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Migranti. Fraternité: aiutiamoli a casa loro?

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di Vittorio Cogliati Dezza (Legambiente, resp. naz. Politiche migranti)
 

Égalité, Liberté, Fraternité. Oggi è il 14 luglio, festa nazionale francese. Ricordiamo con dolore le vittime di Nizza di un anno fa, provocate dal terrorismo, e le migliaia di vittime nel Mediterraneo provocate dalla cecità e dalla paura dell’Europa. Oggi Legambiente insieme a tante organizzazioni sociali e sindacali, movimenti e ong sarà in piazza davanti all’ambasciata francese a Roma e alle altre rappresentanze francesi nel Paese per ricordare quella grande parola d’ordine della Rivoluzione francese “fraternité”, che oggi l’Europa ha dimenticato e che il presidente Macron sta calpestando, e per chiedere un drastico cambiamento di rotta. A partire dal governo italiano.

Recentemente un leader politico nazionale, ha rilanciato un vecchio slogan della Lega Nord “aiutiamoli a casa loro”. Giusto! È evidente che per ridurre la sofferenza di chi lascia casa e famiglia, perché non ha di che vivere, di chi subisce torture e violenza nei campi di concentramento in Libia, di chi affida la propria vita a scafisti disumani, di chi, arrivato da noi, è preda di caporalato, discriminazione, schiavismo, per ritrovarsi magari dopo qualche mese con il decreto di espulsione, è evidente che tutti costoro preferirebbero restare a casa loro vivendo una vita dignitosa. Ogni immigrato è prima di tutto un emigrato.

Insomma un ottimo slogan, che assolve anche qualche senso di colpa della nostra coscienza di benestanti che abbiamo paura di perdere quello che abbiamo. Ma si pongono due problemi.

Il primo. Come li aiutiamo? Deviando gli scarsi fondi per la cooperazione al finanziamento delle politiche di esternalizzazione e di rinforzo delle polizie di frontiera della Libia? Finanziando le fossili e non organizzando piani di adattamento ai cambiamenti climatici? Oppure alimentando il commercio d’armi? Segretario Renzi, che vuol dire concretamente “aiutiamoli a casa loro”? Sapendo che cambiamenti climatici, desertificazione, disastri ambientali, impoverimento dell’agricoltura e inurbamento di masse di poveri sono i fenomeni con cui misurarsi subito insieme a politiche di pace che passano innanzitutto dal blocco dell’attuale corsa agli armamenti, di cui si avvantaggiano anche le aziende italiane, autorizzate dal governo, in barba alla legge 185/90, che vieta il commercio con Paesi in guerra, come è per le bombe vendute all’Arabia Saudita.

Il secondo. Nel frattempo che gli aiuti arrivino a buon fine che facciamo? Attacchiamo le ong e impediamo loro di salvare vite? Rinforziamo la polizia di frontiera tra Niger e Libia per bloccare i flussi? Non apriamo corridoi umanitari? E, come dice Macron, accogliamo solo i profughi riconosciuti dalla Convenzione di Ginevra e gli altri li rigettiamo in mare?

Nella corsa elettoralistica a chi meglio accarezza le paure ed i mal di pancia degli italiani e degli europei si sta affermando una narrazione aberrante delle migrazioni. Aberrante perché disumana e falsa. E le ong sono il facile capro espiatorio. Noi vogliamo tenere alta la voce di chi narra un’altra storia, quella vicina a chi fugge e rischia la propria vita per il riconoscimento di un diritto universale, che proprio la Rivoluzione francese ha imposto al mondo. Noi continueremo a suonare le nostre trombe!
 



Per saperne di più:

No ai decreti Minniti-Orlando su immigrazione e sicurezza (11/4/2017)

 

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