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Breve storia dell’Alta Velocità in Italia (di Claudio Cancelli)

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Nota redazionale: Claudio Cancelli è docente al Politecnico di Torino, consulente tecnico della Comunità Montana Bassa Valle Susa per l’Alta Velocità, coautore del libro “Alta velocità. Valutazione economica, tecnologica e ambientale del progetto” (Ed. CUEN-Ecologia).

Qui si riporta solo un riassunto dell’articolo integrale: i titoletti e la formattazione sono della redazione.


 

Alta Velocità: una follia tecnica, una scelta politica

L’alta velocità ferroviaria è nata a metà degli anni 80 in sede politica. Gli ingegneri dell’Ansaldo, a cui era stato affidato il compito di progettare il Piano Generale dei Trasporti, non l’avevano prevista.

In questa prima anomalia si trova il segno dell’intera vicenda; se in effetti limitassimo la discussione sull’alta velocità nei termini tecnici ed economici, l’argomento potrebbe essere chiuso in tre righe. I treni A. V. sono treni passeggeri che si spingono al limite della tecnologia pagandone il prezzo relativo: una linea interamente nuova, con modificate caratteristiche geometriche dei binari e con diversa alimentazione, un costo di manutenzione e di ammortamento triplicato rispetto a quello delle linee convenzionali.

In termini economici, l’investimento può tuttavia risultare conveniente quando un numero sufficientemente alto di passeggeri (30-50 mila al giorno) sia disposto a pagare il relativo biglietto. Questo è possibile con città di qualche milione di abitanti, distanti 300-500 km, e con una pianura in mezzo, possibilmente poco abitata. Si tratta del caso della Parigi-Lyon (che è considerata un successo commerciale) e della maggior parte delle linee costruite in Francia e Germania.

Fa eccezione il collegamento Parigi-Londra che, dovendo attraversare anche un braccio di mare, si è risolto con un crack da 20.000 miliardi di lire, addossato in parte alle migliaia di poveri scemi che avevano investito i loro soldi nella costruzione del tunnel, e per il resto a tutti i cittadini francesi.

Questo schema permette di capire per quale motivo le linee A. V. siano state costruite in Francia, in Germania e nei Paesi Bassi, e non in Inghilterra, Svezia o in Svizzera. Non serve a capire come mai si sia deciso di farle in Italia, dove mancano tutte le condizioni favorevoli e si accumulano tutte quelle negative, per le caratteristiche orografiche, la distribuzione e la densità degli abitati, l’urbanizzazione diffusa ecc.

Proprio per questi motivi nessun tecnico ferroviario l’aveva proposta, prima che apparisse la società TAV. In Italia, per rendere più veloci i collegamenti, era stata sviluppata, prima che in altri paesi, la tecnica dei treni ad assetto variabile – i pendolini. Con questi treni si potevano raggiungere velocità attorno ai 200 Km/h e ridurre i tempi di percorrenza di circa il 30%, senza dover costruire nuove linee. Che per guadagnare ancora qualche minuto –una decina tra Milano e Roma– ci si lanciasse in un investimento dell’ordine dei 100 mila miliardi, sembrava incredibile.

 

Un disastro economico programmato: appropriarsi dei profitti e scaricare le perdite sulla comunità

Invece è accaduto. Nel giudicare economicamente infondata tutta l’impresa ci siamo attenuti al criterio del capitalismo, quello per cui è accettabile qualunque investimento che comporti un profitto superiore o almeno uguale a quello medio. Non ci siamo affidati né a considerazioni etiche, né a modelli di vita e di sviluppo alternativi.

La peculiarità di questa vicenda è che ci si trova di fronte al mistero di persone che hanno programmato un disastro economico, sapendo perfettamente di farlo. La spiegazione non è difficile; per capire è sufficiente sostituire alla regola del capitalismo teorico quella del capitalismo reale: è accettabile qualunque disastro economico purché le perdite siano addossate all’intera comunità e i guadagni rimangano nelle mani di chi gestisce l’operazione. Il che non è una grande novità; ma in questo caso l’applicazione del principio è stata veramente grandiosa, lo schieramento di forze che l’ha sostenuta nuovo e impressionante, e il cambiamento di regole che l’iniziativa ha comportato tale da modificare strutturalmente i lineamenti del diritto.

 

La finta presenza dei privati

Nell’architettura finanziaria il 40% della cifra veniva messo a disposizione dallo Stato a fondo perduto; il 60% doveva essere reperito dai privati. Ma nessuno presta cifre di decine e decine di migliaia di miliardi ad una società, la TAV, con capitale di appena 140 miliardi, perché manca qualsiasi garanzia di restituzione.

Qui è il colpo di genio. I soldi saranno dei privati, almeno in parte, ma i loro interessi e la loro restituzione saranno garantiti integralmente dallo Stato (dal Tesoro), con solo questa sottigliezza: che il pagamento degli interessi verrà messo a bilancio, ma la restituzione del capitale no, il suo inizio verrà rimandato di una quindicina di anni, in modo da non sforare i parametri di Maastricht. Chiamare privato questo finanziamento è un volgare gioco di parole.

E l’altro caposaldo della presunta natura privata dell’affare, quello che riguarda la composizione societaria della TAV, è semplicemente falso. Fin dall’inizio la maggioranza delle azioni è in mano alle FS, solo che la cosa è mascherata tramite la partecipazione di una banca interamente posseduta dalle ferrovie di stato. Il rimanente è in mano ad altre banche. Di queste, tuttavia, la stragrande maggioranza sono istituti di diritto pubblico. Di privato vi è, sì e no, una ventina di miliardi.

Eppure la natura privata dell’impresa è condizione essenziale perché il tutto risulti formalmente accettabile. Senza questa panzana del privato, non sarebbe stato possibile dilatare le dimensioni e i costi del progetto senza alcuna analisi dei benefici ottenibili.

 

Tutti uniti nello scaricare i costi sulle generazioni future

La straordinaria trovata di addossare i costi alle generazioni future, ha aperto di fatto un pozzo senza fondo. Di lì si pesca per coinvolgere partiti, consulenti, chiunque esprima dubbi; per promettere agli enti locali che devono acconsentire al passaggio delle nuove linee faraoniche opere di compensazione, per firmare impegni di qualsiasi tipo con la tranquilla convinzione di non dover, a proprie spese, mantenere nulla.

L’appropriazione di denaro pubblico è una costante del normale funzionamento dell’economia. Ma in questo caso non si può che rimanere perplessi della copertura che l’operazione ha ricevuto a tutti i livelli. La costituzione della TAV è stata autorizzata dal governo e dal parlamento con decreto legge, successivamente convertito; l’opera ha passato il vaglio del Consiglio di Stato; lo schema di restituzione ritardata dei prestiti, quella specie di gioco delle tre carte su cui si basa il carattere privato del finanziamento, è stato inserito in dispositivi di legge.

Le dimensioni dell’affare sono state tali da coinvolgere, salvo rare eccezioni, tutte le forze organizzate in qualche modo capaci di influire nel processo: grandi gruppi economici e finanziari, partiti politici, sindacati confederali, delinquenza organizzata.

Claudio Cancelli, marzo 2004


I dati e gli argomenti tecnici sono ripresi dal libro “Alta velocità. Valutazione economica, tecnologica e ambientale del progetto”. Quelli giuridici o amministrativi da articoli di Zambrini e Marco Ponti e dal libro di Ivan Cicconi “La storia del futuro di tangentopoli” che consiglio a tutti di leggere. I giudizi politici sono dell’autore.




 

Per saperne di più (oltre al sito www.notavtorino.org):

Sull’insieme delle motivazioni di opposizione:

Altre 150 brevi ragioni tecniche contro il TAV in Val di Susa (16/1/2011)

Repliche tecniche a luoghi comuni pro-TAV (Tartaglia smonta Esposito) (25/11/2010)

Sui documenti specifici relativi ai progetti più recenti:

Progetto definitivo per la Galleria de La Maddalena di Chiomonte, a servizio del tunnel di base (17/5/2010)

Progetto preliminare per la porzione italiana della tratta internazionale (10/8/2010)

Progetto preliminare per la tratta nazionale italiana (28/3/2011)

Altri articoli e video sulla TAV:

Il corridoio Lisbona-Kiev è morto (22/3/2012)

TAV, Luca Mercalli risponde ai 14 punti del governo (15/3/2012)

Valsusa risponde al governo: 14 motivi per non fare la Torino-Lione (14/3/2012)

Appello “Oltre la Val Susa, le priorità” (13/3/2012)

Le 14 domande al governo sulla Tav (Paolo Cacciari) (13/3/2012)

Anche fermare la TAV aiuta a salvare l’Italia (10/3/2012)

Le 14 ragioni del governo Monti per il sì alla TAV (9/3/2012)

La Grande Opera pubblica e il capitalismo finanziario (di Guido Viale) (4/3/2012)

TAV, Legambiente a Monti: “Il governo esca dal ‘cul de sac’ in cui si è messo. La Tav non fa gli interessi del Paese” (3/3/2012)

Alta velocità o alta voracità? (VIDEO di M. Travaglio) (2/3/2012)

Pro TAV e No TAV a confronto al Politecnico di Torino (VIDEO) (4/11/2011)

TAV: giornali black col cervello in bloc (Video di Marco Travaglio) (4/7/2011)

Perché sì al TAV: intervista a B. Giachino e R. Cota (VIDEO) (23/10/2011)

Perché NO al TAV Torino-Lione (31/8/2011)

La Corte dei Conti sulla TAV: costi spropositati, sprechi, irresponsabilità (21/11/2008)

TAV: le ragioni liberali del NO (16/4/2007)

 


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