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Beni estimati: bene comune, nonostante la sentenza

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La sentenza: un grave danno alla comunità carrarese

 

La sentenza del tribunale di Massa, quantunque ci amareggi, non ferma il nostro impegno, a fianco della cittadinanza, nel sostenere la natura giuridica pubblica dei beni estimati.

Deve essere chiaro per tutti che, se effettivamente i beni estimati fossero di proprietà privata, questo comporterebbe un danno ingentissimo per tutta la città e per il suo futuro economico. Il perché è presto detto.

I beni estimati sono presenti, a macchia di leopardo, all’interno di numerose cave, anche di gran pregio; questa situazione, come già evidenziato, più o meno un anno fa (30 gennaio 2017), nel pronunciamento dell’Autorità garante per la concorrenza (Antitrust) provoca un grave danno economico alla città e alla libera concorrenza tra imprese perché rende quasi impossibile procedere all’espletamento delle aste a evidenza pubblica per l’assegnazione delle concessioni.

È evidente che partecipare all’asta per la concessione di una cava che ha, al suo interno, alcuni mappali ricompresi nei beni estimati ha poco senso per qualsiasi imprenditore e, di fatto, perpetua la rendita di posizione degli attuali titolari di autorizzazione. Proprio per questo l’Autorità garante per la concorrenza aveva sollecitato il Parlamento a legiferare per ”ricondurre i beni estimati al patrimonio indisponibile del comune”.
 

I parlamentari locali si assumano chiari impegni

 

A suo tempo, anche noi, pur essendo fermamente convinti della natura pubblica di quei beni, attraverso i nostri vertici nazionali, avevamo chiesto l’intervento del Parlamento affinché dichiarasse pubblici i beni estimati, in nome dell’interesse collettivo che prevale, anche a livello costituzionale, su quello del singolo privato.

Incidentalmente, visto che siamo in campagna elettorale, ci piacerebbe conoscere la posizione di tutti i candidati locali su questo tema. Prossimamente li inviteremo a sottoscrivere l’impegno formale di sostenere nel prossimo Parlamento un’iniziativa legislativa che vada nella  direzione da noi auspicata.
 

I titolari dimostrino che i loro beni estimati lo erano già nel 1731

 

Resta poi la questione fondamentale della reale estensione dei beni estimati. Certamente, come abbiamo più volte sottolineato, l’estensione degli agri indicati come iscritti all’Estimo dei particolari del 1731 era enormemente inferiore a quella rivendicata oggi dai ”supposti proprietari”.

Già nel 2016, grazie ad un’ indagine a campione su alcuni mappali considerati beni estimati, erano emerse parecchie incongruenze: mappali rivendicati come beni estimati, nel catasto del 1823  risultavano pascolo o proprietà comunale, per cui non si capisce come potessero essere cave nel 1731. È dunque altamente probabile che dalla ricognizione della reale consistenza dei beni estimati, che l’Amministrazione  dovrebbe avere ultimato, emergeranno molte altre situazioni del genere.

Del resto, spetterebbe a coloro che rivendicano la proprietà dei beni estimati produrre le prove di quanto affermano, non attraverso l’esibizione di atti di compravendita, ma presentando al comune la documentazione del 1751, attestante l’iscrizione all’Estimo dei particolari già nel 1731 e la definizione cartografica dei mappali di loro ”proprietà”.

Verificata la reale estensione dei beni estimati, certamente infinitamente inferiore al 30% degli attuali bacini estrattivi di cui si favoleggia, sarà più semplice, nella sciagurata ipotesi che l’attuale sentenza venga confermata nei successivi gradi di giudizio, procedere a una eventuale acquisizione onerosa al patrimonio del Comune.
 

Continuare la battaglia a difesa dei beni comuni

 

Sicuramente noi continueremo il nostro impegno per difendere la proprietà pubblica di un bene comune fondamentale per la nostra collettività come il marmo,  consci che la privatizzazione delle cave, oltre al danno economico, porterà ad un aggravamento del far west che impera nei bacini marmiferi  e a una ancora maggiore noncuranza verso la tutela dell’ambiente e del paesaggio.

Riteniamo, infine, molto positiva l’intenzione espressa dal Sindaco, cui va tutta la nostra solidarietà, di continuare la battaglia, in ambito giudiziario e di riaffermare nel futuro regolamento degli agri marmiferi l’appartenenza di tutte le cave, beni estimati compresi, al patrimonio indisponibile del comune.

Carrara, 7 febbraio 2018
Legambiente Carrara
 



Per saperne di più:

Sui beni estimati:

Assicurare i beni estimati al patrimonio pubblico: lettera ai parlamentari locali (1/3/2017)

Legambiente nazionale chiede una legge che stabilisca la proprietà pubblica dei beni estimati (24/2/2017)

L’Antitrust sui beni estimati: il re è nudo! (4/2/2017)

 Pronunciamento dell’Antitrust sui beni estimati (24/11/2016: 112 KB)

 Beni estimati: esposto all’Antitrust di Claudia Bienaimè (12/2/2016: 1,2 MB)

Scippo dei beni estimati: la Regione inserisca subito le cave nella categoria delle miniere  (25/10/2016)

 La sentenza della Corte Costituzionale sul ricorso del governo contro la L.R. n. 35/2015 sulle cave (80 KB)

Beni estimati: l’udienza alla Corte Costituzionale (VIDEO 20/9/2016)

 Corte Costituzionale, ricorso Stato contro Legge regionale 35/2015 sulle cave (beni estimati): la difesa della Regione (20/9/2016, 21 MB)

Videointervista al prof. Paolo Maddalena: i beni estimati e le cave apuane sono proprietà collettiva (15/9/2016)

 

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