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Cave: basta Far West. Serve una nuova imprenditoria, civile e moderna. Ecco come ottenerla

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Veduta delle cave di Torano

 

È urgente un ricambio imprenditoriale

 

A seguito del fermo temporaneo di varie cave per diversi tipi di violazioni, si è tenuto il primo incontro col Comune, chiesto da Assindustria per superare il “clima di incertezza” e ottenere “ascolto e comprensione” da parte di Comune, Regione, Sovrintendenza, ASL, Arpat e Carabinieri Forestali. In altre parole, per chiedere loro di chiudere un occhio, di non sanzionare le cave che commettono infrazioni.

Ricordiamo che i provvedimenti restrittivi hanno interessato solo cave responsabili di violazioni. Pertanto, l’unica vera incertezza è quella del diritto, dal momento che molte cave continuano a essere autorizzate nonostante le violazioni delle regole.

Il confronto parte male, con le peggiori premesse: non è onesto un tavolo che non metta in chiaro come prerequisito imprescindibile la legalità. Come chiamare diversamente se non Far West una condotta insofferente delle regole, anche di quelle, come il 58 bis che, come dice l’assessore regionale Ceccarelli, è stato pensato per salvare dalla chiusura le cave che hanno scavato oltre i confini?

Ingordi e ingrati, se si pensa che il 58 bis prevede solo una sanzione amministrativa, senza nemmeno esigere (cosa che, invece, riteniamo doverosa e indispensabile) di versare al Comune il valore di mercato di tutto il marmo estratto indebitamente, dunque rubato. Ad Assindustria non basta più fare la legge e trovare l’inganno: pretende proprio l’impunità.

Tra le cave interessate vi sono Amministrazione e Canalbianco, alle quali dovrebbe essere revocata l’autorizzazione per violazione clamorosa e continuata del PRAER (estraendo ininterrottamente da 15 anni il 91% di detriti e solo il 9% di blocchi). Rispondendo a questa osservazione di Legambiente, Assindustria non contesta il dato (non potrebbe: sono dati ufficiali), ma ha l’impudenza di sostenere che tale comportamento rappresenta addirittura «un percorso virtuoso di economia circolare che costituisce il perno principale delle moderne economie» poiché gli scarti sono recuperati nella produzione del carbonato.

Apprendiamo dalla stampa che la Regione e il Comune sembrano intenzionati a confermare l’autorizzazione alle due cave, nonostante la spropositata produzione di detriti. In tal caso, Regione e Comune abbiano almeno il coraggio e la coerenza di cancellare il divieto di aprire cave di detriti di marmo dal Regolamento degli agri marmiferi, dalla LR 35/15 e dal Piano Regionale Cave. Stabilire delle regole e poi approvarne la violazione, infatti, rappresenta un messaggio devastante per la comunità.

Le recenti vicende dimostrano che la classe imprenditoriale del settore lapideo non ha alcuna intenzione di cambiare: continua a pretendere l’impunità degli abusi e, addirittura, la loro legittimazione. Non resta pertanto che operare per un suo ricambio, liberandoci degli imprenditori senza scrupoli e favorendo il subentro di nuovi imprenditori, rispettosi della legalità (e, quindi, dell’ambiente e della sicurezza di tutti).

 

Rinnovare l’imprenditoria: gare subito e concessioni di breve durata

  

Il Comune possiede uno strumento efficace per attuare il ricambio dell’imprenditoria, con vantaggi per la legalità e la qualità e sicurezza dell’occupazione: introdurre nel regolamento degli agri marmiferi semplici disposizioni:

  • bandire subito, alla scadenza delle concessioni, le gare pubbliche per il loro rinnovo (senza applicare le folli proroghe fino a 25 anni previste dalla L.R. 35/15);
  • porre come requisito di partecipazione alla gara l’impegno a lavorare in filiera corta almeno il 50% dei blocchi e premiare chi si assume impegni maggiori;
  • prevedere una breve durata delle concessioni (dieci anni) e il rimborso al concessionario uscente degli eventuali costi non ammortizzati (per macchinari e opere);
  • introdurre la clausola sociale (obbligo per il concessionario subentrante di assumere i dipendenti di quello uscente);
  • prevedere la decadenza della concessione in caso di violazione delle regole.

Con queste misure, tutte nella disponibilità del Comune, si realizzerebbe in tempi ragionevoli una vera rivoluzione: assegnazione delle concessioni a imprenditori seri, rispettosi delle regole, consapevoli che non potranno più ricorrere al ricatto occupazionale e che, nel caso di inadempienze, saranno loro a doversene andare, ponendo fine a una anacronistica posizione di privilegio quasi a divinis, mentre i lavoratori saranno assunti dal nuovo concessionario.

Per la nuova amministrazione questo è il banco di prova decisivo.

Carrara, 14 febbraio 2019
Legambiente Carrara
 

Aggiornamenti (aprile 2019)
Come è andata a finire (sull’art. 58 bis)
La L.R. n. 54 del 2 ottobre 2018, costituita da un solo articolo, introduce l’art. 58 bis nella L.R. 35/15 ‘Disposizioni in materia di cave’, al fine di salvare dalla chiusura le cave che hanno scavato al di fuori del perimetro autorizzato un volume superiore a 1000 m3 (scongiurando i conseguenti licenziamenti). Fino ad allora, sebbene la L.R. prevedesse la decadenza dell’autorizzazione e dell’eventuale concessione, gli uffici comunali sanavano (illegittimamente) la difformità con una variante a posteriori.

Il 58 bis stabilisce che, limitatamente alle difformità realizzate in passato, il comune ordina la cessazione dell’attività e dispone la presentazione e realizzazione di un progetto di messa in sicurezza e di risistemazione ambientale. L’autorizzazione è sospesa sino all’approvazione del progetto e al completamento di tali opere; nel caso di inadempienza, scatta nuovamente la decadenza dell’autorizzazione e dell’eventuale concessione.

Su tale base il 27/11/18 il comune ha ordinato a sei cave (64-La Madonna, 175-La Piana, 95-Canalgrande B, 21-Lorano II, 22-Coop. Lorano I, 150-Fossaficola A) la sospensione della coltivazione e la presentazione del progetto di messa in sicurezza e risistemazione, ribadendo il divieto di presentare varianti in sanatoria.

Il 14 gennaio 2019 Confindustria, assieme a 27 cave carraresi, ha presentato al TAR un maxi ricorso in cui chiede di annullare l’art. 58 bis della L.R. 35/15 e il conseguente provvedimento del comune.
Il TAR, rinviando alla sentenza di merito, ha accolto parzialmente la richiesta di sospensiva del provvedimento comunale, limitando la sospensione dell’escavazione alle sole aree difformi. Nella sua sentenza di merito dell’aprile 2019, ha poi respinto il maxi ricorso, dando ragione al Comune e alla Regione: l’oggetto dell’autorizzazione non può essere l’intera area in disponibilità, ma i confini delimitati nel progetto di coltivazione; non sono ammissibili le varianti in sanatoria postuma.

Confindustria e i titolari di cava prendono atto della sconfitta, ma sostengono che gli sforamenti dai confini sono inevitabili e che la richiesta di una variante comporti tempi troppo lunghi: chiedono pertanto maggiori margini di tolleranza (espressi in percentuale del volume autorizzato) e la possibilità di sostituire la variante con una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). Chiedono inoltre ‘maggiori certezze’, intendendo con ciò la libertà di violare le certezze già stabilite dalla legge.

Intanto alcune cave si riservano di chiedere i danni al comune per la sospensione dei lavori anche nell’area di cava autorizzata. L’obiettivo è chiaro: poter sconfinare nuovamente dal perimetro autorizzato e, qualora scoperti, sospendere l’escavazione solo nell’area difforme. Comodo, vero?

 



Per saperne di più:

Su legalità, regolamentazione e pianificazione cave, a beneficio della comunità:

Cava Amministrazione. La “moderna” Assindustria invoca il Far West  (11/2/2019)

Cave Amministrazione e Canalbianco: perché un fermo solo temporaneo?  (7/2/2019)

M. Borla: basta scempio ambientale e della legalità. Chiudere cava Castelbaito  (28/10/2018)

Piani attuativi bacini estrattivi: quali indicatori di sostenibilità?  (25/10/2018)

Il bacino estrattivo di Torano: spunti per una pianificazione integrata  (3/5/2018)

Audizione alla commissione marmo: le proposte di Legambiente  (20/11/2017)

Incontro Legambiente-sindaco su cave e rischio alluvionale  (18/7/2017)

Nuovo regolamento degli agri marmiferi: le proposte di Legambiente  (28/11/2016)

Le nostre proposte per il Piano Regionale Cave  (10/10/2016)

Gestire in sinergia cave, ambiente e rischio alluvionale (2° contributo alla VAS dei piani attuativi estrattivi)  (24/9/2016)

Piani attuativi dei bacini estrattivi: una proposta di buonsenso (quindi rivoluzionaria)  (10/8/2016)

Dossier marmettola: l’inquinamento autorizzato  (1/6/2016)

Legge regionale sulle cave: la gara pubblica? Tra un quarto di secolo (e sarà finta!)  (23/5/2015)

Regolamento agri marmiferi: la burla della gara pubblica  (28/2/2015)

Revisione della legge regionale sulle cave: le proposte di Legambiente  (14/10/2014)

Osservazioni al piano paesaggistico: più paesaggio, più filiera, più occupazione, meno cave, meno impatto, meno rendita  (29/9/2014)

Le nostre osservazioni preliminari alla proposta di legge regionale sulle cave  (sintesi, 18/7/2014)

 Le nostre osservazioni alla proposta di legge regionale sulle cave (testo integrale, 17/7/2014, 236 KB)

La Regione protegga le sorgenti dalle cave di marmo  (27/3/2014)

Gli Atti dell’incontro di presentazione della proposta di nuovo Regolamento degli agri marmiferi (15/2/2013)

 

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