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Osservazioni al regolamento comunale del verde

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Il Regolamento del verde pubblico e privato del Comune di Carrara, sottoposto a consultazione, rappresenta un apprezzabile sforzo per fornire indicazioni, suggerimenti, obblighi e sanzioni in materia. La sua razionale collocazione dovrebbe essere a corredo del Piano del verde (ancora in fase di stesura), permettendo così anche una chiara individuazione cartografica delle aree alle quali si applicano le singole misure. È ragionevole presumere che l’anticipazione del Regolamento sia stata dettata dalla volontà di dare fin da subito indicazioni e regole, nell’attesa del completamento del censimento del patrimonio verde e degli studi necessari al Piano del Verde.
 

Osservazioni generali

 
Il Regolamento è molto dettagliato su alcuni aspetti, forse troppo. Nel complesso, sembra improntato a un approccio burocratico (domanda di autorizzazione, fotocopia documento d’identità, relazioni tecniche, planimetria in scala 1:200, n. del Foglio catastale, della Particella, del Subalterno, dichiarazione sostitutiva di conformità urbanistica –che il comune cittadino non sa nemmeno cosa sia– ecc.) e a un’eccessiva rigidità formale, non sempre giustificati in relazione alla natura e all’entità dell’intervento. Anche l’obbligo di trasmettere la domanda tramite pec (di cui gran parte dei comuni cittadini è priva) introduce inutili complicazioni al rispetto del Regolamento.

Tale approccio costringe il cittadino a ricorrere ad un professionista per ogni intervento, anche solo per presentare la domanda di autorizzazione all’abbattimento di un albero, magari piccolo e privo di pregio. In questo approccio prescrittivo particolarmente rigido, è facile prevedere che anche l’obbligo di corredare la domanda di una marca da bollo (sebbene di importo contenuto: 16 €) venga considerato un’odiosa gabella che mina alla radice lo spirito di collaborazione.

Considerato che obiettivo primario del Regolamento dovrebbe essere quello di conquistare l’adesione spontanea e entusiasta dei cittadini alle norme, l’approccio potrebbe essere molto semplificato, limitandolo alla semplice domanda descrittiva con alcune foto e l’elenco degli alberi sui quali si intende intervenire (precisandone la specie e le dimensioni), riservando al comune la facoltà di chiedere approfondimenti tecnici nei casi in cui ne ravvisi l’opportunità o la necessità.

L’attuale approccio, infatti, può generare eccessiva burocratizzazione, scoraggiando l’entusiasmo dei privati a dotarsi del verde e alla sua cura. Alcuni di questi aspetti sono trattati, assieme ad altri, nelle osservazioni puntuali. In sintesi, l’approccio burocratico dovrebbe essere limitato agli esemplari di pregio (per specie, dimensioni ecc.), limitandosi per gli altri a prescrivere (e a fornire) le corrette indicazioni tecniche d’intervento.

Il Regolamento presenta anche aspetti molto positivi, non scontati: ad es. sulla gestione degli incolti (Art. 16 – Aree verdi negli insediamenti urbanistici, punto 9 – Verde di aree marginali, residuali e incolte) – giustamente considerati una risorsa potenziale per l’incremento del verde urbano, la biodiversità e la resilienza ecologica della città – per i quali si suggerisce di promuovere la ricolonizzazione spontanea e una manutenzione estensiva che favorisca le dinamiche naturali.

Viceversa, vi sono alcuni aspetti propriamente da Regolamento che non sono ben specificati. Ad esempio, quando qualcuno può essere sanzionato per “omesso sfalcio” o “omessa potatura”: nel caso in cui questo impatti sulla fruizione di spazi comuni o pubblici o nei propri spazi? (es. casa disabitata con giardino non sfalciato o non potato, magari segnalato da un vicino non ben disposto?).

Sullo specifico aspetto dello sfalcio è necessario inoltre evidenziare che spesso i prati e le erbe spontanee non sono degli infestanti ma un vero piccolo “scrigno” di biodiversità che riesce ad insediarsi anche in spazi urbani e che, ad esempio, può costituire riserve importanti per i sempre più rari insetti impollinatori. Inoltre, in molti casi, quelle che “comunemente” vengono definite oggi erbe infestanti possono invece avere tutt’oggi un uso alimentare (molto apprezzato anticamente!). In tal senso il regolamento deve tutelare maggiormente anche questi spazi verdi e deve fornire puntualmente, con maggiore chiarezza, quali eventualmente siano le effettive specie erbacee infestanti (come meglio precisato più avanti nelle “osservazioni puntuali”).

Il Regolamento potrebbe essere integrato da un paragrafo sulla lotta alla zanzara tigre (Aedes albopictus). Appare opportuno introdurlo, considerato che i risvolti sanitari conseguenti alle sue punture e il fastidio arrecato dalla sua insistenza (in pieno giorno) compromettono spesso la fruibilità delle aree verdi. A proposito dei trattamenti, rispetto alla lotta adulticida, va privilegiata quella larvicida mirata ai focolai (preventivamente individuati), evitando irrorazioni indiscriminate e i trattamenti sulle piante in fiore (che ucciderebbero anche gli impollinatori). È opportuno che queste misure siano indicate come consigli (più che come obblighi), sia per il verde pubblico che per quello privato. Indicazioni tecniche operative potrebbero essere raccolte in un apposito allegato.

Un ultimo aspetto generale, importante da segnalare, è costituito dalla diffusione di micro- e nano-plastiche a causa delle operazioni di sfalcio dell’erba ai bordi di strade e canali; in tali situazioni la presenza (purtroppo…) di rifiuti plastici abbandonati (quali bottiglie, incarti, confezioni e piccoli imballaggi) fa sì che lo sfalcio meccanico con tagliaerba e trinciatori riduca queste plastiche in piccole particelle e in polveri ricche di molecole polimeriche che si aerodisperdono o ricadono nelle acque dei canali, provocando una grande diffusione di micro/nanoplastiche nell’ambiente. Sarebbe dunque importante che il regolamento comunale del verde ponesse l’attenzione su tale criticità, che è un importante problema anche per la salute umana, ad esempio a partire da una semplice raccomandazione: la preventiva pulizia dai rifiuti plastici (e non) delle aree interessate dalle operazioni stagionali o periodiche di sfalcio, con particolare riguardo, appunto, per i margini stradali, le sponde e le arginature di fossi e canali.
 

Osservazioni puntuali

 
Specie aliene invasive. All’art. 2 (Definizioni), punto 25, sono definite le Piante Infestanti (richiamate a più riprese nel Regolamento). Manca però la definizione di specie Aliene Invasive, che è opportuno precisare, magari facendo riferimento alla black list europea (che include, ad esempio, Ailanthus altissima e Amorpha fruticosa). In generale su questo tema (su cui l’Italia è in infrazione europea) il testo è carente.

Art. 9 – obblighi del proprietario di aree verdi private (pag. 34). Tra gli obblighi sono compresi “b) il controllo fitosanitario delle piante, con adozione di misure adeguate in caso di malattie o infestazioni”. Considerato il numero veramente notevole di malattie che colpiscono frequentemente le piante ornamentali, con effetti da trascurabili a drammatici, tale obbligo, essendo declinato in maniera così generica, si presta a opposte interpretazioni: dalla più tollerante (che si limita a intervenire solo in presenza di palesi e severe compromissioni della pianta) alla più stringente (che interviene al minimo segno di alterazione, cioè quasi sempre, con ricadute sanitarie ed ecologiche negative) e risulta pertanto di applicazione problematica.
Ancor più problematico appare il rispetto dell’obbligo c) “contenimento delle erbe infestanti mediante sfalcio periodico”, vista l’obiettiva difficoltà per un singolo privato di capire se un’erba è infestante o no. Sarebbe opportuno fornire un allegato (con testo e immagini) che permetta con una certa facilità il riconoscimento delle erbe infestanti.

In merito ai prati (pubblici e privati) e al loro sfalcio suggeriamo inoltre l’introduzione di alcuni accorgimenti:
1) sconsigliare la semina di mono-specie e, anzi, raccomandare miscele di numerose specie (graminacee e specie a fioriture di campo “wildflowers”) nonché specie non idroesigenti (come le macroterme) al fine di accrescere il valore ecologico e la biodiversità anche dei prati da giardino. Alla ricchezza floristica si associa infatti la ricchezza di artropodi – soprattutto di impollinatori (api, bombi, farfalle) – di fauna minore e di uccelli. Per analoghi motivi (incrementare la densità e la diversità di impollinatori) è da raccomandare l’introduzione nei prati anche di leguminose (es. Trifolium repens, Prunella vulgaris, Thymus serpillum) distribuite casualmente o a chiazze.
2) Ugualmente raccomandabili sono il diradamento dello sfalcio a solo un paio di volte l’anno (con un massimo di 3 volte) e l’invito a preservare dallo sfalcio alcune chiazze o strisce erbacee, consentendo loro di raggiungere indisturbate la piena maturità (disseminazione compresa), funzionando così da aree rifugio per numerosi insetti e altri piccoli invertebrati che arricchiscono la biodiversità.
Nelle aree non prettamente urbane è addirittura augurabile (ad eccezione delle fasce direttamente confinanti con strade) mantenere ampie aree del tutto prive di sfalcio.

A pag. 35, punto 4, c’è probabilmente un refuso: nel punto a) si richiede l’autorizzazione per l’abbattimento di alberi con un diametro del tronco > 15 cm, mentre nel punto b) la si richiede per alberi con una circonferenza > 15 cm. Probabilmente si intendeva riferirsi in entrambi i casi al diametro, visto che la richiesta di presentare un progetto di piantumazione sostitutiva e di ottenere un’autorizzazione preventiva per l’abbattimento di un albero con circonferenza di 15 cm (cioè diametro inferiore a 5 cm!), oltretutto privo di pregio o di interesse storico, sembra veramente eccessiva (al limite del vessatorio).

Nello stesso punto 4b si dice che non è soggetto ad autorizzazione il taglio delle specie “considerate infestanti”. Se si intende riferirsi agli alberi definiti infestanti nell’Allegato 4 – “Specie vegetali vietate o soggette a restrizioni” è opportuno precisarlo e, nell’Allegato 4, è bene raggruppare separatamente le specie erbacee, arbustive e arboree.

All’art. 10 – Norme per la potatura di alberi privati si dice che “gli interventi di potatura ordinaria non sono soggetti ad autorizzazione e possono essere liberamente eseguiti dai privati secondo le indicazioni del successivo comma 3”. Quest’ultimo, però, specifica che “gli operatori devono essere in possesso di idonea qualifica…”. Ciò significa che il semplice cittadino (non avendo una qualifica di giardiniere) non potrà più potare gli alberi nel proprio giardino, ma dovrà necessariamente rivolgersi a un giardiniere professionista (sopportandone i relativi costi) anche per la manutenzione ordinaria di esemplari normali (non di pregio)? Inoltre, ciò vale anche per la potatura di specie arboree (es. alloro) allevate a siepe?

Tale approccio, rigidamente prescrittivo, rischia di scoraggiare la potatura ordinaria (rinviandola di anni) o di essere eluso. Inoltre, impedire al privato di potare personalmente i propri alberi avrebbe il riflesso culturale di allontanarlo dalla loro cura, ostacolandone la crescita culturale e tecnica. Un ragionevole compromesso da prendere in considerazione potrebbe limitare tale “obbligo di fatto” a rivolgersi a professionisti solo per la potatura degli esemplari di pregio, limitandosi per gli altri alla sola prescrizione delle corrette modalità di potatura da seguire (nel caso specifico il citato Standard Europeo di potatura degli alberi).
Al proposito è altamente raccomandabile, ogni qualvolta si cita un manuale operativo, fornirne il riferimento a fonti possibilmente gratuite (nel caso specifico: https://www.isaitalia.org/images/pdf/ETPS_ITA_Low.pdf). In tal modo si favorirebbe anche l’acquisizione diffusa da parte dei cittadini delle corrette tecniche di potatura e delle relative motivazioni, favorendone così la crescita culturale, l’amore e il rispetto per il patrimonio vegetale.

Il comma 3 prosegue poi: “I residui vegetali vanno raccolti e smaltiti secondo le disposizioni comunali”. Anche in questo caso, anziché costringere i cittadini a procurarsi e studiarsi tali disposizioni, sarebbe opportuno fornirne il link (e magari precisarne la pagina); ancor più semplice sarebbe dire che “i residui vegetali vanno raccolti, tagliati a pezzi e smaltiti negli appositi mastelli – dove è attiva la raccolta domiciliare – o nei cassonetti del verde (salvo diverse disposizioni comunali)”.

Art. 10, comma h (pag. 36). Considerate le pesanti conseguenze della capitozzatura (giustamente vietata), anziché consentirla liberamente (come eccezione) nei casi necessari a garantire la pubblica incolumità, sembra preferibile sottoporla a richiesta di autorizzazione, prevedendo eccezioni in una casistica analoga a quella prevista dall’art. 11 per l’abbattimento di alberi.

Art. 11, comma 4 – Abbattimenti d’urgenza (pag. 39). Mancano il destinatario e l’indirizzo a cui inviare la comunicazione PEC.

Art. 12 – Norme per la sostituzione degli alberi abbattuti, comma 1 – Piantumazione compensativa. La prescrizione ai singoli privati di impiegare alberi sostitutivi di una discreta dimensione (ad es., per gli alberi di 1a grandezza, con tronco di circonferenza ≥ 18-20 cm) sembra inopportuna in quanto più complicata, costosa, con maggior tasso di mortalità e spesso con radici avvolgenti (conseguenti alla crescita in vaso, in vivaio). In generale esemplari più giovani garantiscono un miglior attecchimento e crescita. Anche l’obbligo (pur sacrosanto) di impiegare esemplari “virus esenti” dovrebbe essere posto a carico dei vivai che commercializzano gli alberi, non del singolo cittadino.

Ancor meno giustificata sembra la prescrizione di compensare gli esemplari abbattuti di particolare pregio e/o interesse storico esclusivamente con esemplari di 20-22 cm di circonferenza e altezza minima 4,5 metri. In molti contesti, infatti, grandi scavi per contenere l’esteso apparato radicale non sono attuabili e tale condizione è dunque inapplicabile o può costringere a ridimensionare sensibilmente l’apparato radicale (con danno alla pianta).
In generale va poi considerato che l’impianto di esemplari giovani garantisce maggior successo di attecchimento e di equilibrato sviluppo. L’impianto di esemplari di discreta taglia appare dunque opportuno solo (o principalmente) per le alberature stradali, per le quali è importante ottenere fin da subito l’effetto ottico di “alberatura”.

In tutti i casi si ritiene che l’importante sia la corretta prescrizione della/e specie da reimpiantare, tale appunto da garantire il mantenimento della tipologia di alberi d’alto fusto, ma anche tale da garantire specie adatte al tipo di suolo presente, alle condizioni ambientali locali specifiche ed al contesto urbano di collocazione, con la possibilità, dunque, anche di cambio della specie rispetto all’esistente se migliorativa sotto i diversi aspetti; l’importante è che si eviti quello che invece si è visto spesso realizzato ovvero la sostituzione di specie d’alto fusto con specie minori costituite da arbusti o alberelli, anche laddove vi erano spazi e condizioni per alberi di prima grandezza.

Art. 15, punto 2 – Criteri specifici (per la realizzazione di nuovi spazi verdi urbani) (pag. 48). Prescrivere in un nuovo progetto almeno il 50% di alberi di prima grandezza, il 30% di seconda grandezza e il 20% di terza grandezza appare un approccio eccessivamente rigido. In generale può essere data come indicazione di larga massima, ma consentendo ampi margini di elasticità, soprattutto per gli alberi di prima grandezza. Questi ultimi, infatti, hanno senso solo là dove hanno lo spazio per sviluppare appieno la propria chioma potenziale. In certi contesti sono più adatti gli alberi più piccoli (ad es. in prossimità di muri di palazzi, di fili elettrici, di condutture sotterranee). Può essere inoltre opportuno suggerire di preferire l’impianto di chiazze arboree, evitando impianti eccessivamente geometrici.

Tra i criteri per la scelta delle specie si dice inoltre di “evitare l’impiego di specie infestanti (vedi allegato n. 4 – elenco delle specie vietate)”. La tabella dell’all. 4 tuttavia riporta un unico elenco alfabetico delle “Specie vegetali vietate o soggette a restrizioni” nella cui seconda colonna è riportata la motivazione (tossica, infestante ecc.). Non è però precisato quali specie sono vietate né a quali restrizioni sono soggette le altre. È più che opportuno ristrutturare la tabella in una sezione “specie vietate” (tra le quali è sicuramente da inserire l’ailanto) e una sezione “specie soggette a restrizioni” precisando la relativa motivazione e la natura delle restrizioni (divieto? limitazione del numero di esemplari? limitazione a determinati contesti?).
Per le specie aliene invasive (in particolare per l’ailanto) è inoltre opportuno non limitarsi a vietarne l’impianto ma prescriverne attivamente la lotta, magari fornendo anche le corrette indicazioni tecniche per realizzarla.

Art. 22 – Adozione e sponsorizzazione di aree verdi (pag. 68-69). In merito alle sponsorizzazioni, considerato che queste non devono diventare elemento fondante della gestione del verde, il quale deve rimanere nelle aree pubbliche assolutamente di fruibilità della collettività, sarebbe preferibile dire che l’amministrazione le “consente” (anziché le “favorisce”).

Allegato 6 – Linee Guida per la Progettazione e Gestione del Verde Urbano.
Considerato il ruolo fondamentale svolto dalla vegetazione e dalla permeabilità del terreno nel contrastare sia le cause che gli effetti della crisi climatica (alluvioni, siccità, isole di calore), le misure individuate nelle Linee guida appaiono eccessivamente timide.

Nel Cap. 2.1 – Verde attrezzato, a) criteri progettuali operativi, punto 5-Superfici permeabili, si dice infatti che “almeno il 70% della superficie complessiva deve essere inerbita, pacciamata o trattata con materiali drenanti. Le pavimentazioni impermeabili sono da limitare”. Considerata l’odierna disponibilità di una vasta gamma di pavimentazioni drenanti (compresi asfalti e calcestruzzi), la prescrizione potrebbe essere ben più ambiziosa (fino al divieto totale delle pavimentazioni impermeabili).

Nel Cap. 2.4 Verde nei parcheggi, Criterio progettuale operativo 3. Permeabilità e drenaggio si dice che “Almeno il 30% della superficie complessiva dell’area (comprendendo stalli e viabilità interna) deve essere permeabile o semi-permeabile (pavimentazioni filtranti, grigliati erbosi, calcestruzzi drenanti).”
Considerato che gli stalli possono essere realizzati con griglie in cemento (o altri materiali) con ampi fori che consentono la crescita erbacea e che anche le strade interne al parcheggio possono essere realizzate con materiali porosi drenanti (cementi, resine, lastre ecc.) riteniamo che si possano raggiungere obiettivi di permeabilità molto più ambiziosi (vicini al 100%).

Esprimiamo apprezzamento, invece, per la previsione “I cordoli delle aiuole devono essere interrotti in più punti per favorire l’afflusso delle acque meteoriche”, alla quale suggeriamo di aggiungere che le pendenze delle pavimentazioni devono essere tali da favorire il recapito delle acque meteoriche alle aiuole.

• Suggeriamo inoltre l’introduzione (nel Piano del verde) del concetto “Città 15 minuti”, cioè di pianificare la città in modo tale che ogni abitante possa raggiungere i servizi essenziali (casa, lavoro, scuola, negozi, svago) e le aree verdi in massimo 15 minuti a piedi o in bicicletta. Creando quartieri dotati di servizi di base facilmente accessibili si favorirebbe la riduzione del traffico e il miglioramento della qualità della vita.

• Auspichiamo infine che siano largamente recepiti nell’intera pianificazione urbanistica (Piano del verde compreso) i principi e gli accorgimenti tecnici delle “Città spugna”, fondamentalmente mirati a favorire ovunque la permeabilità del suolo, puntando in particolare a realizzare estese depavimentazioni (o almeno a pavimentazioni permeabili per strade, piazze, marciapiedi) ed altri accorgimenti (giardini della pioggia, trincee e scoline drenanti, ecc.) volti, nel loro insieme, a evitare o ridurre la raccolta e lo smaltimento in fognature delle acque meteoriche, ispirandosi al principio di ridurne lo scorrimento superficiale e di far infiltrare le piogge nel terreno (rimpinguando la falda) il più vicino possibile al punto in cui esse cadono.

Carrara, 28 ottobre 2025
Legambiente Carrara
 

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