossola (Bertino) 45,7 23,8 -47,9
F.so Montecchia (Mortarola) 19,6 8,4 -57,1
Can. Bedizzano 34,1 15,3 -55,1
Can. Ficola 26,6 7,9 -70,3
Can. Monte Olivero 24,9 15,2 -39,0
Bacini misti (pochi ravaneti)
Can. Porcinacchia 106,7 66,9 -37,3
Bacini intensamente marmiferi
Can. Piastra 48,5 86,1 +77,5
Can. Torano a Caina 131,1 157,3 +20,0
Carrione di Colonnata a Tarnone 60,8 77 +26,6
Carrione di Colonnata a Mortarola 77,8 94,1 +21,0
Carrione di Col. prima di Bedizzano 98,7 140,3 +42,1
Carrione di Colonnata a Caina 116,6 162,3 +39,2
Asta principale
Carrione centro storico 230,4 319,5 +38,7
Carrione a S. Ceccardo 313,5 412,4 +31,5
Carrione a Nazzano 425,1 457,2 +7,6
Carrione Foce 425,1 459,6 +8,1

 

I modelli idraulici utilizzati: pregi e limiti


Non avendo competenze specifiche sui modelli idrologici e idraulici, ci limitiamo a riportare i dubbi e le perplessità emersi dalla lettura dei due studi, attenendoci a considerazioni di carattere generale.

Un problema di fondo di entrambi gli studi deriva dal fatto che, non essendo il Carrione dotato di stazioni idrometrografiche con scale di deflusso validate, entrambi i modelli matematici (basati sulle misure delle precipitazioni e su modelli di trasformazione afflussi-deflussi e di propagazione dell’onda di piena) non dispongono delle misure di portata necessarie per la taratura.

L’attendibilità delle previsioni dello studio Viti, inoltre, risente della discontinuità di funzionamento delle stazioni pluviometriche e della limitatezza delle serie storiche dei dati: 17 anni (1967-1989) per la serie più lunga (staz. Rifugio Belvedere) e solo 6 anni per la staz. di Carrara.

Il modello Mobidic, sviluppato nel corso degli anni da numerosi progetti congiunti di ricerca(1), presenta indubbi vantaggi rispetto ai modelli tradizionali. Tra i principali vantaggi, vi è la maggior affidabilità delle stime, legata all’approccio di regionalizzazione dei dati(2). In pratica, le stime di numerosi parametri del bacino del Carrione (linee segnalatrici di possibilità pluviometrica, comportamento idrologico dei suoli, propagazione dell’onda di piena) possono essere migliorate sfruttando anche i dati ricavati da altri bacini dell’area idrologicamente omogenea Nord-Tirrenica. Il modello, di cui la Regione Toscana può giustamente essere orgogliosa, possiede dunque un insieme di caratteristiche che sono il presupposto di stime più affidabili.

 

Previsioni di piena Mobidic: le nostre perplessità per i bacini marmiferi


Nonostante tali premesse vi sono elementi che inducono a dubitare dell’affidabilità delle previsioni di piena per il reticolo idrografico del Carrione.

  • In primo luogo, lo stesso studio Mobidic precisa che, non essendo state validate le scale di deflusso delle stazioni idrometriche in telemisura, i dati di tali stazioni per eventi di piena recenti possono essere usati solo per calibrare i tempi di risposta del modello, ma non le portate o i volumi di piena.
  • Per i tratti di corsi d’acqua provenienti dai bacini marmiferi, le previsioni di portata per piene modeste (piena biennale: Q002), riportate nella Fig. 2, appaiono inverosimili (sovrastimate) se confrontate con l’osservazione diretta. Per quanto quest’ultima sia suscettibile di errori di valutazione molto rilevanti, infatti, in occasione di piene modeste vi sono tratti in cui Mobidic prevede portate di alcuni m3/s ma che, a vista, restano asciutti o quasi.

    Ipotizzando che la piena del 5 marzo 2016 avesse un tempo di ritorno attorno a sei mesi e che per questo tempo di ritorno le portate previste dal modello Mobidic siano la metà di quelle previste per la piena biennale, le foto della Fig. 3 depongono per l’evidente improponibilità di alcune portate previste(3). In particolare il tratto alto del ramo di Colonnata fino a Mortarola risulta asciutto o con portate irrilevanti, a fronte di previsioni Mobidic di diversi m3/s (Foto B, C, D).

    Ciò induce a ritenere che il modello Mobidic non abbia tenuto in adeguato conto la capacità delle discariche di cava (ravaneti) di assorbire rilevanti quantità di acque meteoriche, sottraendole al deflusso canalizzato (salvo rilasciarle gradualmente in seguito). Sembra confermare questo dubbio, almeno per piene di lieve entità, il fatto che la portata del Carrione alla Lugnola non appaia (come prevede Mobidic) ben il quintuplo di quella del Can. di Gragnana (avente un bacino non marmifero) (Fig. 3G e 3H).

 

Fig. 2. Portate di piena biennali (m3/s) in varie sezioni previste dal modello idraulico MOBIDIC. È indicata anche l’ubicazione delle foto della Fig. 3.

 

â Fig. 3. Il Carrione in vari tratti, nel corso della modesta piena del 5/3/2016; nei riquadri gialli i valori (dimezzati) delle portate biennali previste dal modello Mobidic sono posti a confronto con una stima grossolana (a vista) dell’ordine di grandezza delle portate effettivamente in alveo. L’ubicazione dei punti fotografati è indicata nella Fig. 2. Le incongruenze tra osservazione visiva e portate previste da Mobidic fanno ritenere verosimile che nei bacini marmiferi il modello produca una rilevante sovrastima delle portate. A: a valle di Avenza, dal ponte di via Pucciarelli. B: ex stazione di Colonnata. C: a valle del ravaneto Calagio che sbarra la valle: l’alveo (freccia) è asciutto, a fronte di una portata di tutto rispetto prevista da Mobidic. D: a valle del ravaneto Bacchiotto. E: a valle di Mortarola. F: confluenza dei due rami del Carrione provenienti dai bacini marmiferi (Torano e Colonnata). G e H: confluenza tra il Can. di Gragnana e il Carrione, in centro città (loc. Lugnola): appare poco verosimile che la portata del Carrione sia 5 volte quella del Can. di Gragnana, come prevede Mobidic.
á Fig. 3. Il Carrione in vari tratti, nel corso della modesta piena del 5/3/2016; nei riquadri gialli i valori (dimezzati) delle portate biennali previste dal modello Mobidic sono posti a confronto con una stima grossolana (a vista) dell’ordine di grandezza delle portate effettivamente in alveo. L’ubicazione dei punti fotografati è indicata nella Fig. 2. Le incongruenze tra osservazione visiva e portate previste da Mobidic fanno ritenere verosimile che nei bacini marmiferi il modello produca una rilevante sovrastima delle portate. A: a valle di Avenza, dal ponte di via Pucciarelli. B: ex stazione di Colonnata. C: a valle del ravaneto Calagio che sbarra la valle: l’alveo (freccia) è asciutto, a fronte di una portata di tutto rispetto prevista da Mobidic. D: a valle del ravaneto Bacchiotto. E: a valle di Mortarola. F: confluenza dei due rami del Carrione provenienti dai bacini marmiferi (Torano e Colonnata). G e H: confluenza tra il Can. di Gragnana e il Carrione, in centro città (loc. Lugnola): appare poco verosimile che la portata del Carrione sia 5 volte quella del Can. di Gragnana, come prevede Mobidic.

 

  • Le ragioni della sovrastima delle portate di piena nei bacini marmiferi risiedono probabilmente nei parametri utilizzati nella modellazione. In questa prima applicazione del modello Mobidic ai corsi d’acqua dei bacini costieri della provincia di Massa Carrara e della Versilia, infatti, sono state utilizzate le stime di diversi parametri fisicamente basati ricavate dalla calibrazione del modello sul bacino pilota dell’Ombrone Pistoiese (e, in parte, sull’Arno).

    Va premesso che, in linea di principio, questo approccio accresce notevolmente le prestazioni del modello, consentendo di estendere ad un’intera area idrologicamente omogenea la stima di parametri che, altrimenti, dovrebbe essere ricavata da lunghe e laboriose indagini locali; sussistono dunque le premesse teoriche di ottenere (con minor sforzo) risultati più affidabili, almeno per i tipi di suolo ampiamente rappresentati in Toscana. Non abbiamo pertanto motivo di dubitare dell’attendibilità delle portate di piena fornite dal modello per i corsi d’acqua dei bacini carraresi non marmiferi.

    È tuttavia legittimo avanzare il dubbio che l’utilizzo di tali stime per “suoli” del tutto peculiari, quali sono i ravaneti (del tutto assenti nel bacino dell’Ombrone Pistoiese), possa condurre a previsioni modellistiche poco attendibili. Tenuto conto della grande estensione e dei notevoli spessori di queste coperture detritiche, le ripercussioni sulle portate di piena previste potrebbero essere molto rilevanti.

  • In particolare destano vera incredulità i valori di capacità idrica prossimi a zero attribuiti ai ravaneti: a dispetto delle notevolissime capacità di assorbimento idrico (derivanti dalla loro elevata porosità e dai notevoli spessori), infatti, i ravaneti sono stati considerati mezzi non porosi e impermeabili, al pari delle aree urbanizzate (Fig. 4). Riteniamo che l’errore, già contenuto nella Carta delle proprietà idrauliche dei suoli, aggiornamento 2014(fonte SoilData & Unifi-DICeA per Regione Toscana), sia stato “trascinato” nel modello Mobidic alimentandolo con i dati di tale carta (confidando nella loro attendibilità).

 

Fig. 4. Capacità idrica totale del suolo (prodotto di spessore e porosità efficace) per la zona di studio (tratta da: Castelli e Lardani, 2014. Implementazione modello idrologico distribuito per la Toscana – Bacino Toscana Nord). A dispetto degli elevati spessori e porosità efficace, ai ravaneti viene attribuita (a nostro parere erroneamente) una capacità idrica di 0-1 mm, uguale a quella delle aree urbanizzate.

 

Peraltro, tale classificazione contrasta, oltreché con il buonsenso, con la carta del parametro CN (Curve Number: Soil Conservation Service) utilizzata nello studio Viti che, giustamente, attribuisce al marmo e ai ravaneti i valori più bassi di CN (corrispondenti alla massima capacità di infiltrazione delle acque) e alle aree urbanizzate minime capacità di infiltrazione (Fig. 5).

 

Fig. 5. Carta del parametro CN (studio Viti, 2004). La massima capacità di infiltrazione (valori più bassi di CN) è attribuita ai marmi e ai ravaneti (qui accorpati in un’unica classe), mentre le aree urbanizzate sono collocate verso l’estremo opposto (minime capacità di infiltrazione).

 

  • Analoghe perplessità suscitano i valori prossimi a zero della conducibilità idraulica a saturazione attribuiti ai ravaneti, in quanto non sembrano tener conto del fatto che i ravaneti, coprendo generalmente un substrato carsico, continuano ad essere da questo drenati anche quando il loro strato superficiale è saturo (Fig. 6).

 

Fig. 6. Conducibilità idraulica a saturazione (Ksat) dello strato superficiale (30 cm) del suolo per la zona di studio (tratta da: Castelli e Lardani, 2014. Implementazione modello idrologico distribuito per la Toscana – Bacino Toscana Nord).

Altri parametri la cui attendibilità meriterebbe d’essere verificata, vista la natura peculiare dei ravaneti, sono la celerità del deflusso superficiale di versante, la celerità del deflusso sub-superficiale (ipodermico) di versante, la percolazione dal suolo verso le falde e l’assorbimento capillare.

Va sottolineato che diversi dei parametri coinvolti (densità apparente del suolo, profondità utile del suolo, profondità dello strato roccioso, della falda, conducibilità idraulica satura Ksat e ritenzione idrica: acqua gravimetrica e acqua capillare) sono definiti di estrema importanza dallo stesso studio di caratterizzazione idrologica dei suoli dal quale Mobidic ha attinto i dati (Gardin, 2014).

  • Non sappiamo infine se il modello digitale del terreno e del reticolo idrografico rispecchino fedelmente la spiccata artificializzazione dell’orografia e idrografia dei bacini marmiferi, con i numerosi solchi di deflusso artificiali incisi sui ravaneti (non corrispondenti al fondo delle valli), le cave a pozzo che funzionano come bacini di ritenzione delle piene e gli imponenti ravaneti che sbarrano intere valli funzionando inizialmente come traverse di ritenuta e poi, dopo un considerevole ritardo, rilasciano le acque accumulate (prima lentamente, poi, man mano che si saturano, sempre più velocemente).

 

Affinare le stime dei parametri del modello Mobidic per i bacini marmiferi

Le considerazioni fin qui espresse, lungi dall’esprimere certezze (anzi, ben consapevoli del loro carattere approssimativo, soprattutto per le stime delle portate “ad occhio”), esplicitano dubbi ai quali crediamo sia doveroso dare risposte. Procedere con gli interventi di sistemazione del Carrione senza fugare tali dubbi, infatti, inficerebbe l’attendibilità dei dati di base sui quali fondare l’intera progettazione, potrebbe comportare costi e impatti (anche sociali) non giustificati e compromettere seriamente la credibilità della Regione.

Chiediamo pertanto alla Regione di verificare le perplessità da noi avanzate e, se ritenute plausibili, di affidare un incarico di ricerca mirato in particolare a migliorare le conoscenze sul comportamento idrologico e idraulico dei ravaneti (oltreché a chiarire gli altri dubbi sopra manifestati). Data l’assoluta peculiarità dei ravaneti, immaginiamo che i ricercatori sarebbero i primi ad accogliere favorevolmente la proposta di questo approfondimento, per i suoi risvolti di importanza scientifica e pratica.

 

Integrare il ventaglio di interventi con soluzioni innovative

L’esperienza e il buonsenso ci dicono che i ravaneti hanno ripercussioni idrologiche e idrauliche di primaria importanza. In particolare, i vecchi ravaneti(4), costituiti essenzialmente da scaglie, forniscono un utile contributo alla riduzione del rischio idraulico poiché funzionano come una spugna, un serbatoio a lento rilascio che assorbe le acque piovane rilasciandole poi gradualmente dopo il transito del picco di piena, che risulta perciò ridotto.

I ravaneti recenti, invece, sono ricchi di terre, sia perché le nuove tecniche di coltivazione producono meno scaglie sia, soprattutto, perché buona parte delle scaglie viene asportata per l’industria del carbonato, mentre le terre, non avendo un mercato, sono in gran parte abbandonate (abusivamente, ma largamente tollerate) nei ravaneti e sulle scarpate delle vie d’arroccamento. Sono facilmente riconoscibili anche da notevole distanza per il loro colore biancastro o marrone (quando lo scarico di terre è molto recente).

Le terre, occludendone gli interstizi, rendono questi ravaneti rapidamente saturabili in superficie nel corso di precipitazioni intense (riducendone la funzione di “spugna”) e suscettibili a frane poiché le terre, imbibite, fluidificano e agiscono da lubrificante, oltreché aumentare il peso della massa detritica. Queste frane formano colate detritiche (debris flow) che, depositandosi nell’alveo dei corsi d’acqua, ne riducono la capacità idraulica, favorendo le esondazioni fin dai tratti montani. A questi apporti improvvisi ed imponenti vanno aggiunti quelli graduali derivanti dai ravaneti per frequenti fenomeni di rotolamento, solchi d’erosione, smottamenti che producono un progressivo innalzamento del letto dei torrenti, impercettibile alla vista ma, nel tempo, molto consistente.

Partendo da queste considerazioni abbiamo proposto, come contributo al PGRA (Piano di Gestione del Rischio Alluvioni), il mantenimento dei vecchi ravaneti e, per i ravaneti recenti, un radicale smantellamento seguito dalla loro ricostruzione con le sole scaglie di marmo (eliminando dunque completamente le terre) e adottando tecniche costruttive che ne assicurino l’assoluta stabilità anche nei confronti di eventi idrologici estremi. I ravaneti ricostruiti in questo modo darebbero un importante contributo alla riduzione dei picchi di piena (senza gli inconvenienti dell’apporto di detrito agli alvei e risolvendo contestualmente anche il grave fenomeno dell’intorbi­damento delle acque superficiali e sotterranee da marmettola e terre).

Lo studio del comportamento idrologico ed idraulico dei ravaneti proposto al paragrafo precedente permetterebbe di simulare e stimare quantitativamente il contributo che essi possono dare alla riduzione del rischio idraulico, consentendo pertanto di introdurre lo smantellamento con ricostruzione dei ravaneti sopra accennato nell’ambito del ventaglio di interventi da considerare per la sistemazione del bacino del Carrione.

Allo stesso fine meriterebbe di essere studiata la riduzione del rischio idraulico ottenibile eliminando le strade di fondovalle (ricostruendole a mezza costa ad una quota di sicurezza) e ripristinando gli alvei da esse occupati, come schematicamente illustrato a scopo divulgativo nella Fig. 7. Grazie alla loro larghezza, sinuosità e scabrezza, infatti i torrenti così ricostruiti rallenterebbero sensibilmente il deflusso delle piene riducendo il rischio alluvionale a valle. Si tratta di una stima realizzabile con lo stesso Mobidic, introducendo le opportune correzioni al modello digitale del reticolo idrografico (per i tratti d’alveo ricreati) e ai relativi parametri.
 

Fig. 7. A: situazione attuale del canale di Sponda, con l’alveo ristretto e confinato in un canale in cemento per “guadagnare” spazio e costruirvi la strada per Ravaccione. B: simulazione grafica dell’intervento di rinaturalizzazione, con restituzione all’alveo dell’intero spazio di fondovalle e ricostruzione della strada ad una quota più elevata (a destra). Estendendo questo approccio a tutti gli alvei montani oggi sepolti da strade si otterrebbe una notevole riduzione del rischio alluvionale a valle.

 

Proposte conclusive:
rivedere Mobidic, più alternative d’intervento, processo partecipativo

Chiediamo pertanto alla Regione Toscana di:

  • verificare l’attendibilità dei valori dei parametri introdotti nel modello Mobidic per i bacini marmiferi e ricalcolare le portate di piena previste per i vari tempi di ritorno; è molto probabile che tali portate ne risultino ridimensionate e, con esse, lo risultino anche gli interventi di sistemazione;
  • verificare che il modello digitale del terreno e del reticolo idrografico rispecchino fedelmente la spiccata artificializzazione dell’orografia e idrografia dei bacini marmiferi (con particolare riferimento alle cave a pozzo e ai ravaneti che sbarrano intere valli);
  • studiare il comportamento idrologico e idraulico dei ravaneti, finalizzandolo alla valutazione della riduzione del rischio idraulico conseguibile con il loro smantellamento e la loro ricostruzione con sole scaglie (senza terre);
  • sulla base di tali studi e verifiche, ampliare la gamma degli interventi adottabili per la riduzione del rischio idraulico, presentando una serie di alternative d’intervento, ciascuna contenente un determinato insieme di misure (interventi sui ponti, bacini di laminazione, scavo alvei, galleria derivatrice, ravaneti ricostruiti con sole scaglie, ripristino degli alvei montani oggi occupati da strade, ecc.) e accompagnata da una prima valutazione costi/benefici;
  • promuovere un ampio processo partecipativo (supportato da specifiche professionalità) articolato in un triplice livello di valutazione del progetto:
    • livello tecnico (sviluppato da professionalità tecniche): una valutazione multicriterio che misuri le prestazioni di ogni alternativa progettuale nei confronti di ciascun obiettivo considerato (es. rischio idraulico, costi economici, impatto ambientale, qualità dei corsi d’acqua, delle acque sotterranee, del paesaggio, ecc.);
    • livello sociale: volto a misurare –attraverso una partecipazione popolare (strutturata e moderata)– il grado di soddisfazione di ciascun portatore di interesse (residenti in zone a rischio o in zone interessate da modifiche territoriali, operatori turistici, cavatori, ambientalisti, ecc.) nei confronti di ciascuna alternativa, individuando anche chi ci guadagna, chi ci perde (e quanto) e ricercando possibili soluzioni di compensazione;
    • livello politico: il decisore conserva il potere (e la responsabilità) di scegliere l’alternativa migliore, ma deve farlo con trasparenza (dichiarando esplicitamente il “peso” attribuito ai vari portatori di interesse). I primi due livelli divengono cioè una sorta di “sistema di supporto alle decisioni” che conferisce al decisore maggior responsabilità, ma anche maggior consenso (derivante dalla partecipazione) e maggiore autorevolezza (in quanto supportata dalla valutazione multicriterio).

­

 

È importante chiarire che gli studi proposti e il processo partecipativo non comporterebbero ritardi nell’esecuzione dei necessari interventi di riduzione del rischio. Va infatti considerato che gli interventi previsti (rifacimento di ponti, galleria scolmatrice, invasi montani) sono al momento solo allo stadio di soluzione proposta e richiedono pertanto tempi lunghi (assegnazione dell’incarico di progettazione, V.I.A., reperimento dei fondi, espletamento delle gare d’appalto, ecc.).

Pertanto, mentre si dà immediata attuazione agli interventi di riduzione del rischio più urgenti (ricostruzione dell’argine crollato, consolidamento dei vari tratti d’argine in condizioni precarie), a quelli non controversi (es. rimozione delle passerelle private che strozzano l’alveo) e a quelli reversibili che riducono il rischio per una data durata (es. scavo dell’alveo nell’attraversamento del centro storico), è possibile procedere agli studi e agli approfondimenti sopra indicati (peraltro indispensabili poiché sarebbe insensato procedere alla progettazione di dettaglio degli interventi sulla base di previsioni di portata di dubbia attendibilità).

Inoltre l’esperienza dimostra che soluzioni “imposte” in nome dell’urgenza comportano spesso tempi di realizzazione maggiori, a causa del sorgere di un’opposizione sociale (sia essa giustificata o meno) che trova alimento proprio come reazione a decisioni percepite come imposizione. Un processo partecipativo, al contrario, accrescendo nella popolazione il livello di conoscenza e consapevolezza del ventaglio di alternative progettuali e favorendo l’emersione precoce dei conflitti tra portatori d’interesse (nonché le possibili soluzioni di compensazione), comporta generalmente una fase iniziale più lunga, seguita però da una realizzazione dei lavori più rapida e priva di ostacoli, grazie al più largo consenso raggiunto.

Augurandoci il pieno recepimento delle nostre proposte, mosse da un intento collaborativo e costruttivo, porgiamo cordiali saluti.

Legambiente Carrara

 


Note:

[1] Allo sviluppo di Mobidic (MOdello Bilancio Idrologico DIstribuito Continuo) hanno partecipato Università degli Studi di Firenze, Autorità di Bacino del Fiume Arno, Centro Funzionale della Regione Toscana, Massachusetts Institute of Technology, Eumechanos.      [torna al testo]

[2] La regionalizzazione, infatti, estendendo l’analisi statistica ad un elevato numero di serie storiche registrate su bacini diversi ma appartenenti ad una regione idrologicamente omogenea, permette di ottenere un campione di dati di dimensione molto maggiore (sopperendo alla limitatezza di singole serie storiche locali); aumenta inoltre la probabilità di includere nell’analisi di frequenza un maggior numero di eventi caratterizzati da elevati tempi di ritorno, rendendo più affidabile la stima degli eventi di intensità eccezionalmente elevata.       [torna al testo]

[3] Nella nostra ipotesi e nelle nostre stime di portata “ad occhio” sono ovviamente insiti errori di valutazione di gran lunga maggiori, ma ciò non inficia le considerazioni svolte sulla verosimiglianza delle stime prodotte dal modello.       [torna al testo]

[4] I vecchi ravaneti, formatisi all’epoca dell’uso dell’esplosivo e del filo elicoidale e talora sostenuti da bastioni costruiti con la tecnica dei muri a secco, sono facilmente riconoscibili anche a distanza dal colore grigio conferito dalla patina d’alterazione superficiale; il colore stesso ne testimonia la stabilità da lunga data.       [torna al testo]

 



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Terre di cava nei ravaneti. La strategia del sindaco: alle cave l’impunità, ai cittadini l’alluvione  (19/03/2016)

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Come opera la fabbrica del rischio alluvionale (la bonifica dei ravaneti)  (24/10/2015)

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Carrara: le alluvioni procurate. Come difenderci  (VIDEO, 15/12/2014)

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 Scandalo Carrione: “Legambiente, inascoltata Cassandra” (Articolo di M. Imarisio sul Corriere della Sera, 6/11/2014)

Dopo l’alluvione: cambiare prospettiva  (6/11/2014)

Carrara: dopo l’alluvione serve un’idea sana di sviluppo (20/11/2012)

Esposto alla Procura: il Comune ha scelto di allagare Miseglia ad ogni pioggia (12/11/2012)

Interpellanza parlamentare: critiche ai lavori fluviali post alluvione sul Magra (3/7/2012)

Dopo l’alluvione: il Magra, scavato e “ripulito” è ora più pericoloso. Lettera-esposto di Legambiente (15/6/2012)

Alluvione nel basso Magra: vere e false soluzioni (VIDEO 28/1/2012)

Alluvione Lunigiana: cause e soluzioni (conferenza Sansoni) (VIDEO 10/12/2011) durata: 38′

Alluvione Lunigiana. Legambiente alle Regioni: basta alibi, stop al cemento (28/11/2011)

Aulla, l’alluvione prevista da Legambiente (VIDEO 7/11/2011)

Terre nei ravaneti: rischio di frana e alluvione (VIDEO 22/11/2011)

Aspettando la prossima alluvione: gli interessi privati anteposti alla sicurezza (26/3/2007)

In attesa della prossima alluvione: porre ordine alle cave (15/3/2007)

Alluvione Carrara: analisi e proposte agli enti (11/10/2003)

  Carrione, sicurezza e riqualificazione: un binomio inscindibile (Conferenza su alluvione: Relazione di Giuseppe Sansoni, 17/3/2006: PDF, 3,2 MB)

  Fenomeni di instabilità sui ravaneti (Conferenza su alluvione: Relazione Giuseppe Bruschi, 11/10/2003: PDF, 1,1 MB)

  Cave, ravaneti, alluvione: che fare? (Conferenza su alluvione: Relazione Piero Sacchetti, 11/10/2003: PDF, 37 KB)

Sulle problematiche tra cave, dissesto idrogeologico ed alluvione:

Terre di cava nei ravaneti. La strategia del sindaco: alle cave l’impunità, ai cittadini l’alluvione  (19/03/2016)

Bonifica dei ravaneti: una critica costruttiva  (31/10/2015)

Come opera la fabbrica del rischio alluvionale (la bonifica dei ravaneti)  (24/10/2015)

I ravaneti ci proteggono dalle alluvioni? Risposta ad Assindustria  (26/5/2015)

Esposto alla Procura: il Comune ha scelto di allagare Miseglia ad ogni pioggia (12/11/2012)

Terre nei ravaneti: rischio di frana e alluvione (VIDEO TG1 22/11/2011) durata: 1’ 23”

Dopo il crollo della palazzina sul Carrione: dibattito “Territorio fragile: maneggiare con cura”. La relazione di Legambiente “Maltempo o malgoverno?” (15/11/2010)

Fanghi di cava gratis su Miseglia (VIDEO 28/12/2010) durata: 10’ 26”

Miseglia invasa dai fanghi di cava: fino a quando? (28/12/2010)

Cave, ravaneti, alluvione: che fare? (Conferenza su alluvione: Relazione Piero Sacchetti, 11/10/2003: PDF, 37 KB)

Fenomeni di instabilità sui ravaneti (Conferenza su alluvione: Relazione Giuseppe Bruschi, 11/10/2003: PDF, 1,1 MB)

Alluvione Carrara: analisi e proposte agli enti (11/10/2003)

Sulle problematiche tra cave e inquinamento delle sorgenti e dei corsi d’acqua:

Come tutelare le Apuane? La ricetta del Parco: non bastano le cave, aggiungiamo i frantoi  (14/7/2015)

Come si progetta l’inquinamento delle sorgenti? Osservazioni alle cave Tagliata e Strinato  (14/6/2015)

La Regione protegga le sorgenti dalle cave di marmo (27/3/2014)

Cosa (non) si fa per la protezione delle sorgenti? (16/1/2010)

Nubifragio: sorgenti torbide per lo smaltimento abusivo delle terre (11/7/2009)

Gestire le cave rispettando l’ambiente e i cittadini: le proposte di Legambiente (11/1/2007)

A difesa delle sorgenti: occorre trasparenza e porre ordine alle cave (21/3/2006)

Come le cave inquinano le sorgenti (conferenza, illustrata) (17/3/2006)

Inquinamento delle sorgenti. Mancano i filtri? No, manca la prevenzione! (4/12/2005)

Frigido: vent’anni di indagini chimiche, biologiche ed ecologiche  (Arpat, 2003)

Impatto ambientale dell’industria lapidea apuana (1991)

Impatto della marmettola sui corsi d’acqua apuani  (volume 1983)

 

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