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Respingere l’usurpazione dei beni estimati: lettera aperta al giudice

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Lettera aperta al Dr. Alessandro Pellegri giudice nella causa n.r.g. 403/16 Società Apuana Marmi S.r.l. contro Comune di Carrara

 
premesso che presso il Tribunale di Massa pende il giudizio tra la Società Apuana Marmi e il Comune di Carrara avente per oggetto l’istanza presentata dalla S.A.M per l’accertamento del  diritto di proprietà su numerosi beni marmiferi situati nelle zone montane del Comune di Carrara e per il sollevamento della questione di illegittimità costituzionale dell’art. 32 della legge regionale della Toscana n. 35/2015,

considerato che l’esito di tale causa e delle altre di analogo contenuto, pendenti presso codesto Tribunale, è di importanza fondamentale per il patrimonio pubblico della collettività carrarese, non solo per la definizione della natura giuridica dei giacimenti presenti nel sottosuolo dei cosiddetti Beni Estimati, su cui è chiamata a pronunciarsi la Corte Costituzionale a seguito del ricorso presentato dal Governo contro la legge regionale della Toscana n. 35 del 25 marzo 2015, ma anche in considerazione dell’importanza che il giudizio di codesto Tribunale potrà assumere come atto di accertamento dell’effettiva consistenza di tali beni,

interveniamo con il presente esposto in quanto la questione dell’accertamento richiesto assume assoluta rilevanza nell’ambito del contenzioso in corso, anche in considerazione della palese incongruità tra la consistenza dei beni oggi reclamati dai ricorrenti e quella, originaria, del 1731.

Il presente, irrituale intervento si è reso necessario in quanto risulta che i patrocinatori del Comune di Carrara avrebbero omesso di evidenziare, in codesta sede civile, tale incongruenza, nonché di contestare la stessa legittimazione ad agire da parte dei ricorrenti, almeno su larga parte dei beni oggetto del contenzioso.

Al fine di evidenziare quanto sopra esposto si rappresenta che, a seguito di una sommaria verifica effettuata con modesti mezzi da parte di privati cittadini, si è rilevato che le pretese dei richiedenti, in diversi casi, non trovano conferma neppure all’esame dei dati catastali dagli stessi richiamati, ponendo così una forte alea di pregiudizio su tutta la documentazione presentata.

Si producono pertanto le seguenti considerazioni corredate da due allegati (all. A e all. B):

1) Secondo uno studio congiunto commissionato dal Comune di Carrara alle Università di Siena, Firenze e al  Politecnico di Torino  il materiale scavato dai primordi al 1830 corrisponderebbe a 17.500.000  ton. e a 6.481.481 mc.

Da una elaborazione di tali dati (allegato A) è agilmente deducibile che l’intera superficie dei cosiddetti Beni Estimati, nel 1731, non potesse essere superiore a poche migliaia di mq, corrispondenti ad un numero assai ridotto di piccolissime escavazioni. Tale consistenza appare, sotto il profilo patrimoniale, non commensurabile con la superficie dei terreni oggi accatastati come Beni Estimati, stimabili sommariamente in mq 5.000.000 dai quali vengono estratte annualmente circa t 400.000 di blocchi. Tale situazione catastale è frutto, a nostro parere, di usurpazioni succedutesi nel corso di secoli, possibili grazie all’inerzia, se non alla compiacenza, che quasi sempre ha caratterizzato l’atteggiamento della parte pubblica.

2) Un esame di parte della documentazione presentata in due importanti cause sottoposte al giudizio di codesto Tribunale ha evidenziato che diversi beni reclamati dalle società ricorrenti non risultano poter essere effettivamente Beni Estimati e che tale classificazione contrasta con quanto registrato nei catasti e negli inventari pubblici, come meglio evidenziato nell’allegato B).

Per quanto fin qui esposto i sottoscrittori della presente irrituale comparsa auspicano che Ella, Sig. Giudice, voglia prendere in considerazione le motivazioni della nostra richiesta di un adeguato approfondimento e accertamento, al fine di non creare ingiusto pregiudizio e danno al Comune e all’intera comunità locale, anche in considerazione del fatto che la natura di patrimonio indisponibile pubblico, pacifica per tutti gli agri marmiferi non iscritti all’estimo a favore di privati prima del 1 febbraio 1731, non consente l’accoglimento di alcuna pretesa di usucapione da parte di occupanti privati o di prescrizione del diritto per la parte pubblica.

Matteo Bartolini                    in rappresentanza di Arci Massa-Carrara
Mariapaola Antonioli             in rappresentanza di Legambiente Carrara
Mario Venutelli                      in rappresentanza di Italia Nostra Sezione Apuo Lunense
Francesco De Pasquale          in rappresentanza del Movimento Cinque Stelle Carrara
Piero Marchini                       in rappresentanza del Partito della Rifondazione Comunista
Ildo Fusani                           in rappresentanza di Sinistra Anticapitalista
Claudia Bienaimè                  in rappresentanza di Carrara Bene Comune
Florida Nicolai                       in rappresentanza del Gruppo di Intervento Giuridico (GRIG)
Fabio Ronconi                       in rappresentanza di Fare Comunità
Roberto Bernucci                   in rappresentanza di La Svolta
Aderiscono i cittadini riuniti in Assemblea Permanente
 
 

Allegato A
Stima Superficie dei Beni Estimati nel 1731

Secondo lo studio congiunto commissionato dal Comune di Carrara alle Università di Siena, Firenze e Torino, pubblicato come supplemento a GEAM-Geoingegneria Ambientale e Mineraria anno XXXIX n. 4 del dicembre 2002, il materiale scavato dai primordi al 1830 corrisponde a 17.500.000 tonnellate  e a 6.481.481 mc.

Assumendo, per comodità di calcolo e per conoscenze storiche, l’ipotesi di lavoro secondo cui dai primordi al 30 d.C. e dal 430 d.C. al 1430 d.C. la quantità di materiale escavato possa considerarsi irrilevante ai fini della presente valutazione, ne segue che, negli otto secoli (30-430 d.c. e 1.430-1830 d.c.) di maggiore intensità dell’escavazione, avremmo una media di escavato pari a mc 810.185 per secolo, corrispondente ad una media di mc 8.101,85 l’anno.

Il materiale scavato ogni anno equivarrebbe dunque ad un grande cubo di m 20 per lato: un palazzo di  dimensioni normali.

Poiché non è verisimile che la capacità produttiva, nelle diverse epoche di riferimento, consentisse di scavare per dislivelli pari a m 20 l’anno e poiché con certezza le poche e piccole cave esistenti erano diffuse sia nel bacino di Colonnata che in quelli di Miseglia e Torano, possiamo ipotizzare che, in una cava della prima metà del settecento, con le tecniche estrattive in uso, sostanzialmente invariate fino all’inizio dell’ottocento, si potesse realizzare un dislivello pari a circa m 2 l’anno.

Avremo quindi, in luogo del nostro cubo di m 20x20x20, un parallelepipedo di m 405x10x2, corrispondente ad una superficie di escavazione di circa mq 4.000. Sicuramente, i Beni Estimati non coprivano l’intera superficie.

La stessa modalità con cui si fa riferimento ai Beni Estimati nell’Editto del 1751 per indicare tali beni fa capire che si trattava di eccezioni e non della norma. Infatti, ben netta è la distinzione che vi si trova tra cave aperte e cave da aprirsi in futuro, con le prime distinte tra cave iscritte agli estimi dei Particolari e cave non iscritte con le penultime, a loro volta, distinte tra quelle allibrate all’Estimo da oltre venti anni (Beni Estimati) e quelle allibrate da meno di 20 anni.

Se congetturiamo che una cava su tre fosse già iscritta all’estimo nel 1731, sebbene sia più che lecito ritenere che la proporzione oggi rilevabile a catasto sia eccessiva per l’epoca, i cosiddetti beni estimati corrisponderebbero a meno di una ventina di cave con “bancate”, di una dimensione complessiva non superiore a mq 1500.

Possiamo anche raddoppiare o triplicare questo dato, considerando il piazzale e le modeste pertinenze attribuibili ad una cava di marmo dell’epoca: non arriveremmo a mq 5.000, superficie ben lontana dai mq 5.000.000 rivendicati oggi dagli industriali e da cui si estraggono oltre t 400.000 di marmo ogni anno.

 

Allegato B
Verifica di alcuni mappali

Gli Atti di citazione del dic. 2015-feb. 2016 di varie imprese di escavazione del marmo (Omya spa e Cave statuario srl, SAM-Soc. Apuana Marmi, Bettogli Marmi srl, Cooperativa lavoratori Canalgrande e molte altre) contro il Comune di Carrara, con i quali le imprese rivendicano la piena proprietà privata di innumerevoli mappali di beni estimati (e non solo), suscitano serie perplessità.

In questo contesto, abbiamo effettuato delle verifiche a campione di alcuni dei mappali presenti negli Atti di citazione allo scopo di saggiare l’attendibilità di tali rivendicazioni.

Ricordiamo che il requisito fondante dei beni estimati è la loro iscrizione all’estimo nel 1731. Ne consegue che un mappale privo di tale requisito non è giuridicamente un bene estimato e la sua eventuale iscrizione catastale attuale come “bene estimato” è inevitabilmente frutto di errore o di scrittura fraudolenta e, dunque, giuridicamente nulla.

Le principali fonti da consultare per tali verifiche e per la ricostruzione storica dei mappali sono:

  1. catasto odierno (visure catastali);
  2. attuale inventario comunale;
  3. catasto 1956;
  4. catasto 1823 (presso l’Archivio di Stato, Massa);
  5. Nota delle cave dei marmi secondo l’estimo dei particolari del 1779 (presso l’Ufficio Marmo del Comune di Carrara);
  6. estimi del 1731 (presumibilmente presso l’archivio di Stato, Massa).

In considerazione dell’elevatissimo numero dei mappali interessati, la verifica, inevitabilmente doverosa, richiede un impegno gravoso e qualificato. Pertanto, per questo preliminarissimo saggio di ricerca ci siamo limitati a verificare solo alcuni mappali di due sole imprese: specificamente, a consultare solo le prime 4 delle fonti sopra elencate (per Omya-Cave Statuario) o solo le prime due (per SAM).

Questo piccolo e davvero parziale saggio di ricerca, sebbene non abbia potuto al momento avvalersi delle due fonti più antiche (e, quindi, più autorevoli in merito alla reale consistenza dei beni estimati), ha tuttavia già evidenziato incongruenze palesi, talora clamorose, in grado di minare alle fondamenta l’attendibilità delle rivendicazioni delle due ditte considerate, sia per la natura dei mappali (beni estimati o meno), sia per la loro estensione. È altamente prevedibile che analoghe incongruenze siano presenti nelle rivendicazioni di altri mappali delle stesse due imprese e delle altre.

Alla luce di questi pur pochi dati, scelti random, riteniamo che un pronunciamento giudiziario sulla reale titolarità dei mappali in questione non possa prescindere dalla puntuale verifica dello stato reale di ciascun mappale.
 

Sintesi del saggio di ricerca a campione

 

1.     OMYA e Cave Statuario

 
Mappali rivendicati: 72. Mappali verificati: 7 (pari al 9,7 %).
Abbreviazioni: B.E.= beni estimati; A.M.= agri marmiferi
 
Foglio 21, mappale 8

Riven-
dicato

%

m2

Tot.

m2

B.E.

Visura catastale

Invent. Comune

m2

A.M.

m2

B.E.

m2

Archivio Stato

1823

Catasto

1956

100

37.977

33.417

Canalbianco uso – comune diritti conc 1/1- Omya propr.1/2 Saimi livell. ½

37.977

4.560

33.417

mappale 8 (di mq. 37.977, di cui mq 33.417 costituenti bene estimato).

Nel catasto 1823 è il mappale 1149 (in rosso) “tentativo di Del Medico” (misurazione in pertiche: 86.82) che nella nota riporta: “vedesi un grande aggregato di fondo comunale”

L’intero mappale è una cava impian­tata da Carlo Andrea Fabbricotti nel 1911 su un terreno comunale.

Commento: l’impresa rivendica il 100% della superficie, ma 4.560 m2 risultano agri marmiferi nell’inventario comunale (quindi patrimonio indisponibile comunale, imprescrittibile e inusucapibile). Anche l’iscrizione come B.E. dei restanti 33.417 m2 è illegittima (sebbene così riportata nell’inventario comunale). Nel 1823, infatti, risultava un “grande aggregato di fondo comunale” con un “tentativo di cava” di Del Medico. Al più, solo una piccola superficie del mappale (quella del tentativo di cava), potrebbe essere B.E., ma solo se nel 1731 era iscritta all’estimo. La pretesa dell’impresa è dunque certamente infondata, almeno per la quasi totalità della superficie del mappale.

 

Foglio 21, mappale 9

Riven-
dicato

%

m2

Tot.

m2

B.E.

Visura catastale

Invent. Comune

m2

A.M.

m2

B.E.

m2

Archivio Stato

1823

Catasto

1956

100

30.600

5.260

Canalbianco uso – Omya propr ½ – Rosselli oneri-Sam propr ½

30.600

25.340

5.260

Nel catasto del 1823 è il n. 1147 (in nero) indicato come Pascolo

Cella da Fabbri­cotti verso eredi Fabbricotti (8 gennaio 2011). Nel 1938 di Società Carlo Fabbricotti e figli

Commento: l’impresa rivendica il 100% della superficie, ma nella gran parte (25.340 m2) risultano agri marmiferi nell’inventario comunale (quindi patrimonio indisponibile comunale, imprescrittibile e inusucapibile). Anche l’iscrizione come B.E. dei restanti 5.260 m2 è illegittima (sebbene così riportata nell’inventario comunale). Nel 1823, infatti, risultava pascolo; nel 1731 non poteva pertanto essere una cava e, tantomeno, iscritto all’estimo come cava. La pretesa dell’impresa è dunque totalmente infondata.

 

Foglio 21, mappale 34

Riven-
dicato

%

m2

Tot.

m2

B.E.

Visura catastale

Invent. Comune

m2

A.M.

m2

B.E.

m2

Archivio Stato

1823

Catasto

1956

100

4.162

OMYA ½   –   SAIMI ½

È BENE ESTIMATO: indicato nel 1823 come cava di marmo ordinario di Del Medico Staffetti. Misurazione in pertiche: 3.91. Era cava nel 1911: Contratto di acquisto Notaio GiovanBattista Pianavia del 23.3.1909, n. 822, comprata da Carlalberto Fabbricotti.

Commento: l’impresa rivendica la proprietà privata del 100% della superficie; il mappale non è riportato nell’inventario comunale. Nel 1823 era una cava indicata come bene estimato. Ferma restando la controversia sulla natura dei B.E. (ritenuti beni pubblici dai più autorevoli studiosi della materia), la correttezza di tale indicazione va verificata consultando gli estimi del 1731.

 

Foglio 21, mappale 78

Riven-
dicato

%

m2

Tot.

m2

B.E.

Visura catastale

Invent. Comune

m2

A.M.

m2

B.E.

m2

Archivio Stato

1823

Catasto

1956

100

2.165

SAIMI 100%

È bene estimato nel 1823 come mappale 1195. Misurazione in pertiche: 2.74; è cava Micheli.

nel 1911 è cava Peghini

Commento: l’impresa rivendica la proprietà privata dell’intero mappale (non riportato nell’inventario comunale), ma nel 1823 era una cava indicata come bene estimato. Ferma restando la controversia sulla natura dei B.E. (ritenuti beni pubblici dai più autorevoli studiosi della materia), la correttezza di tale indicazione va verificata consultando gli estimi del 1731.

 

Foglio 21, mappale 79

Riven-
dicato

%

m2

Tot.

m2

B.E.

Visura catastale

Invent. Comune

m2

A.M.

m2

B.E.

m2

Archivio Stato

1823

Catasto

1956

100

1.488

COMUNE DIRITTI CONC.

– SAIMI LIVELLARIO

Nel 1823 risulta bene estimato, ovvero spurgo di CAVA in comune tra cave di privati e cave del Comune.

Nel 1911 posseduto per 183/189 dai fratelli Manfredi, per 4/189 da Giuseppe Peghini e 2/189 da Grandi definiti LIVELLARI DEL COMUNE di Carrara.

Commento: l’impresa rivendica la proprietà privata dell’intero mappale (non riportato nell’inventario comunale), in netto contrasto con la visura catastale odierna che riconosce l’impresa (SAIMI) come livellaria (quindi concessionaria, NON proprietaria). Anche il catasto del 1956 considera “livellari” i possessori del 1911. Nell’archivio di Stato del 1823 è indicato come B.E. con la precisazione che non si tratta di una cava, bensì di uno spurgo (cioè un ravaneto) in comune tra cave di privati e del comune (nota: qui il termine “privati”, nemmeno citati, è da intendersi in senso generico, non di proprietà privata). Ciò considerato è ben difficile che nel 1731 potesse essere una cava (prerequisito per essere un B.E.); in ogni caso vanno consultati gli estimi del 1731.

 

Foglio 13, mappale 60

Riven-
dicato

%

m2

Tot.

m2

B.E.

Visura catastale

Invent. Comune

m2

A.M.

m2

B.E.

m2

Archivio Stato

1823

Catasto

1956

100

44.700

17.520

SAIMI 100%

44.700

27.180

17.520

Risulta tutto bene comunale, non cava!

Nel 1910 era una cava ceduta da Giovanni Manfredi a Carlo Andrea Fabbricotti

Commento: la rivendicazione della proprietà privata dell’intero mappale da parte dell’impresa è infondata, visto che nel 1823 era tutto bene comunale e non era neppure una cava. Per queste ragioni anche la suddivisione tra agri marmiferi e beni estimati (presente sia nel catasto attuale sia nell’inventario comunale) non è veritiera. Se, infatti, non era cava nel 1823, tanto meno poteva esserlo nel 1731. Perciò, l’intero mappale dovrebbe essere A.M.

 

Foglio 21, mappale 82

Riven-
dicato

%

m2

Tot.

m2

B.E.

Visura catastale

Invent. Comune

m2

A.M.

m2

B.E.

m2

Archivio Stato

1823

Catasto

1956

100

90.840

80.085

Mappale soppresso?

90.590

63.990

26.600

Il mappale è stato individuato col n. 1945. Gli 80.085 m2 sono indicati nel catasto come beni comunali: rupe pascoliva, nuda e boscata.

Nel catasto ci sono anche due cave private di Orsolini e Fiaschi di pertiche metriche 553 e 1690.

Nel catasto di inizio ‘900 la superficie di mq. 90.840 risulta cava, incolto sterile, di Dervillè, che viene indicata  nella intestazione generale delle pagine ora come livellaria del Comune di Carrara, ora come livellaria in parte del Comune (pag. 4874 del Catasto).

Commento: l’impresa rivendica la proprietà privata dell’intero mappale. Nel 1823 gli 80.085 m2 sono beni comunali e non cave: pertanto, non possono essere legittimamente diventati in seguito beni estimati. Per i restanti 10.755 m2, in cui ci sono le due cave, occorre verificare se queste erano iscritte all’estimo del 1731. Le numerose incongruenze nelle superfici tra dichiarazione dell’impresa, inventario comunale e catasto del 1823 sono un esempio di come nel tempo la superficie dei beni estimati sia lievitata grazie a false scritture, giuridicamente nulle (la superficie dei B.E., infatti, è quella che avevano nel 1731 e non può aumentare nel tempo).

 
 

2.     Società Apuana Marmi (SAM)

 

Mappali rivendicati: 183.

La verifica dei mappali di questa società è solo in una fase iniziale. Non sono ancora stati consultati né il catasto 1956 né quello 1823. Sono pertanto disponibili solo i dati rivendicati dall’impresa, le visure del catasto attuale e i dati dell’inventario comunale.

Ciononostante, anche da un esame superficiale e parziale emergono decine di incongruenze che impongono di sottoporre a verifica accurata tutti i mappali e, per i beni estimati, di risalire agli estimi del 1731, per non incorrere in errori grossolani di attribuzione dei diritti di proprietà.

Si riporta di seguito, a titolo esemplificativo, una percentuale minima delle incongruenze riscontrate. Come emerge chiaramente, le differenze sono clamorose e univoche: l’impresa rivendica superfici di beni estimati decisamente superiori a quelle indicate nell’archivio comunale e rivendica come proprietà privata mappali che al catasto risultano di proprietà comunale.

 

Legenda

  Incongruenze tra le superfici rivendicate e quelle risultanti nell’inventario comunale
  Mappali interamente agri marmiferi nell’inventario comunale, rivendicati in toto o in parte dall’impresa
  Mappali di proprietà comunale secondo visura catastale, rivendicati interamente dall’impresa come proprietà privata

 

DA ATTO DI CITAZIONE

VISURA CATASTALE

INVENTARIO COMUNE

Foglio

Mapp

Propr. rivendicata

m2

m2 bene estim.

m2

m2 agro marm.

m2 bene estim.

34

12

50/100

22.050

18.508

50/100

22.050

16.850

5.200

34

4

50/100

85.740

20.018

50/100

85.470

69.330

16.140

34

43

100/100

5.845

3.713

Com Carrara diritti conc. – SAM Enfiteusi

5.845

5.845

0

20

20

100/100

44.000

3.249

50/100 propr 50/100 Comune

237.356

237.356

0

46

457

9/20

6.438

2.346

9/20

6.438

6.438

0

34

23

100/100

3.950

2.000

SAM 4837/10000 – SAM da verif.

3.950

3.950

0

34

78

100/100

2.592

1.567

COM Carrara diritti conc – SAM Enfiteusi

2.592

2.592

0

27

117

27/31

6.400

3.681

SAM 209/240 – Marmi Carr. Canalgrande 31/240

6.400

4.120

2.280

46

449

13/48

4.461

1.340

13/48

4.461

4.461

0

34

22

60/61

2.040

1.272

SAM 4837/10000 – SAM da verif. intest. parz. e Calocara 105 da verif.

2.040

2.040

0

35

402

100/100

55

Propr. Comune Carrara

35

450

100/100

468

Propr. Comune Carrara

35

453

100/100

283

Propr. Comune Carrara

35

455

100/100

42

Propr. Comune Carrara

46

225

100/100

fabbricato

Propr. Comune Carrara

 



Per saperne di più:

Su cave e usi civici, beni estimati:

I beni estimati sono pubblici (purché la Regione lo voglia davvero)  (21/3/2016)

Le nostre osservazioni preliminari alla proposta di legge regionale sulle cave  (sintesi, 18/7/2014)

 Le nostre osservazioni preliminari alla proposta di legge regionale sulle cave (testo integrale, 17/7/2014, 236 KB)

Usi civici e cave: osservazioni alla proposta di legge regionale  (16/10/2013)

 Usi civici e cave: osservazioni alla proposta di legge regionale – ALLEGATO TECNICO-GIURIDICO (14/10/2013) (84 KB)

 La proposta di legge regionale sugli usi civici (ottobre 2013, 92 KB)

Esposto per il riconoscimento delle cave come beni comuni (5/10/2005)

 

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