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Canoni di concessione cave: le scelte del Comune impoveriscono la città. Esposto a Procura e Corte dei Conti

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Procura della Repubblica presso il Tribunale di Massa
Piazza De Gasperi, 1 – 54100 Massa
 
Procura Generale presso la Corte di Appello di Genova
Piazza Portoria, 1 – 16121 Genova
 
Procura presso la Corte dei Conti
Sezione giurisdizionale per la Toscana in Firenze
Via Mazzini, 80 – 50123 Firenze
 
Presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi
Piazza Duomo, 10 – 50122 Firenze

 

Carrara, 14 ottobre 2010

 

Legambiente Carrara, e Italia Nostra-sezione Apuo-Lunense espongono una situazione di dubbia legittimità nel campo del regime tributario e concessorio delle cave di marmo, dalla quale sembra derivare un consistente danno alle entrate comunali.

 

ESPONGONO

 

Aprile 2002: le modifiche al Regolamento per la concessione degli agri marmiferi

Con Deliberazione n. 36 del 10 aprile 2002 [Allegato 1] il Consiglio Comunale ha apportato modifiche al Regolamento per la concessione degli agri marmiferi comunali del 1995.

Mentre quest’ultimo rispondeva interamente alla normativa primaria (Legge Mineraria R.D. n. 1443/1927, L.R. n. 104/1995), la deliberazione, adottata in un momento di distensione tra Comune e concessionari era improntata allo spirito della concertazione, nell’intento di porre fine all’acuta conflittualità che si trascinava da lungo tempo.

Di fatto, come sotto spiegato, le modifiche apportate al Regolamento dalla deliberazione introducevano nel regime concessorio e tariffario vantaggi di grande rilevanza a favore dei concessionari. Tali modifiche, tuttavia, suscitarono seri dubbi di legittimità.

 

Settembre 2002: la Commissione consultiva dichiara illegittime alcune modifiche apportate al Regolamento

Con deliberazione n. 641 del 27 settembre 2002 [Allegato 2], la Giunta Comunale di Carrara ha perciò nominato una Commissione Consultiva per l’esame delle problematiche del Settore Marmo, con l’incarico di riferire in apposita relazione e di indicare gli eventuali rimedi atti a riportare l’azione amministrativa alla dovuta efficienza.

La Commissione era costituita dal Dr. Giulio Conti (presidente) e dai membri prof. avv. Fabio Merusi, prof. avv. Franco Battistoni Ferrara, avv. Cesare Piccioli, avv. Roberto Pegazzano, segr. avv. Lino Buselli.

I compiti e le finalità della Commissione erano trovare soluzioni che ponessero le modalità di accertamento e di esazione dei tributi al di sopra di ogni dubbio di illegittimità [Allegato 2].

La Commissione ha esaminato le problematiche attinenti al regime concessorio e al regime tributario del Settore del marmo (turbati da un grave stato di conflittualità), al fine di dare al settore una sicura unità di indirizzi, anche con l’eventuale intervento della Regione, alla quale la legge Costituzionale n. 3 del 18/10/2001 riconosce ampi poteri in materia.

La Commissione ha trattato in modo approfondito il tema delle entrate del settore marmo, quello della legittimità delle modifiche apportate al regolamento degli Agri Marmiferi dalla Deliberazione Consiliare n. 36/2002 e quello delle proposte di transazione avanzate dall’Associazione Industriali.

La Commissione è stata quindi in grado di riferire all’Amministrazione in vista delle decisioni che questa doveva prendere nel proposto tavolo tecnico di concertazione con le controparti.

Nella sua relazione [Allegato 2] la Commissione ha chiaramente indicato l’illegittimità delle modifiche apportate a tale regolamento, in particolare per quanto concerne i seguenti punti:

  • punto 20 della Deliberazione Consiliare n. 36/2002 [Allegato 1], nel quale si modifica il comma 2 dell’art. 9 del Regolamento, sostituendo le parole “durata venti anni” con le parole “durata ventinove anni” e inserendo dopo le parole “la concessione viene rinnovata” la parola “automaticamente”.Così, infatti, si esprime la Commissione Consultiva:«mentre il testo del 1995 all’art. 9 fissava la durata delle concessioni in venti anni, nel rispetto del principio della temporaneità di cui alla L.R. n. 104/1995, la durata veniva portata a ventinove anni rinnovabile automaticamente alla scadenza. Il rinnovo automatico ripristina di fatto la perpetuità del diritto estense, in piena contraddizione con la sentenza della Corte Costituzionale [n. 488/1995 n.d.r.] che afferma la regola della temporaneità delle concessioni…».Al riguardo merita sottolineare quanto espresso dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 488/1995 [allegato 3] sulla perpetuità delle concessioni, di fatto reintrodotta dal sopra esposto punto 20:
    «Ciò che non si può ammettere, osserva conclusivamente la Regione, è la concessione in perpetuo e a titolo gratuito di un bene appartenente al Patrimonio indisponibile di un ente pubblico: essa attribuirebbe in sostanza al privato concessionario una quasi proprietà in contraddizione col regime dei beni pubblici».
  • punto 22 di tale Deliberazione [Allegato 1] che modifica il comma 1 dell’art. 10 del Regolamento sostituendo, dopo le parole “per ogni biennio successivo, il canone”, la frase “viene fissato in relazione al valore di mercato del marmo prodotto ed esportato dalla cava” con la frase “sarà pari ad un importo per tonnellata scavata da stabilirsi da parte del Consiglio Comunale”.Così, infatti, si esprime la Commissione Consultiva [Allegato 2]:
    «inoltre il nuovo testo dell’art. 10 sopprime la parte del comma 1, ove si diceva che il canone viene fissato in relazione al valore di mercato, contravvenendo al principio affermato dalla Corte Costituzionale, per il quale i Comuni di Carrara e di Massa devono uniformarsi al canone al valore di mercato previsto dalla legge n. 724/1994, indipendentemente dall’entrata in vigore dei regolamenti».

 

Nuove modifiche al Regolamento agri marmiferi: mantenuta di fatto la perpetuità della concessione

Con deliberazione n. 61 del 21 luglio 2005 [allegato 4], il Consiglio Comunale ha nuovamente modificato il Regolamento per la concessione degli agri marmiferi, mantenendo però all’art. 9 la perpetuità di fatto della concessione (29 anni con rinnovo automatico), in palese contrasto con la sentenza della Corte Costituzionale n. 488/1995 e con quanto espresso dalla citata Commissione Consultiva.

 

Il principio del canone in relazione al valore di mercato: ripristinato solo formalmente

Accogliendo in gran parte la proposta della Commissione consultiva, in precedenza era invece già stato modificato l’art. 10, stabilendo che:

  • «il concessionario è tenuto a corrispondere al comune un canone in relazione al valore di mercato della produzione della superficie in concessione, secondo la previsione dell’art. 32, comma 8, legge 23 dicembre 1994, n. 724».

e introducendo, tra l’altro, l’art. 10 bis:

  • «La determinazione e la rideterminazione biennale dei canoni sono attuate con i criteri e le modalità che seguono:

a) per ciascuna cava è stabilita in base alla proposta e ai dati eventualmente indicati dal concessionario ai sensi del comma 2 del successivo art. 10 ter nonché ai dati in possesso del Comune e, occorrendo, acquisiti con indagine diretta, la qualità, la tipologia e le caratteristiche merceologiche dei prodotti nella loro misura proporzionale.

b) si determina quindi il valore unitario medio della produzione, come sopra individuata, con riferimento ai prezzi di mercato per ciascuna qualità e tipologia di prodotti.

c) al valore della produzione così stabilito, riportato all’area oggetto della concessione ai sensi del comma 2 del precedente art.10 si applica, per ottenere il canone, l’aliquota fissata ogni biennio dal Consiglio comunale non oltre l’8%

 

Disatteso di fatto il principio del canone in relazione al valore di mercato

Il principio del canone in relazione al valore di mercato del marmo prodotto ed esportato, ripristinato in linea di diritto dagli art. 10 e 10 bis del Regolamento, è stato tuttavia disatteso di fatto.

Il Comune, infatti, ha proseguito alla determinazione delle tariffe per le varie tipologie di materiali prodotti nelle cave sulla base di accordi con le Associazioni di categoria: l’accordo del 30 dic. 2003 sulla determinazione degli oneri che gravano sul settore Marmo del Comune di Carrara, l’accordo integrativo del 25 nov. 2004 e le ulteriori integrazioni del 29 febbr. 2008 [Allegato 5].

In tal modo le tariffe sono concordate con le Associazioni di categoria senza alcuna indicazione del valore di mercato della produzione e, quindi, senza alcuna possibilità di calcolare il canone in base all’aliquota prevista dal comma c dell’art. 10 bis.

L’arbitrarietà di questo sistema tariffario è ulteriormente confermata dal fatto che le precedenti otto fasce di qualità dei blocchi, soggette ad altrettante tariffe, sono state successivamente accorpate in sole tre fasce [Allegato 5], con evidente compromissione della possibilità di calcolare il canone in base all’effettivo valore di mercato dei blocchi estratti.

 

Il Comune rinuncia alla sua potestà regolamentare

Oltre alla violazione degli art. 10 e 10 bis del Regolamento, merita osservare un’ulteriore illegittimità: quella di fissare le tariffe attraverso un accordo firmato con le Associazioni di categoria. Tale illegittimità era stata chiaramente segnalata dalla citata Commissione Consultiva che così si era espressa [allegato 2]:

«Ad esempio è inammissibile la richiesta di un impegno del Comune a non deliberare in materia del settore Marmo, se non nel quadro di una concertazione tra le parti. Infatti la podestà regolamentare del comune deve essere liberamente esercitata senza condizionamenti esterni».

Ciononostante, anche nell’ultimo accordo del 29 febbr. 2008, vengono concordate le tariffe e si aggiunge:

«Il Comune di Carrara si impegna a sottoscrivere entro il 31.03.2008 un protocollo di intesa (da considerarsi parte integrante del presente accordo) sui tempi e le modalità per la soluzione delle problematiche del settore già evidenziate dalle Associazioni di categoria, con riferimento a: 1) rilascio del titolo di concessione ai concessionari. 2) … » [Allegato 5, punto 6].

 

Il comparto estrattivo in un marasma di dubbia legittimità: le cave operano in assenza di concessione!

Non sarà sfuggita, nelle righe precedenti, la contraddizione intrinseca contenuta nella richiesta delle Associazioni di categoria in merito al «rilascio del titolo di concessione ai concessionari».

Se, infatti, gli esercenti le cave fossero già concessionari non ci sarebbe alcun bisogno di rilasciare il titolo di concessione; viceversa, se non ci fossero le concessioni, non ci sarebbe titolo per lo sfruttamento delle cave.

Per quanto ciò possa sorprendere, la risposta data dal Comune alla richiesta di accesso ai documenti amministrativi presentata da Legambiente, conferma la diffusa presenza, da anni, dell’esercizio di cave in assenza di concessione. Nella risposta del Comune [Allegato 6], infatti, si legge:

«… i provvedimenti conclusivi dei procedimenti relativi alle denunce di possesso di agri marmiferi ed alle domande di rinnovo e/o rilascio di concessione presentate ai sensi dell’art. 14 del Regolamento per la concessione degli agri marmiferi comunali non sono ancora stati adottati dai competenti organi comunali…»

e, più avanti:

«Tra l’altro non è ancora stato adottato dai competenti organi comunali lo schema di atto di concessione e del relativo disciplinare (che costituisce il provvedimento conclusivo di tutti i procedimenti), schema che è tutt’ora in fase di concertazione con le parti sociali.
Tale atto deve tradurre in regole contrattuali le previsioni regolamentari, tra cui, ovviamente, anche la determinazione del canone di concessione.
Su questo argomento influisce, proprio per espressa previsione regolamentare, l’eventualità di accordi tra il Comune e Associazioni di categoria degli operatori economici del settore».

 

Inquietanti interrogativi

Si impongono a questo punto diversi interrogativi.

  • Perché l’Amministrazione Comunale ha reso di fatto senza limite temporale le concessioni, sebbene la Commissione consultiva citata [Allegato 2] ne avesse chiaramente segnalato l’illegittimità?
  • Perché ha dapprima emendato il regolamento esigendo il canone concessorio su un valore arbitrario concordato con le associazioni di categoria?
  • Perché, successivamente, pur avendo nuovamente emendato l’articolo riguardante il calcolo del canone concessorio stabilendolo in proporzione al valore venale della produzione, non ha accertato e stabilito l’effettivo valore di mercato delle varie produzioni e, in violazione dello stesso articolo, ha fissato il canone sulla base di fasce tariffarie concordate con le Associazioni di categoria?
  • Perché ha limitato il suo sacrosanto diritto (e dovere nei confronti dei cittadini) di esigere il canone a propria discrezione (nell’importo massimo dell’8% del valore di mercato), preferendo il raggiungimento di un accordo con le associazioni di categoria?
  • Perché non ha addirittura ancora predisposto lo schema di atto di concessione per lo sfruttamento degli Agri Marmiferi e del relativo disciplinare, mantenendo da anni nell’illegittimità l’intero settore estrattivo?

 

Ingente danno alle entrate comunali

L’illegittima regolamentazione fin qui adottata, emanazione delle Amministrazioni succedutesi, ha procurato un ingentissimo danno alle casse comunali, oltre a creare nel settore marmo un gravissimo stato di conflittualità e precarietà, con una situazione sfuggita ad ogni controllo pubblico e il rischio di speculazioni e di illegittime sub-concessioni di fatto.

Si ha ragione di ritenere che questo “marasma regolamentare” sia il frutto di una forte pressione delle Associazioni di categoria che, agitando più o meno apertamente il ricatto dei ricorsi sulla Tassa Marmi (e la relativa richiesta di rimborsi, ai quali il Comune non sarebbe in grado di far fronte), di fatto “tengono in pugno il Comune” e dettano legge in sua vece.

A tal proposito, già nel 2002 la Commissione consultiva [Allegato 2] affermava:

«Non è il caso di diffondersi su termini del contenzioso in atto [Tassa marmi, n.d.r.], in quanto largamente noti, ma è sufficiente rilevare che esso è divenuto il più importante mezzo di pressione per strappare al Comune concessioni di vario tipo».

Il mantenimento di questa situazione di illegittimità è ancor più grave se si considera che già nel 2002 la citata Commissione consultiva indicava la via corretta per porre ordine nel settore, richiedendo alla Regione integrazioni o modifiche alla L.R. n. 104/1995 e all’art. 15 della L.R. n. 78/1998.

A fare le spese di questa situazione è la popolazione, che viene privata di un adeguato indennizzo e subisce un’altissima pressione in termini di vivibilità (intenso traffico dei camion del marmo, elevati livelli di polveri sottili, rumore, vibrazioni, dissesto del manto stradale, ecc.) con danni alla salute e alle attività economiche, compromissione delle sorgenti, impatto ambientale e paesaggistico.

L’assurdità della situazione può cogliersi anche dal fatto che il Comune, sebbene attraverso una legittima determinazione del canone di concessione avrebbe potuto reperire ingenti risorse, si trova oggi a non avere risorse nemmeno per piccoli interventi di mitigazione dell’impatto ambientale delle cave, quali la sistemazione delle canaline di scolo sulle strade montane e l’impianto di lavaggio per i camion del marmo (fonte primaria di polveri sottili).

 

CHIEDONO

di accertare:

  • le eventuali inadempienze amministrative di cui sono stati responsabili i vari amministratori succedutisi al governo della città;
  • il danno economico che le scelte relative alla determinazione del canone concessorio possono aver arrecato alla cittadinanza di Carrara, in termini di ridotto introito rispetto al canone calcolato in base al valore di mercato del materiale lapideo escavato;
  • se, a seguito della scelta di elevare la durata delle concessioni a 29 anni, con rinnovo automatico, si sia di fatto impedito di ricavare ulteriori introiti per le casse comunali, come sarebbe stato possibile se fosse stata mantenuta (o, meglio, abbreviata) la scadenza ventennale, mettendo all’asta le concessioni scadute;

chiedono inoltre:

  • di adottare, nei confronti dei responsabili, i provvedimenti di legge;
  • di chiamare a risarcire la cittadinanza, per i mancati introiti derivanti dal comparto marmo, gli amministratori che, con le scelte sopra esposte, avessero causato danno economico alle entrate comunali;
  • ai sensi dell’art. 408, 2° comma C.P.P., di ricevere informazione dell’eventuale richiesta di archiviazione da parte del pubblico ministero.

Legambiente Carrara
la presidente del circolo Mariapaola Antonioli

Italia Nostra, sez. Apuo-Lunense “Luigi Biso”
il presidente Mario Venutelli

 

Allegati:

  1. Deliberazione del Consiglio comunale n. 36 del 10/4/2002: Modifiche al Regolamento per la concessione degli agri marmiferi comunali
  2. Relazione e proposta di modifica della Commissione consultiva sulle problematiche del settore marmo istituita con Deliberazione n. 641 del 27 settembre 2002 dal Comune di Carrara
  3. Sentenza Corte Costituzionale n. 488/1995
  4. Deliberazione del Consiglio comunale n. 61 del 21/7/2005: Regolamento per la conces-sione degli agri marmiferi comunali. Modifiche
  5. Accordo del 30/12/2003 ed Accordo integrativo del 25/11/2004 sulla determinazione degli oneri che gravano sul settore Marmo del Comune di Carrara: ulteriori integrazioni
  6. Lettera prot. 47205 del 30/9/2010 del dirigente del settore marmo, Marco Tonelli, a Legambiente Carrara




Per saperne di più:

Sui canoni di concessione delle cave, entrate comunali, illegittimità, proposte:

Gli Atti dell’incontro di presentazione della proposta Legambiente di nuovo Regolamento degli agri marmiferi (15/2/2013)

Ecco il nuovo Regolamento degli agri marmiferi proposto da Legambiente (9/2/2013)

Cave: illegittimità e danno erariale. Esposto contro amministratori a Procura e Corte dei Conti (12/7/2012)

Carrara aumenta le tasse per non far pagare le cave che smaltiscono abusivamente le terre (7/7/2011)

Tariffe marmo: ecco la proposta di Legambiente (6/5/2011)

Dopo la trasmissione di Report sulle cave. Il sindaco: impotente o responsabile? (9/4/2011)

 Le cave operano senza concessione: la risposta del comune a Legambiente (30/9/2010) (222 KB))

 Commissione consultiva su cave, concessioni, canoni: Relazione conclusiva 2002 (1,83 MB)

 Sentenza Corte Costituzionale 488/1995 su concessioni cave (1,49 MB)

 


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