Dimensione testo » A+ | A–

Il progetto della strada per le cave del Sagro: un esempio di neolingua, dove “distruggere” si dice “preservare l’integrità”

Share
Print Friendly, PDF & Email


 

Da sentiero rinaturalizzato a camionabile: uno scempio “ambientalista”

L’ipocrisia del progetto della strada è già tutta nel titolo “Recupero e adeguamento della viabilità di collegamento tra il bacino estrattivo del Murlungo e il bacino industriale di Carrara”: tutti sappiamo, invece, che collegherà al bacino industriale di Carrara non il bacino del Murlungo, dismesso da decenni, ma le cave dei M. Sagro e Borla, in pieno Parco delle Apuane. Un titolo che ricorre anche ad un inganno linguistico: “recupero” e “adeguamento” lasciano intendere che la via già esiste e che, dunque, si tratta di salvarla dal deterioramento causato dal tempo.

In verità, si sottace il fatto che il 40% della strada sarà completamente nuovo e si spaccia per recupero la trasformazione in camionabile di una vecchia via di lizza rinaturalizzata, fino a pochi anni fa usata come sentiero del CAI (Fig. 1): uno stravolgimento, ambientale e linguistico; un inganno, ambientale e comunicativo.
 

Fig. 1. L’attuale via di lizza (a sinistra panorama, a destra dettaglio), sostenuta sul lato valle da un muro a secco, ha già raggiunto un buon grado di rinaturalizzazione. Quale persona di buonsenso oserebbe definire recupero la sua trasformazione in una camionabile? (Foto tratte dalla documentazione progettuale).

 
Per “adeguare” la sede stradale, il progetto prevede di smontare il muro a secco che la sostiene, rimuovere i detriti trattenuti dal muro, scavare la roccia lato monte col martellone pneumatico e mascherare lo sfregio così provocato con un muro in cemento armato rivestito con pietre. In alcuni tratti, per ridurre l’entità dello scavo, si allargherebbe la strada dal lato valle, costruendo un muro di sostegno in cemento armato (anch’esso rivestito da pietre e fondato su micropali in cemento) e riempiendo lo spazio a retro del muro.

Per ridurre l’eccessiva pendenza, il tratto inferiore verrebbe rialzato da riempimenti, sostenuti da analogo muro fondato su micropali. Le notevoli quantità di detriti provenienti dagli scavi sarebbero smaltite nella vicina cava dismessa (Paolina), per “restaurarne il profilo originario”: di fatto, per avere una discarica a buon mercato e realizzare una piazzola di scambio che consenta ai camion del marmo il transito a senso unico alternato. Ancora un inganno comunicativo.

 

Lo studio d’incidenza ambientale: rischi dissimulati

Anche lo studio d’incidenza, il cui scopo è, per definizione, valutare i rischi per le specie animali e vegetali e per gli habitat, pur citando scrupolosamente i dettami di legge (una sorta di strategia protettiva della validità della relazione), si muove su un piano sottile di ambiguità comunicativa, occultando o mascherando informazioni pertinenti, allo scopo di minimizzare la percezione dei rischi. Ripete più volte che si tratta di una strada esistente (suggerendo implicitamente che, dunque, cambierebbe poco); nel calcolo dell’area sottratta all’habitat 6210 (praterie aride seminaturali e facies arbustive dei substrati calcarei) computa il solo allargamento della strada, come se quella “esistente” non venisse interamente stravolta; l’impatto dei muri di sostegno viene considerato minimo, con l’incongrua argomentazione che “già in passato le aree hanno risentito dell’attività antropica”; il rumore dei camion causerebbe solo l’allontanamento “temporaneo” di “alcune specie che ben si adattano alla presenza dell’uomo”; la strada che divide in due l’habitat non rappresenterebbe una sua frammentazione, e via dicendo, per giungere alla dichiarazione finale «è possibile concludere in maniera oggettiva che è improbabile che si producano effetti significativi sui siti Natura 2000: SIR8 e ZPS 23».

 

Impatti cumulativi occultati, presunti vantaggi ambientali esaltati

Altro inganno comunicativo è la dichiarazione che «non si rilevano effetti cumulativi di rilievo» con altri piani e progetti, come se la strada fosse fine a se stessa e non funzionale alla prosecuzione ed espansione delle cave del Sagro-Borla (Fig. 2).

È evidente, infatti, che gli effetti cumulativi della strada comprendono l’incremento, almeno potenziale, dell’impatto delle attività estrattive che, senza strada e con la viabilità per Fosdinovo-Aulla inagibile ai camion, potrebbero addirittura chiudere: due scenari di impatto completamente diversi, dunque, ma strategicamente elusi dallo studio.
 

Fig. 2. Lo studio d’incidenza si limita a valutare gli effetti della nuova strada (tratto 3, in giallo), come se il tratto 2 (vecchia strada del Murlungo) fosse già quotidianamente percorsa dai camion del marmo. Ma, soprattutto, non considera tra gli effetti potenziali il rinnovato assalto al Sagro-Borla che la nuova viabilità consente (obiettivo reale della strada). 1: viabilità attuale dei camion; 4: via d’arroccamento attuale, il cui ultimo tratto è stato sistemato nei mesi scorsi, confidando sulla sicura approvazione del progetto.

 
Si arriva addirittura a sostenere che sventrare con la nuova strada le aree protette consentirebbe di «diminuire gli impatti a carico degli habitat e delle specie», riducendo il disturbo causato dai camion dagli attuali 5 km (lungo la strada che scende da Campocecina) a soli 2 km: come se il disturbo di un camion lungo la nuova ripida strada sterrata non fosse ben superiore a quello del transito sull’esistente strada asfaltata!

Sorvoliamo pietosamente su altre amenità, come la creazione di nuovi habitat per la vegetazione rupicola, grazie al rivestimento in pietre (con apporto profondo di malta nei giunti) dei muri di sostegno.

 

Una strada nell’area protetta, nel nome della difesa dell’ambiente!

Nella loro replica al sindaco (Il Tirreno, 9 luglio), i due progettisti si presentano come salvatori dell’attuale via di lizza/piano inclinato che, se non consolidata e recuperata «sarà destinata a franare e scomparire come purtroppo rischia di succedere ad altre opere di archeologia industriale nell’area apuana»: dunque, si legge nel progetto, la sua trasformazione in camionabile «consente, soprattutto, di preservare e sottrarre al degrado fisico un manufatto la cui integrità testimonia il lavoro umano dei cavatori, fatto di quotidiana fatica e di antica sapienza». La trasformazione in camionabile ne preserverebbe dunque l’integrità: una discomunicazione ingannevole.

I progettisti informano anche che, non essendo possibile intervenire sulla via di lizza, in quanto tutelata come invariante nel piano urbanistico, è stata redatta una variante che prevede di realizzare la nuova strada al suo fianco. Sicuramente, dovendo scavare ex novo l’intero tracciato e/o sostenerlo con muri in cemento, l’impatto paesaggistico e ambientale non sarebbe davvero inferiore, anche se non abbiamo dubbi che i progettisti la presenteranno come una variante ancor più ambientalista.

In merito alle cave del Sagro, il dott. Dazzi aggiunge che, prima di proporne la chiusura, si debbano valutare le prospettive future del giacimento, dando continuità alle aziende e alle maestranze. Conclude, infine, ricordando alcuni suoi progetti di valorizzazione dell’area di Campocecina e la sua tesi di laurea vincitrice del concorso Tesi per Carrara indetto da Legambiente.

 

Incauta strumentalizzazione del premio Legambiente

Lo strategico richiamo a Legambiente, con lo scopo cioè di accreditarsi come credibile, e dunque ambientalista, impone un chiarimento. Riassumiamo telegraficamente il contenuto della tesi di Dazzi “Analisi di impatto ambientale: il caso del complesso estrattivo Foce di Pianza-Sagro”, vincitrice del premio 1999. In essa l’autore denunciava il «quadro impressionante dei reati ambientali commessi dalle cave in questione» e il loro impatto ambientale: mancanza di autorizzazioni, invasione dell’area Parco da parte dei ravaneti, dispersione di marmettola nell’ambiente, conservazione precaria degli oli in cava con evidenti tracce di dispersione nel terreno, elevato rischio di inquinamento dell’acquifero e del fosso Fratteta, seppellimento di una faggeta con detriti, minaccia al contingente floristico di grande valore fitogeografico con specie endemiche, elevato impatto paesaggistico, distruzione di beni geomorfologici (vallone glaciale con numerose testimonianze della glaciazione wurmiana), distruzione del reticolo idrografico, e così via.

L’autore, dopo un’analisi economica (Bilancio Ambientale d’Impresa) e una valutazione del rischio di incidenti stradali, degli infortuni, dei costi scaricati sulla collettività (cassa integrazione per sei mesi l’anno, danneggiamento della sede stradale), concludeva che l’attività estrattiva in una zona di elevato valore paesaggistico e ambientale come quella in oggetto rappresenta una «scelta economicamente e socialmente svantaggiosa e di forte ostacolo allo sviluppo turistico». Proponeva pertanto un piano articolato di chiusura delle cave nell’arco, massimo, di 10 anni, accompagnato dall’attuazione di attività alternative (Parco Geo-Antropologico, Sentiero botanico, Centro studi ambientali, ecc.). Pertanto, tali cave, secondo il Dazzi ‘ambientalista’ del 1999, giustamente premiato da Legambiente, ora non dovrebbero esistere più.

C’è da chiedersi su quale via sia avvenuta la conversione di Dazzi. La situazione ambientale delle cave del Sagro-Borla, infatti, resta drammatica ancor oggi (si vedano, nel Dossier Cave, le osservazioni alle cave Fratteta-Castelbaito e Crespina), permanendo tutti gli abusi e le criticità da lui, accuratamente e con preoccupazione, denunciati nel 1999.

Il solo cambiamento obiettivo a nostra conoscenza riguarda Dazzi stesso: da studente a consulente alle cave. In fondo basta poco a cambiare l’approccio mentale.

Carrara, 13 luglio 2017
Legambiente Carrara



Per saperne di più:

Sul progetto di strada per le cave del Sagro:

Revoca del progetto di strada per le cave del Sagro: una speranza che si avvera  (8/7/2017)

Fermare la strada per le cave del Sagro: appello al nuovo sindaco  (30/6/2017)

Cave: tutti uniti per l’assalto al Sagro  (6/7/2016)

Cave: il falso conflitto ambiente-occupazione  (1/8/2016)

Cave del Sagro-Borla: chi fa disinformazione?  (18/6/2016)

Cave del Sagro-Borla: il sindaco riporta i camion a Carrara centro  (14/6/2016)

Camion delle cave del Sagro? Mai da Carrara!  (16/12/2015)

 

Share