Dimensione testo » A+ | A–

La normativa nazionale ed europea sulla qualità dell’aria

Share
Print Friendly, PDF & Email

 

Avvertenza

Considerata la complessità della materia e visto che a Carrara (ma anche in molte altre città) il principale fattore di deterioramento della qualità dell’aria è il PM10, cioè il materiale particolato con diametro inferiore a 10 µ (10 micron, cioè 10 millesimi di millimetro), in questa breve sintesi si tralasciano gli altri inquinanti e si fa riferimento al solo PM10.

La documentazione allegata consente comunque di approfondire tutti gli aspetti: limiti di legge per gli altri inquinanti, metodi di analisi, rete di rilevamento, deroghe, ecc.

 

La tutela della salute: le linee guida dell’OMS

Il metro di confronto per valutare in quale misure le legislazioni nazionali tutelino la salute umana sono i valori limite indicati nelle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (2005: 1,9 MB) sulla qualità dell’aria (Tab. 1). [Si vedano i commenti alle linee guida OMS in: Newsletter ARPAT 13/6/2006 (67 KB) e in Newsletter ARPAT 17/10/2006 (176 KB) e le Linee guida OMS: Domande e risposte (50 KB)].

Tab. 1. Organizzazione Mondiale della Sanità: linee guida per la qualità dell’aria.

 

La normativa italiana fino al settembre 2010

Fino al settembre 2010 la norma fondamentale italiana che stabiliva i criteri di accettabilità per la qualità dell’aria era il D.M. n° 60 del 2/4/2002 (466 KB), che recepiva le direttive europee 1999/30/CE (118 KB) e 2000/69/CE (97 KB).

Il D.M. prevede che la qualità dell’aria venga misurata in punti fissi da due tipi di centraline: da traffico e da fondo urbano.

Contrariamente a quanto sostenuto dal sindaco di Carrara, la differenza non sta nella strumentazione (che è identica), ma nella collocazione della centralina, che deve essere scelta in modo tale da essere rappresentativa, rispettivamente, delle condizioni di traffico e di quelle medie dell’aria urbana. [Centraline di fondo e di traffico: c’è davvero differenza? (12/9/2008)]

Il D.M., infatti, precisa che «orientativamente un punto di campionamento dovrebbe essere ubicato in modo tale da essere rappresentativo della qualità dell’aria in una zona circostante non inferiore a 200 m2, in siti orientati al traffico, e non inferiore ad alcuni km2, in siti di fondo urbano».

Considerata la grave situazione di inquinamento delle città europee e i costi richiesti per il miglioramento della qualità dell’aria, la direttiva 1999/30/CE si era proposta di raggiungere l’obiettivo indicato dall’OMS  in due fasi: nella prima (entro il 1° gennaio 2005) prevedeva di raggiungere l’obiettivo intermedio di 40 µg/m3 per la media annua del PM10 e, nella seconda (entro il 1° gennaio 2010), di dimezzare l’inquinamento, raggiungendo la media annua di 20 µg/m3.

Analogamente, per la media giornaliera del PM10, nella prima fase (entro l’1/1/2005) la direttiva tollerava 35 superamenti l’anno del limite (50 µg/m3), che scendevano a 7 l’anno nella seconda fase (entro l’1/1/2010).

Tali limiti e cadenze temporali erano stati recepiti dall’Italia con il D.M. 60/2002 (Tab. 2).

 

Tab. 2. D.M. 60/2002: Allegato III – Valori limite per il materiale particolato (PM10).

 

Pertanto dal 1° gennaio 2010 sono entrati in vigore i limiti più severi della seconda fase.

Finora dunque la normativa italiana ed europea, pur con la necessaria gradualità, assumevano come prioritaria la tutela della salute.

 

La nuova direttiva europea: un passo indietro

Tuttavia nella predisposizione della nuova direttiva europea sulla qualità dell’aria si sono verificati contrasti tra Parlamento, Commissione e Consiglio: addirittura vi era una forte pressione per aumentare (da 35 a 55) il numero di superamenti ammessi in un anno e per prolungare di 4 anni (al 2014) i termini di adeguamento ai valori limite. [ARPAT news 23/10/2007: Fa discutere la bozza di Direttiva dell’UE] (470 KB)]

Alla fine è stato raggiunto il compromesso di mantenere i limiti della prima fase, ritirando i limiti più stringenti della seconda fase [ARPAT news 2/1/2008: Direttiva aria, raggiunto un compromesso] (340 KB)] .

La nuova direttiva europea 2008/50/CE (550 KB) sulla qualità dell’aria rappresenta dunque un evidente passo indietro rispetto alla precedente, e riflette il peso di lobby economiche.

 

La nuova normativa italiana: D. Lgs. 155/2010

Con Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n. 155 (1,96 MB) l’Italia ha recepito la nuova direttiva europea.

Perciò se nei primi 9 mesi dell’anno vigeva il limite di 20 µg/m3 per la media annua ed erano ammessi 7 superamenti del limite giornaliero, dal 1° ottobre 2010 sono tornati in vigore i limiti previsti per la prima fase: 40 µg/m3 per la media annua e 35 superamenti l’anno del valore limite giornaliero (Tab. 3).

Un secco passo indietro di cinque anni, reso quasi beffardo dal titolo della direttiva 2008/50/CE “relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa”!

Tab. 3. D. Lgs. 155/2010: Allegato XI. Valori limite e livelli critici.

 

Il metodo di misura: non è un tecnicismo, ma vera sostanza!

Il metodo di riferimento (di legge) per il campionamento e la misurazione del PM10 è quello gravimetrico (UNI EN 12341:1999) già previsto dal precedente D.M. 60/2002.

Il metodo di misura può apparire solo un dettaglio tecnico, ma ha ricadute di notevole rilevanza pratica.

Le attuali centraline di Carrara (come la maggior parte delle centraline impiegate in Italia), infatti, non utilizzano il metodo gravimetrico, ma il rilevatore a raggi beta che sottostima il PM10 del 25%. La situazione reale è dunque ben più grave di quella rilevata dalle centraline! [Documento ARPAT: la sottostima del PM10 da parte delle centraline di Carrara (10/7/2009)].

Introdotta la misura delle polveri ultrafini (PM2,5)

Un’innovazione introdotta dalla direttiva è la misurazione del PM2,5, particelle ancor più sottili e nocive del PM10.

Il PM10, infatti, raggiunge solo la trachea e i primi bronchi ed è in gran parte catturato nel muco che li riveste ed espulso grazie al movimento delle ciglia.

Il PM2,5, invece, raggiunge i bronchioli e gli alveoli polmonari e può attraversarne l’epitelio, penetrando nei vasi capillari e, attraverso la circolazione arteriosa, raggiungere tutti gli organi dando luogo a patologie.

La stessa direttiva 2008/50/CE, pur facendo un secco passo indietro, sottolinea che «il materiale particolato sottile (PM2,5) ha impatto molto negativo sulla salute umana. Finora, inoltre, non esiste una soglia identificabile al di sotto della quale il PM2,5 non rappresenti un rischio. Per tale motivo la disciplina prevista per questo inquinante dovrebbe essere differente da quella di altri inquinanti atmosferici. Tale approccio dovrebbe mirare ad una riduzione generale delle concentrazioni nei siti di fondo urbani per garantire che ampie fasce della popolazione beneficino di una migliore qualità dell’aria».

 

La salute sacrificata agli interessi economici

Nonostante tale consapevolezza, la direttiva ripiega su obiettivi più contenuti, riconoscendo onestamente che si tratta di una scelta di compromesso («Tuttavia, per garantire un livello minimo di tutela della salute su tutto il territorio … omissis)».

In conclusione, i valori limite fissati dal D. Lgs. 155/2010 (che ha recepito la direttiva 2008/50/CE) sono ben più elevati di quelli necessari a tutelare la salute umana (indicati dall’OMS):

  • il valore limite per la media annua del PM10 (40 µg/m3) è infatti il doppio del valore indicato dall’OMS (20 µg/m3);
  • il valore limite per la media annua del PM2,5 (25 µg/m3) è 2,5 volte il valore indicato dall’OMS (10 µg/m3);

 

Tab. 4. Confronto tra linee guida OMS e D.Lgs. 155/2010.

 



Per saperne di più:

 

Sulle ordinanze locali (sindaco e tribunale) relative a polveri sottili, camion e cave:

 Ordinanza Pulizia Camion e Cave n. 35457/2005.pdf (82 KB)

Processo polveri sottili: il testo dell’ordinanza del giudice Bartolini, le disposizioni impartite al comune (24/4/2008)

Polveri sottili, una sentenza storica. Sintesi ragionata (3/5/2008)

  Ordinanza fermo camion dopo 3 superamenti PM10 (n. 13848/2007) (98 KB)

 


Share