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Gestire in sinergia cave, ambiente e rischio alluvionale (2° contributo alla VAS dei piani attuativi estrattivi)

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Al Comune di Carrara
–          Settore OO.PP., Urbanistica e SUAP
            ing. Luca Amadei
–          Settore Marmo
            dott. Pietro Leoncini

p.c.           ai soggetti competenti in materia ambientale:
Regione Toscana; Provincia di Massa Carrara; Ente Parco Regionale Alpi Apuane; Comune di Massa; Comune di Sarzana; Comune di Fosdinovo; Comune di Ortonovo; Comune di Fivizzano; IRPET – Istituto regionale di Programmazione Economica; Ufficio Tecnico del Genio Civile di Massa Carrara; Soprintendenza beni architettonici, Lucca e Massa Carrara; Soprintendenza beni archeologici per la Toscana; ARPAT – Direzione regionale di Firenze; ARPAT – Dip. di Massa e Carrara; ASL N. 1 di Massa Carrara; GAIA spa; Consorzio di bonifica Toscana Nord; ATO Toscana Costa – Rifiuti; Corpo Forestale dello Stato – Ispettorato generale; Autorità Portuale, Marina di Carrara; Camera di Commercio Massa Carrara; Toscana Energia; ANAS; Confartigianato Massa Carrara; Lega Coop. Toscana; FENEAL UIL Massa; Società Speleologica Italiana; IMM Carrara spa; Consorzio Zona Industriale; Associazione Industriali Massa Carrara; Assoc. Direttori e Progettisti di cava; CNA Massa Carrara; CAI Carrara; CAI Commiss. Reg. TAM; FAI Delegazione LU-MS; Italia Nostra, Roma; WWF Toscana; CGIL Massa Carrara; FILCA CISL

 
Oggetto:   Piani attuativi dei bacini estrattivi (Carrara): secondo contributo alla VAS

 

Dopo il nostro contributo alla VAS del 10 agosto, è stato reso noto e pubblicato sul sito della Regione Toscana il Master Plan degli interventi di mitigazione del rischio idraulico sul bacino del Torrente Carrione. Di particolare rilevanza per il piano attuativo in oggetto è la terza parte della Relazione del prof. Seminara (Dip. Ingegneria, Univ. Genova), poiché analizza il bacino montano del Carrione (non compreso fra gli obiettivi iniziali dello studio, ma poi affrontato per i riflessi sugli interventi di mitigazione previsti nel tratto cittadino e nell’asta principale da Carrara alla foce).

 

1.       Relazione Seminara:
le ripercussioni sul Piano attuativo di bacino estrattivo

Sintetizziamo gli aspetti della Relazione Seminara che hanno una stretta attinenza al Piano attuativo. Per quanto riguarda l’analisi, in essa si afferma che:

  • l’urbanizzazione incontrollata e lo sviluppo delle attività estrattive costituiscono un esempio paradigmatico di assenza di cultura del rischio nel nostro Paese. Le conseguenze, nella parte montana del bacino, sono: versanti trasformati in discariche (ravaneti), riduzione dell’officiosità del reticolo idrografico montano, sostituito in parte dalla viabilità a servizio delle cave [pag. 125 della Relazione];
  • il bacino montano del Carrione presenta rilevanti problemi idraulici e morfodinamici, che si riflettono pesantemente anche sul tratto vallivo del corso d’acqua. Tali problemi, originati dall’imponente sistema di cave, attendono da tempo soluzione, anche al fine di contrastare le conseguenze che essi determinano sulla natura e pericolosità delle piene del Carrione. I problemi idro-morfodinamici sono essenzialmente di tre tipi: (1) la pesante interferenza della viabilità a servizio delle cave con il reticolo idrografico montano; (2) manufatti in alveo che ostacolano i deflussi; (3) i problemi idraulici e ambientali posti dai ’ravaneti’ [pag. 73];
  • i ravaneti, resi instabili dal ruscellamento delle acque meteoriche, sono fonte di dissesto idrogeologico (colate detritiche). I ravaneti recenti, contenendo una maggior percentuale di materiale fine (terre e marmettola) nello strato superficiale, favoriscono il ruscellamento superficiale, che costituisce uno dei meccanismi fondamentali di destabilizzazione [pag. 78];
  • la corrente detritica può raggiungere la valle e scaricare il suo carico di sedimenti nei corsi d’acqua riducendone la capacità idraulica [pag. 80], come già avvenuto negli anni 1984, 1992, 1994, 1996, 1998, 2000, 2003, 2012 e 2014 [pag. 81];
  • per quanto riguarda i ravaneti come fonte di inquinamento delle sorgenti si ricorda che la concentrazione di sedimenti rilevata nella sorgente di Cartaro è stimata ’fra le massime mai rilevate in sorgenti carsiche’ (carico annuo di sedimenti superiore a 1000 tonnellate) e che parte dei sedimenti sospesi certamente deposita nel reticolo carsico di gallerie e laghi sotterranei con il rischio di modificare stabilmente la struttura di un ecosistema prezioso quanto fragile [pag. 83];
  • la viabilità principale nei bacini di Pescina-Boccanaglia, Torano e Colonnata si sviluppa unicamente o per lunghi tratti lungo il fondo valle, costringendo gli alvei in sezioni ristrette; perciò il deflusso delle portate elevate interessa inevitabilmente le strade stesse [pag. 83-84];

Anche per quanto riguarda le soluzioni e le raccomandazioni, la Relazione è molto esplicita:

  • la stabilità degli interventi di sistemazione idraulica nel tratto cittadino e in quello planiziale dipenderà anche dall’approvazione e realizzazione degli interventi nel bacino montano [pag. 5];
  • non è ulteriormente procrastinabile un piano di gestione sostenibile delle cave: e deve essere chiaro alle istituzioni responsabili che non è sostenibile l’attuale prassi di coltivazione delle cave che determina un carico di sedimenti fini dell’ordine di milioni di tonnellate annue scaricate sui versanti di cava [pag. 93];
  • il Piano di gestione delle cave dovrà prevedere una sistematica opera di sistemazione dei ravaneti esistenti, attraverso la rimozione dei materiali fini presenti nello strato superficiale e la realizzazione di interventi di stabilizzazione dei versanti e di regimazione delle acque superficiali [pag. 94];
  • la realizzazione di piccoli invasi nella parte alta del bacino del Carrione porterebbe significativi vantaggi dal punto di vista idraulico. Tuttavia l’effettiva realizzabilità degli sbarramenti ipotizzati è dipendente da alcune condizioni [pag. 109]; tale fattibilità è comunque condizionata alla preventiva implementazione delle raccomandazioni qui indicate [pag. 95];
  • la realizzazione di alcuni bacini di laminazione richiederà la preventiva stabilizzazione dei versanti adiacenti nei casi in cui la loro stabilità non è assicurata: ciò connette la realizzazione dei bacini con il più generale problema della rimozione degli accumuli di sedimenti fini (marmettola, terre, etc.) che costituiscono una potenziale minaccia per la sicurezza dei territori di fondovalle e fonte di inquinamento delle falde [pag. 110]. Gli interventi di laminazione delle piene con periodi di ritorno superiori a trent’anni, richiedono, inoltre, la sistemazione dei versanti ed il ripristino del reticolo idrografico montano [pag. 125] e la delocalizzazione di insediamenti che impediscono il naturale deflusso delle acque negli affluenti principali del Carrione [pag. 110];
  • analoga esigenza si pone per quei bacini che interferiscono con la viabilità: occorre riconsiderare complessivamente la viabilità montana, ripristinando l’officiosità degli alvei e spostando se necessario le strade di fondovalle quando la loro presenza risulta incompatibile con il regolare deflusso delle acque [pag. 110];
  • non va tuttavia sottaciuto il fatto che l’implementazione degli sbarramenti ipotizzati pone una serie di problemi, dovuti in alcuni casi all’interferenza delle opere con insediamenti (di cui sarà necessaria la delocalizzazione) o con il sistema montano dei trasporti, che dovrà essere ripensato al fine di ripristinare l’officiosità del reticolo idrografico montano o, infine, con la presenza dei ravaneti, che ne richiederà la preventiva sistemazione [pag. 128].

La Relazione, infine, avvalora anche le considerazioni espresse nel nostro documento Carrione: rivedere i calcoli, intervenire sui ravaneti, ripristinare gli alvei soffocati da strade che suggeriva la necessità di verificare l’attendibilità delle previsioni delle portate di piena e di approfondire gli studi per stimare la capacità di attenuazione dei picchi di piena esercitata dai ravaneti, qualora fossero completamente ripuliti dalle frazioni fini. In essa, infatti [pag. 111], si afferma che:

  • la progettazione degli sbarramenti dovrà essere preceduta da un’attività di monitoraggio dei deflussi che fornisca indicazioni sull’effettiva distribuzione delle portate di piena nel reticolo montano;
  • il monitoraggio consentirà la necessaria rivisitazione dello studio idrologico, anche alla luce delle azioni di rimozione dei materiali fini dai ravaneti e del ripristino di condizioni di maggiore permeabilità degli ammassi, che potranno contribuire, in qualche misura da accertarsi attraverso uno studio ad hoc, all’attenuazione dei picchi di piena;
  • la riformulazione del modello idrologico consentirà di includere la presenza degli sbarramenti e verificarne quindi la risposta ad un insieme di eventi caratterizzati da diverse distribuzioni spazio temporali della precipitazione, analisi questa necessaria a supporto della progettazione definitiva degli invasi. L’importanza delle opere qui previste impone poi che la loro progettazione definitiva sia supportata anche da prove su modello fisico da effettuarsi a fondo mobile.

 

2.       Un Piano attuativo coraggioso,
che guardi davvero al futuro

Il Master Plan del Carrione rafforza dunque (e con ben maggior autorevolezza) l’analisi e le indicazioni operative presentate nel nostro primo contributo alla VAS. In particolare, sottolinea la necessità di realizzare preventivamente la sistemazione dei ravaneti (ripulendoli dai materiali fini e stabilizzandoli) e il ripristino degli alvei di fondo valle (spostando le strade che li hanno occupati), per evitare che venga vanificata l’efficacia degli altri interventi strutturali previsti (bacini montani di laminazione, arginature, ricalibrazione degli alvei, ecc.).

Si tratta dunque di indicazioni di estrema importanza che, a nostro parere, devono essere pienamente recepite nel Piano attuativo.

Merita soffermarsi brevemente su alcune apparenti differenze tra le indicazioni del Master Plan e quelle da noi proposte nel primo contributo alla VAS.

 

2.1         Ripulire i ravaneti da marmettola e terre

 

Per la sistemazione dei ravaneti, il Master Plan prevede la rimozione dei materiali fini presenti nello strato superficiale, poiché sono questi che –con le piogge intense– inducono la destabilizzazione e le colate detritiche. È evidente che tale indicazione è motivata –in coerenza con l’incarico ricevuto– da preoccupazioni di ordine geomorfologico (innesco di colate detritiche) e, di conseguenza, di ordine idraulico (eccesso di apporti solidi agli alvei sottostanti, con riduzione della loro officiosità idraulica).

La nostra proposta prevede invece la rimozione dei materiali fini dall’intero corpo dei ravaneti poiché, oltre a tali preoccupazioni, risponde anche a quelle di tutela delle acque superficiali e sotterranee (che, senza una radicale bonifica dei ravaneti, continuerebbero ad essere compromesse). Non si tratta pertanto di indicazioni conflittuali, bensì integrative, nell’ottica di una pianificazione multiobiettivo volta a risolvere sinergicamente l’insieme delle problematiche presenti (non solo quelle del rischio idraulico).

 

2.2         Ripristinare gli alvei, spostando le strade di fondo valle che li occupano

Un’altra sfumatura di indicazioni differenti si può cogliere nella necessità di ripristinare gli alvei di fondo valle (spostando le strade che li occupano interamente o parzialmente): il Master Plan infatti –attenendosi all’incarico di mitigare il rischio idraulico– propone tali interventi quando la presenza delle strade di fondovalle «risulta incompatibile con il regolare deflusso delle acque», mentre noi –recependo anche l’obiettivo della “riqualificazione degli ecosistemi fluviali alterati” indicato dal PIT/Piano Paesaggistico– proponiamo la generalizzazione di tali interventi ovunque sia possibile e ragionevole (cioè ad eccezione di siti in cui, ad esempio, per la presenza di insediamenti che richiederebbero la delocalizzazione, i costi sarebbero ben più elevati dei benefici).

 

2.3         L’obiettivo “cave pulite come uno specchio”

Un’altra sfumatura –anch’essa non conflittuale, ma solo integrativa– riguarda l’esposizione di marmettola e terre al dilavamento meteorico. Il Master Plan si limita ad esporre, peraltro in maniera molto decisa, il principio che «non è sostenibile l’attuale prassi di coltivazione delle cave che determina un carico di sedimenti fini dell’ordine di milioni di tonnellate annue scaricate sui versanti di cava», mentre noi ci siamo semplicemente fatti carico di tradurre tale principio in misure concrete (con la prescrizione “cave pulite come uno specchio” esposta nel paragrafo 4 del nostro primo contributo alla VAS).

 

2.4         Come regimare le acque montane

 

Il Master Plan, nell’ambito della sistemazione dei ravaneti, ricorda che il Piano di gestione delle cave dovrà prevedere la regimazione delle acque superficiali (oltre alla rimozione dei materiali fini e alla stabilizzazione dei versanti).

Considerato che l’intera terza parte della Relazione Seminara (“Esigenza di ulteriori interventi nella parte montana del bacino”) esulava dall’incarico ricevuto ed è stata aggiunta per scrupolo professionale (a livello di indicazioni e, in alcuni casi, di studio di fattibilità), non si può certo rimproverare agli estensori la mancata definizione di dettaglio delle modalità di “regimazione delle acque superficiali”.

Tuttavia, poiché –in relazione al retroterra culturale del lettore– tale dizione potrebbe essere fraintesa, è opportuno un approfondimento. Tra le modalità di regimazione, infatti, potrebbe rientrare anche la «necessità di completare la canalizzazione delle acque» evidenziata nel cap. 10 del Documento Preliminare e da noi criticata nel primo contributo alla VAS (nel quale proponiamo di sostituirla con la «necessità di ripristinare gli alvei eliminando le canalizzazioni»).

Alcuni elementi ci inducono a ritenere che col termine “regimazione” il Master Plan non intendesse riferirsi alle tradizionali canalizzazioni (tipicamente in cemento), ma semplicemente “evitare il deflusso disordinato e incontrollato” delle acque. Innanzitutto il contesto in cui il termine è utilizzato è quello della stabilizzazione dei ravaneti che, privati dei materiali fini (almeno nello strato superficiale), mal si prestano a canalizzazioni in cemento (tuttavia tecnicamente ancora fattibili).

Ma, soprattutto, il Master Plan si propone di aumentare la permeabilità dei ravaneti, affinché possano contribuire all’attenuazione dei picchi di piena (in misura da accertare con uno studio ad hoc). Poiché il rapido allontanamento delle acque in canali in cemento confliggerebbe radicalmente con l’obiettivo di aumentare la capacità assorbente dei ravaneti, riteniamo sia da escludere l’ipotesi che la regimazione indicata dal Master Plan riguardasse le tipiche canalizzazioni in cemento.

Riteniamo pertanto che la soluzione da noi indicata (a pag. 8) del precedente contributo alla VAS, pur andando oltre le indicazioni di massima del Master Plan, ne realizzerebbe pienamente gli obiettivi. Sommariamente, si tratterebbe di smantellare i ravaneti, eliminare le frazioni fini e ricostruirli con sole scaglie, avendo cura di assicurarne la stabilità anche nei confronti di precipitazioni molto intense: in tal modo si massimizzerebbero la capacità assorbente e l’attenuazione delle piene. Questi ravaneti potrebbero ancora (se necessario) supportare vie d’arroccamento, anche asfaltate, senza sensibile perdita di capacità assorbente se le canaline stradali fossero permeabili o, almeno, recapitassero le acque in un pozzo assorbente al piede di ogni curva di tornante.

Analogamente, anche per quanto riguarda più strettamente il ripristino del reticolo idrografico minore montano, riteniamo che la soluzione più indicata sia quella di realizzare alvei ampi, molto permeabili e dotati di elevata scabrezza (simili a quello della Fig. 1A), accompagnati da briglie selettive in grado di intercettare l’eccesso di trasporto solido indotto da precipitazioni intense (opportunamente previste dalla Relazione: pag. 94).
 

Fig. 1. Esempi di buona (A) e cattiva (B e C) regimazione delle acque. A: Fosso di Curtana: alveo largo, con elevata scabrezza e permeabile. B: Fosso Pescina: semplici solchi scavati nel ravaneto, ricco di terre. C: Can. di Sponda: alveo stretto e cementificato.

 

2.5         Discariche di terre

La Relazione Seminara tocca anche il problema delle ingenti quantità di terre (e marmettola) contenute nei ravaneti, dedicandovi (oltre ad altri richiami) due paragrafi specifici: “I ravaneti come fonte di dissesto idrogeologico” [pag. 77] e “I ravaneti come fonte di inquinamento” [pag. 83].

Su questo punto vi è piena sintonia con quanto da noi espresso nel precedente contributo alla VAS. Cogliamo però l’occasione per richiamare l’attenzione sulla preoccupante tendenza, affermatasi largamente in anni recenti, di realizzare imponenti discariche di terre con l’obiettivo dichiarato di fungere da sostegno a rampe d’arroccamento per raggiungere la sommità della cava, riprendendone l’escavazione dall’alto, con gradonature a scendere.

Considerato che la conseguente esposizione di terre alle acque meteoriche produce inevitabilmente l’inquinamento delle acque superficiali e sotterranee, riteniamo che tali interventi siano non solo di per sé illegittimi (qualora fossero autorizzati sarebbe illegittima l’autorizzazione stessa), ma anche non indispensabili all’attività estrattiva. È infatti possibile realizzare l’imponente riempimento (che può raggiungere le centinaia di migliaia di m3) con sole scaglie.

 

3.       Costi: a carico delle cave!

La razionalizzazione dei bacini estrattivi cui darà luogo il Piano attuativo comporterà indubbiamente tempi e costi elevati. È bene che il Piano chiarisca fin da subito che la pianificazione è necessariamente pubblica, ma i costi dovranno essere sopportati dalle cave (singole o consorziate, secondo i casi) inserendo nelle autorizzazioni i relativi obblighi temporali, tecnici ed economici dell’attuazione del Piano.

 

4.       Pianificare le aree estrattive
in base alla fratturazione del marmo

Nel precedente contributo alla VAS si è visto che l’attendibilità dei quantitativi annui di blocchi e detriti di ciascuna cava non è assicurata poiché alla pesa comunale si assume come cava di provenienza quella dichiarata dal camionista. Ciò indebolisce (fino a renderli inutilizzabili), almeno per il passato, l’utilizzo degli indicatori da noi proposti, basati sulla percentuale dei blocchi e dei detriti prodotti.

Nel deprecare il fatto che per oltre 10 anni siano state tollerate dichiarazioni inattendibili alla pesa comunale (vanificando il controllo del rispetto del PRAER) e ferma restando l’assoluta necessità di introdurre rigorosi strumenti di tracciabilità della cava di provenienza (tipo camion con “scatola nera”) e di verificare l’attendibilità dei quantitativi totali escavati e di quelli scaricati (es. Lidar scanning), resta il problema di non rinviare ad un futuro indeterminato l’utilizzo di tali indicatori, vista la loro importanza cruciale per una pianificazione oculata e sostenibile delle attività estrattive.

Proponiamo pertanto, per la fase di avvio del Piano attuativo, di sostituire tali indicatori con una stima della percentuale di detriti producibile da ciascuna cava, basata sul grado di fratturazione del marmo.

 

5.       Promuovere la trasparenza
e la partecipazione attiva

L’amministrazione comunale ha adottato finora un comportamento di resistenza passiva (se non di aperta ostilità) riguardo alla trasparenza e alla partecipazione. Basti pensare che nel 2007, per ottenere le percentuali annue di blocchi e detriti prodotti da ciascuna cava, abbiamo dovuto ricorrere alla magistratura e che, ciononostante, tutt’oggi i dati ci vengono forniti attribuendo alle cave un numero di fantasia (per impedire l’identificazione delle singole cave), ricorrendo a pretestuose argomentazioni di tutela della privacy.

Riteniamo che il Piano attuativo debba porre fine a simili comportamenti che ostacolano la partecipazione informata e consapevole dei cittadini, nella convinzione che quest’ultima –anche quando fortemente critica– sia una risorsa preziosa che stimola il continuo miglioramento dell’attività amministrativa.

Chiediamo pertanto che il Piano attuativo preveda espressamente la promozione della partecipazione, rimuovendo ogni resistenza alla consegna integrale dei dati di interesse ambientale ai cittadini richiedenti e pubblicando in maniera sistematica e tempestiva sul sito del comune tutti i dati e i procedimenti sull’attività estrattiva (comprese le richieste di autorizzazione, i piani di coltivazione, i pareri espressi, le prescrizioni, l’esito dei controlli effettuati, ecc.).

Legambiente Carrara
 



Per saperne di più:

 Studio idraulico del Carrione (Relazione Seminara, marzo 2016) (10 MB)

Piani attuativi dei bacini estrattivi: una proposta di buonsenso (quindi rivoluzionaria)  (10/8/2016)

 VAS Documento preliminare dei piani attuativi dei bacini estrattivi (giugno 2016, 2,3 MB)

Cave: il falso conflitto ambiente-occupazione  (1/8/2016)

Cave del Sagro-Borla: chi fa disinformazione?  (18/6/2016)

Marmettola: dalle cave alle sorgenti  (VIDEO 9 min. 24/7/2016)

Dossier marmettola: l’inquinamento autorizzato  (1/6/2016)

Cave del Sagro-Borla: il sindaco riporta i camion a Carrara centro  (14/6/2016)

La Regione alla prova dei fatti: osservazioni alla cava in galleria Calacata  (29/12/2015)

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Presupposti infondati: il Parco ritiri la delibera che introduce i frantoi nelle cave  (11/8/2015)

Come tutelare le Apuane? La ricetta del Parco: non bastano le cave, aggiungiamo i frantoi  (14/7/2015)

Esplosivo dossier sulle cave apuane: le osservazioni di Legambiente  (18/11/2014)

Osservazioni al piano paesaggistico: più paesaggio, più filiera, più occupazione, meno cave, meno impatto, meno rendita  (29/9/2014)

 Le nostre osservazioni preliminari alla proposta di legge regionale sulle cave (testo integrale, 17/7/2014, 236 KB)

La Regione protegga le sorgenti dalle cave di marmo  (27/3/2014)

Legambiente chiede le dimissioni del presidente del Parco: difende le cave, non le Apuane! (16/2/2014)

 

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