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Altre 150 brevi ragioni tecniche contro il TAV in Val di Susa

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N.d.r.: si riporta qui una sintesi del documento originale di Pro Natura Piemonte

 

ALTRE 150 BREVI RAGIONI TECNICHE CONTRO IL TAV IN VAL DI SUSA

Per i 150 anni dell’ Unità d’Italia
(di Mario Cavargna, Presidente di Pro Natura Piemonte e master di ingegneria ambientale)

 

1) La TAV Lione-Torino è inutile, perché le ipotesi di traffico su cui si basa sono state smentite dalla realtà dei fatti, che mostrano una inarrestabile caduta dei movimenti di merci e di passeggeri sulla sua direttrice.

2) Al Frejus il traffico merci della ferrovia esistente è sceso a 2,4 milioni di tonnellate (Mt) nel 2009: poco più di un decimo delle previsioni del progetto TAV (20 Mt al 2010).

3) Dalla metà degli anni ’90 al 2009 i due tunnel autostradali del Frejus e del Monte Bianco hanno perso un terzo del traffico (scendendo a 18 Mt, come nel 1988, cioè 22 anni fa). Ciò dimostra che non c’è ragione di costruire delle nuove infrastrutture.

 

L’insostenibilità dei costi

4) Oltre all’inconsistenza delle motivazioni vi è l’insostenibilità del costo: per la parte comune italo-francese, che comprende il tunnel di base, il dossier presentato alla Unione Europea nel 2007 preventiva un costo di 13,95 miliardi di euro correnti, di cui 10,8 miliardi sarebbero a carico dell’Italia.

5) Per la tratta italiana sino al raccordo con Torino il costo in euro correnti è altri di 5,8 miliardi, ai quali andranno aggiunti gli inevitabili aumenti, gli interventi necessari al nodo di Torino e l’acquisto del nuovo materiale rotabile.

6) Gli adeguamenti dei prezzi possono riservare amare sorprese. Il solo adeguamento dei prezzi 2004-2009 ha comportato un aumento del 30 % in 5 anni!

7) Non sembra dunque fuori luogo prevedere un raddoppio dei costi di tutta l’opera ed ipotizzare per la Torino-Lione un costo per l’Italia di 35 miliardi di euro. Le spese della Roma-Firenze sono cresciute di 6,8 volte rispetto ai preventivi, quelle della Firenze-Bologna di 4 volte, quelle per la Milano-Torino di 5,6 volte.

8) Il costo al km è impressionante: dividendo gli 8,8 miliardi che pagherà effettivamente l’Italia per i suoi 35,5 km della parte comune si arriva a 250 milioni per km.

9) Le merci della TAV non potranno attraversare le gallerie del nodo di Torino, perché le normative di sicurezza impediscono il passaggio contemporaneo di passeggeri e merci nelle gallerie che passano sotto la città. Sarà perciò necessaria la costruzione di una “Gronda merci” che incrementerà i costi.

10) Occupazione: il progetto della tratta italiana prevede una media di 1020 unità lavorative su una durata di 7 anni. Rimanendo sempre all’ipotesi ottimistica di 8,8 miliardi di euro del 2006, in termini di occupazione questa cifra corrisponde a 9 milioni di euro per ogni addetto che lavori per 7 anni. Quanti interventi a favore dell’occupazione si potrebbero fare utilizzando diversamente importi di questo peso?

11) Il tunnel di base avrà costi altissimi anche per la sola manutenzione ordinaria. Per questa voce, in cui incidono fortemente le spese di raffreddamento, necessario per far scendere la temperatura a 32°C, i proponenti preventivano 65 milioni di euro all’anno. Sulla base dei costi del TGV France Nord è stata calcolata una spesa annuale di 450 milioni di euro.

12) Ma questo sarebbe solo l’inizio: il presidente della Commissione Trasporti del Parlamento Europeo ha scritto che dopo la Torino-Lione bisogna trovare altri 26 miliardi (di primo preventivo) per completare il corridoio italiano sino alla frontiera slovena. Si tratta di cifre che danno l’idea di quale sia l’entità dell’esborso che è nell’interesse di tutti fermare, prima che l’economia italiana affondi.

13) I fondi necessari per la Torino Lione sono direttamente sottratti ad altri interventi. Già con i primissimi finanziamenti necessari al tunnel geognostico di Chiomonte si è cominciato a prelevare dai fondi che erano già destinati alla messa in sicurezza delle scuole, alle opere di risanamento ambientale e all’innovazione tecnologica.

 

Le critiche ufficiali al progetto

14) Le due perizie più autorevoli fatte sulla Torino-Lione sono quella commissionata dal Ministro dei Trasporti francese e quella commissionato dal Governo francese: entrambe hanno stroncato decisamente il progetto. In Italia non è mai stata fatta una analoga verifica.

15) Il rapporto Brossier dice che “occorre attendere l’evoluzione del contesto internazionale e particolarmente in Svizzera ed Austria, prima di intraprendere un nuovo traforo sotto le Alpi”; che il nuovo tunnel per il TGV e l’autostrada ferroviaria sulla Torino-Lione “non sono una priorità”, e che “conviene intervenire sulla linea esistente”.

16) Nell’audit realizzato nel 2003 dal Conseil Général des Ponts et Chaussées le proiezioni presentate da LTF vengono giudicate inattendibili. L’audit conclude che nell’orizzonte ventennale del 2023 “al Frejus passerà un traffico nettamente inferiore (!) a quello del recente passato.

17 ) Remy Prud’homme, economista, professore emerito di Economia all’Università di Parigi, ha valutato che la TAV Lione-Torino comporterebbe uno spreco di circa 19 miliardi di euro per la tratta internazionale, anche quando si accetti il punto di vista dei proponenti sui cosiddetti benefici esterni dell’opera.

18 ) Marco Ponti, Marco Boitani e Francesco Ramella, nel loro saggio “Le ragioni liberali del No alla Torino-Lione”, sottolineano “la inesistenza di una domanda passeggeri merci tale da giustificare questa linea”. Per Marco Ponti “questo progetto non andava neppure presentato“. Se lo si fosse ascoltato, l’Italia avrebbe già risparmiato mezzo miliardo di euro.

19) Una ricerca svolta all’Università di Siena da M. Federici e continuata da M.V. Chester e A. Horvarth sottolinea che “Il trasporto ferroviario è peggiore del trasporto stradale per le emissioni di CO2, particolato ed SOx, mentre sono confrontabili i valori di altre specie gassose.

 

L’ampia capacità delle infrastrutture esistenti

20) Il Trattato italo-francese del 29 gennaio 2001, dice che la nuova linea “dovrà entrare in servizio alla data di saturazione delle opere esistenti” e l’avvocatura di stato francese ha sentenziato nel 2003 che se non c’è prospettiva di saturazione, non c’è impegno. Da allora la saturazione dei valichi italo-francesi è addirittura svanita dall’orizzonte, a causa della radicale e duratura riduzione del traffico merci: eppure il progetto è rimasto.

21) La Valle di Susa ospita già la linea ferroviaria internazionale del Frejus, continuamente ampliata ed ammodernata. Ciononostante è stata utilizzata negli ultimi tre anni mediamente per meno di un quarto della sua capacità. Prima di costruire nuove infrastrutture si deve dimostrare di saper sfruttare quelle esistenti.

22) Il tunnel della attuale ferrovia del Frejus è stato rifatto per permettere il transito dei container su camion sino alla sagoma di 4,05 metri: i lavori hanno restituito un’opera grandiosa e modernissima. La questione della differenza di sagoma con i 4,20 del nuovo progetto è peregrina, perché anche i più grandi container passano senza problemi: pertanto il nuovo progetto è del tutto inutile.

23) In Val di Susa tra il 1973 ed il 1994 sono stati costruiti anche il tunnel autostradale e l’autostrada del Frejus. Un loro ragionevole utilizzo ai livelli attuali evita che i danni sopportati si trasformino in una beffa.

24) Il Piemonte ha già una sufficiente rete di collegamenti: ad Ovest un tunnel autostradale ed un tunnel ferroviario transalpini, a Nord i due della Valle d’Aosta. A Sud è collegato da 3 autostrade ai tre grandi porti della Liguria e ad Est è collegato con la pianura Padana da tre ferrovie e due autostrade.

25) In un territorio già ben servito non è vero che le infrastrutture creino un vantaggio. Le imprese emigrano verso paesi stranieri che hanno strutture per i trasporti decisamente inferiori alle nostre, perché là il costo del lavoro è minore e perché l’ Italia non ha risorse per ridare competitività e per incentivare ricerca ed innovazione. Pertanto i miliardi destinati alla Torino-Lione, che vengono sottratti a questi capitoli di spesa, penalizzano l’Italia.

26) L’insieme delle nostre infrastrutture transalpine è utilizzato al 30% della sua capacità; anche la domanda globale di trasporto attraverso le Alpi ha cominciato a scendere ovunque. Le situazioni di ingolfamento sono tutte nei nodi urbani, ed è lì che bisogna intervenire: la Torino-Lione, dilatando la capienza ai valichi dove essa è sovrabbondante, sottrae risorse che sarebbero necessarie a risolvere il congestionamento dei nodi urbani.

 

La caduta del traffico merci su questa direttrice alpina

27) Anche escludendo l’anno di crisi del 2009, dal 2005 al 2008 il traffico delle merci al traforo autostradale del Frejus è calato del 12%.  Le previsioni di alluvioni di TIR attraverso le nostre Alpi si sono rivelate del tutto false.

28) La perdita di traffico mercantile da parte dei tunnel alpini italo-francesi, sia ferroviario sia stradale, è dovuta al fatto che Italia e Francia sono due economie mature che scambiano meno che in passato perché il mercato globale ha sostituito quello reciproco.

29) I soli valichi alpini che hanno avuto una crescita in periodi recenti sono quelli della direttrice Nord-Sud, per il collegamento con le economie dell’ex blocco sovietico che si sono unite alla Unione Europea, ma la Torino-Lione è inequivocabilmente una direttrice Est-Ovest e non può intercettare nulla.

30) La caduta dei traffici ha spinto l’Austria a mettere una moratoria di cinque anni sul progetto del traforo ferroviario del Brennero i cui lavori dovevano iniziare nel 2011: è la premessa ad una sua definitiva cancellazione. Se ci si è fermati sulla direttrice del Brennero dove il transito internazionale è di 39 Mt, come si può continuare su quella del Frejus, dove il transito è di soli 2.5 Mt?

31) Le cose non vanno meglio per il traffico passeggeri internazionale. Nel 1993, alla presentazione del progetto, i passeggeri erano 1,5 milioni e si prevedeva che salissero ad 8,5 milioni nel 2002, invece sono scesi a 750.000!

 

Dati reali contro false previsioni

32) Le previsioni di traffici sono fondamentali per la decisione: è da esse che si deve capire se l’intervento sarà utile o peserà con un gigantesco buco finanziario. La fonte dei dati storici transalpini sono le statistiche ALPINFO che quantificano con precisione i flussi di merci passanti attraverso i 17 più importanti valichi dell’arco alpino. Ma i proponenti della Torino-Lione, pur riconoscendole, non hanno mai accettato di confrontarsi con esse; manca quindi l’elemento essenziale per convalidare il progetto.

33) LTF non tiene conto delle rilevazioni dei transiti come quelle di Alpinfo e non ha mai accettato di discutere la validità delle proprie previsioni, neanche quando si è visto che, dal 2002, i suoi dati mostravano una tendenza opposta all’andamento effettivo. Ad oggi lo scostamento tra dati reali e dati previsti è del 500%, cioè 2,2 MT reali contro i 10 MT previsti da LTF per il 2009. Ma LTF non ha mai operato alcun ripensamento; anche l’Osservatorio, nonostante la discordanza dei dati, non ha mai messo in discussione il modello proposto da LTF.

34 ) Le previsioni di traffici merci della Torino-Lione sono state calcolate anche dalla SBB. Il loro modello prevede che il nostro asse ferroviario possa stabilizzarsi appena sopra 10 MT; 11 MT al 2025, cioè circa un quarto dei 40 MT “previsti” da LTF per il 2030! Ma l’Osservatorio e LTF hanno sentenziato che è SBB a dover cambiare i propri metodi di calcolo.

35) Una delle più gravi omissioni delle previsioni di LTF è la mancata valutazione dell’impatto sui trasporti transalpini che sarà creata dalla messa in esercizio delle due direttrici ferroviarie che la Svizzera ha concordato con l’Unione Europea. L’ampliamento del Lötschberg-Sempione (già in esercizio) per ulteriori 20 MT e soprattutto il Gottardo (in esercizio dal 2017) per 40 MT, creeranno una forte capacità di traffico la cui concorrenza renderà ancor più labili le prospettive di utilizzo dei nostri valichi occidentali.

36) L’indifferenza verso la fornitura di dati scorretti e tendenziosi, a puro scopo di propaganda, si è resa evidente anche nel grande stand allestito dalla Regione nell’atrio di Porta Nuova nel 2006, con gli slogan: “Il traffico commerciale delle Alpi è cresciuto di 11 volte in 25 anni”, “La attuale linea ferroviaria Torino-Lione non può più far fronte al sempre maggiore aumento di scambi commerciali (!)”, “In assenza della nuova linea ferroviaria la ferrovia raggiungerà il suo limite di capacità tra il 2015 ed il 2017 (!)”.Val la pena di sottolineare la prima: i dati di Alpinfo davano il traffico merci poco più che raddoppiato in 25 anni (altro che un aumento di 11 volte!). LTF e la Regione non hanno corretto il dato neppure di fronte ad un esposto per propaganda scorretta e tendenziosa.

37) Il trattato di Torino motiva il tunnel di base con l’ipotesi della saturazione dei valichi. Ma l’Osservatorio ha capovolto la questione: visto che non c’è questa prospettiva, ha lavorato per dimostrare la presunta saturazione della linea di pianura, “se si farà il tunnel di base”!

 

Il flop dell’Autostrada Ferroviaria e del trasferimento modale

38) L’obiettivo dell’Autostrada Ferroviaria Alpina era realizzare l’Alta Capacità ed il trasferimento modale: l’A.F.A. sarebbe stata costituita da vagoni di nuovo tipo, i Modalohr, per formare treni tre volte più lunghi dei merci attuali, che avrebbero dovuto caricare TIR completi, motrice compresa. È stata l’ipotesi di questi treni, che impone le pendenze inferiori al 15‰, ad aver imposto la scelta del tunnel di base e le sagome. Ma, dopo 7 anni di sperimentazione, i risultati di questo sistema sono stati disastrosi: l’ultimo progetto relega l’uso dei Modalohr ad un misero 15% del totale.

39) Il servizio sperimentale è iniziato nel 2003 sulla linea attuale, con 4 coppie di treni da 17 carri al giorno, che presto sarebbero salite ad 8 coppie. Le coppie sono rimaste 4, ma ogni treno, dal 2006, è stato ridotto ad 11 carri, per l’insuccesso tecnico ed economico della sperimentazione, sebbene i due governi l’avessero indicata come elemento esclusivo e qualificante della nuova linea.

40) L’ Autostrada ferroviaria con i Modalohr è stata un completo fallimento: i TIR completi, per cui è stata costruita, sono solo una piccola quota dei ridottissimi traffici che riesce a catturare. Il resto sono semirimorchi di merci pericolose. L’A.F.A. ha trasportato 15-17.000 mezzi l’anno: contro gli 800.000 che passavano nel tunnel autostradale del Frejus; ha assorbito solo il 2% del traffico su strada.

41) Ma il fallimento è soprattutto nel deficit di bilancio gestionale: un deficit di 1.000 euro a carico delle finanze pubbliche per ogni viaggio di camion sulla Autostrada Ferroviaria, in aggiunta ai circa 300 euro che paga l’autista.

42) Il presidente dell’A.F.A. nel 1° “Quaderno” dell’ Osservatorio, ammette che i ricavi sono solo il 33% dei puri costi e afferma: “Da questa analisi economica e finanziaria del progetto risulta che non c’è speranza di poter rendere redditizio il traffico accompagnato (cioè il TIR + autista, che è la chiave del progetto) che pesa fortemente sul bilancio, occupando inutilmente la capacità sui vagoni ed imponendo spese”. Anche secondo la Hupac, il principale operatore del trasporto combinato in Europa, “il servizio, che costituisce solo il 3,5% del totale, è svolto per mandato governativo ed ha carattere residuale in quanto è poco conveniente economicamente e poco efficiente sotto il profilo ferroviario”.

43) L’autostrada ferroviaria è sbagliata anche dal punto di vista energetico: caricare la motrice vuol dire trasportare un peso morto. Il rapporto COWI calcola che, in un anno, un convoglio merci ordinario trasporta 175.000 tonnellate di merci mentre, a parità di peso dei treni, un convoglio della autostrada ferroviaria trasporta solo 75.000 tonnellate, cioè meno della metà. In pratica, l’A.F.A dimezza la capacità della linea, cioè raddoppia il consumo energetico!

44) Dunque l’autostrada ferroviaria dimezza le capacità di una linea, raddoppia il consumo energetico ed è economicamente disastrosa. Per le merci conviene caricare in ferrovia solo il semirimorchio o, meglio ancora, il solo container, soprattutto quelli che arrivano via mare. Non ha senso né da un punto di vista energetico né da quello economico sbarcare il container dalla nave, caricarlo su un camion e poi caricare il camion sulla ferrovia!

 

Le favole del corridoio 5, della sicurezza, del risparmio energetico e del trasferimento modale

45) Il Corridoio 5, esteso tra Lisbona e Kiev, è una pura favola. Si può definire “corridoio” una direttrice di traffico percorsa in modo uniforme per gran parte del suo sviluppo, che merita perciò una infrastrutturazione uniforme; ma se alcuni segmenti hanno un traffico insignificante, darle una strutturazione uniforme è solo un immenso spreco. Ma il traffico tra Lione e la pianura Padana è scarso ed in diminuzione da un decennio: figuriamoci quello tra aree con caratteristiche enormemente inferiori! Il traffico merci dalla Penisola iberica sceglie l’itinerario costiero, senza “risalire” a Lione. Ad est, a parte il pochissimo traffico con la Slovenia e l’Ungheria, è più conveniente il traffico marittimo.

46) Infatti le rilevazioni dei transiti indicano che non esiste un vero corridoio merci neppure tra Lione e Torino: la linea ferroviaria merci francese che dovrebbe immettersi nel nostro tunnel di base proviene da Digione, mentre le merci dalla Francia del Nord e dalla Gran Bretagna vanno su Milano attraverso il Sempione, che è il suo asse naturale. Il traffico su strada che attraversa il tunnel autostradale del Frejus è invece per due terzi un traffico di prossimità tra le regioni Piemonte e Lombardia e le omologhe francesi.

47) Un’ altra favola è quella della maggior sicurezza della nuova linea. La LTF prevede 250 treni al giorno, che nelle ore di punta, si susseguano, per ogni senso di marcia, in sequenze composte ciascuna da un treno TGV a 220 km/h, tre treni di autostrada ferroviaria a 120 km/h e due treni merci a 100 km/h. Treni a diversa velocità sulla stessa linea imporrebbero pause e distanze di sicurezza per evitare che il treno più veloce raggiunga e investa quelli più lenti. Sulla linea attuale questo rischio è quasi inesistente perché le differenze di velocità sono minori e ci sono diversi punti di scartamento per far sorpassare i treni lenti.

48) Nella nuova linea ogni treno potrebbe tardare o anticipare solo di due minuti e, tutti insieme, avrebbero solo un margine di 5 minuti ogni ora: se l’errore fosse superiore, scatterebbero blocchi del traffico oppure tamponamenti nel tunnel a velocità elevatissima.

49) Se si parla di sicurezza del sistema bisogna immaginare lo stato d’animo dei macchinisti che dovrebbero viaggiare dentro al tunnel alla massima velocità, senza sforare dai due minuti loro concessi, sperando che i colleghi davanti e dietro facciano lo stesso; e quello dei passeggeri dei TGV che viaggerebbero a 220 km/h nel tunnel di base, sapendo di avere davanti a sé treni merci e carichi di TIR, molto più lenti, che devono scartarsi e reimmettersi con margini temporali da brivido.

50) La nuova linea, volendo ospitare i due tipi di traffico, avrebbe una capacità appena del 10% superiore rispetto a quella attuale, quindi soli 250 treni contro i 225 di cui si è detto che è capace la linea attuale (cfr. 61), e non i 350-400 che si favoleggiano per la cosiddetta Alta Capacità.

51) Anche il risparmio energetico del tunnel di base è una favola. Come si è già detto al punto 43, un treno della autostrada ferroviaria trasporta un peso utile che è solo il 42% di quello di un treno merci ordinario, di conseguenza il consumo energetico è di oltre due volte a parità di peso netto trasportato. Una ricerca dell’Università di Siena ha dimostrato che “il TAV mostra valori sistematicamente peggiori del trasporto ferroviario classico e la causa è da ricercarsi nella eccessiva infrastrutturazione del TAV e nella eccessiva potenza dei treni. Un TAV emette un 26% di CO2 in più rispetto ad un treno classico e il 270% in più rispetto ad un camion”.

52) In più va ancora calcolato l’enorme consumo energetico per il raffreddamento del tunnel per portare a 32°C l’ambiente caldo di roccia profonda che arriva a superare i 60°C. Il consumo annuo di 175 milioni di kW/h, più 12-15 milioni di kW/h per la ventilazione dei 120 km di gallerie, rende passivo il bilancio energetico del tunnel di base.

53) L’insistenza sulla parola “strategico”, come parola magica che giustifica tutto, e l’asserzione che l’investimento in una opera pubblica possa essere una scommessa sono irresponsabili. Nessuna strategia e nessun investimento possono prescindere dalla conoscenza dei fatti.

 

La favola della piattaforma logistica e della concorrenza al traffico marittimo

54) L’ultimo slogan inventato per sostenere la Torino-Lione è che Genova sarebbe ideale per intercettare le navi porta containers che arrivano da Suez con destinazione i porti del Nord Europa, per portare loro le merci su ferrovia attraverso i tunnel transalpini. Ma ad una nave porta containers conviene proseguire per Amsterdam-Rotterdam (invece di “risalire” a Genova): il costo sarebbe circa 100 € per container. Come si può pensare di fare concorrenza scaricando il container a Genova, metterlo su un camion, mettere il camion su un treno e pagare il nolo della nuova ferrovia e del tunnel di base, per portarlo nel cuore dell’Europa?

55) Spostare le merci via mare costa molto meno che spostarle per terra: conviene quindi arrivare ai porti più vicini. Così ogni stato si è organizzato con i propri: Genova ed i porti liguri per l’area padana, Gioia Tauro per l’ Italia centro-meridionale, ecc. Perché dovrebbero rinunciare alle loro strutture per prendere una ferrovia tra Lione e Torino?

56) I porti possono anche alleggerire direttamente il traffico terrestre con le cosiddette autostrade del mare: navi traghetto che imbarcano i mezzi pesanti evitando loro di percorrere le congestionate vie terrestri. Si tratta di trasferimenti modali comparabili con quelli immaginati per la Torino-Lione, ma con costi di installazione irrilevanti perché i porti ci sono già. Un motivo di più per rilevare che le immense risorse destinate alla Torino-Lione sarebbero completamente sprecate.

57) È impossibile che la ferrovia strappi merci al traffico marittimo. Ci sono solidi motivi per cui il 90% del traffico internazionale mondiale utilizza il mezzo marittimo: le navi hanno enormi capacità di carico e quindi un enorme abbattimento dei costi. Una nave che porti 4.000 container trasporta quanto 50-80 treni.

 

Le favole aggiunte dai “Quaderni” dell’Osservatorio

58) Stabilito che la linea da Bussoleno a Modane non corre pericoli di saturazione, si è lavorato a dimostrare la possibilità di saturazione di quella tra Bussoleno e Torino.

59) Si è raddoppiato il numero dei treni merci necessari a trasportare lo stesso quantitativo di merci prevedendo che l’Autostrada Ferroviaria utilizzasse solo carri Modalohr che, trasportando anche la motrice, dimezzano il carico utile.

60) Si è accettato che quasi metà della capacità della linea esistente venga “sequestrata” dalla Agenzia di Mobilità Metropolitana che ha immaginato di mettervi sopra 80 treni merci al giorno in concorrenza con la metropolitana. Sebbene l’Osservatorio abbia scritto che quello della Agenzia di Mobilità Metropolitana non è un “progetto”, ma un “desiderio di utilizzo”, si è arrivati all’assurdo che diventa necessario costruire una nuova linea internazionale ed un tunnel di base perché la parte intorno a Torino della linea esistente viene occupata da un progetto cittadino, anziché essere quest’ultimo ad aggiungere un eventuale binario.

61) Tutte le tesi mostrano come RFI e LTF abbiano cercato di confondere la realtà. Nei “Quaderni” dell’Osservatorio, RFI ha accettato per la linea attuale una potenzialità di soli 152 treni al giorno, anziché di 230, ammessi dal suo capo compartimento. Il fine è far risultare la linea attuale insufficiente all’obiettivo politico dei 20 MT, sebbene questa potenzialità sia sempre stata ammessa nei precedenti documenti ufficiali.

62) I “Quaderni” non hanno fatto un confronto critico con i limiti e le capacità di altre tratte ferroviarie analoghe, gestite da altri soggetti, come il Lötschberg ed il Gottardo. Si scrive che i vincoli di utilizzo del corridoio del Frejus sono legati alla insufficienza della sagoma, ma non si dice che questo vincolo è legato all’utilizzo dei carri Modalohr.

 

La inaffidabilità di LTF

63) Il modello di LTF per la previsione traffici di LTF non è partito da rilevazioni statistiche, ma da una inchiesta di origine e destinazione su un campione di TIR corrispondente circa allo 0,5% dei transiti dell’area. Poi ha posto vincoli di assoluta fantasia sulla capacità futura degli altri valichi alpini. Infine ha posto sulla Torino-Lione la condizione di preferenza grazie all’uso esclusivo dei carri Modalohr. Così ha immaginato che l’80% dell’aumento del traffico ferroviario previsto tra 2020 e 2050 su TUTTO l’arco alpino si trasferisca sulla Val di Susa: un vero assurdo!

64) LTF è priva di affidabilità tecnica: i tre scavi che ha gestito si sono dimostrati un clamoroso fallimento. Per la discenderia di Modane, lunga 4.000 m, ha impiegato 5 anni, corrispondenti a 2 metri al giorno. Per quella di La Praz, 1,3 metri al giorno e per quella di St Martin La Porte meno di un metro al giorno. I costi hanno più che raddoppiato i preventivi: in più, gravi superficialità circa la vendita di cemento contaminato da gessi hanno determinato l’abbattimento di numerose opere pubbliche ed edifici privati. Per il tunnel geognostico di Venaus-Chiomonte LTF ha raddoppiato il preventivo in cinque anni, ancor prima di cominciarlo. Che attendibilità di tempi e costi può avere nel progettare un tunnel di 58 km?

65) LTF ha mostrato di non aver alcuna preoccupazione di controllare la spesa. La Torino Lione potrebbe rivelarsi non il progetto di un’opera ma il progetto di una spesa fine a se stessa.

66) Gli impegni di LTF e dell’Osservatorio potrebbero rivelarsi promesse al vento. Per esempio il Piano di Sicurezza del tunnel geognostico di Chiomonte ricorda che “secondo il riferimento normativo, i cantieri per opere in sotterraneo devono essere provvisti di alloggiamenti per i lavoratori” per gli avvicendamenti notturni e la necessità di squadre immediatamente mobilitabili in caso di emergenze; eppure si continua a promettere che i lavoratori saranno ospitati localmente e che i movimenti di terra avranno soluzioni a bassissimo impatto. Un progetto che non rispetta gli impegni è destinato a bloccarsi nei contenziosi di ogni genere ed a non avere più fine.

 

Il progetto del tunnel geognostico di Chiomonte

67) Il tunnel geognostico di Chiomonte è un controsenso: queste opere dovrebbero essere realizzate il più vicino possibile al tunnel di progetto per conoscere la situazione geologica puntuale. Qui 3.500 metri su 7.000 saranno scavati in rocce prive di interesse, lontane dal tunnel in progetto: il tutto al costo di 165 milioni di euro! Inoltre il sondaggio trascurerebbe gli 8 km iniziali, quelli dove tra il 1995 ed il 2005 la A.E.M. ha raddoppiato i tempi ed i costi della costruzione della centrale di Pont Ventoux per la pessima qualità della roccia e le venute d’acqua che hanno inchiodato la talpa TBM ed hanno addirittura imposto di cambiare la localizzazione della centrale.

68) La collocazione di 225.000 m3 di smarino (materiale di scavo) del tunnel di Chiomonte in un sito assolutamente inadatto, che richiede 153.000 metri di fondazioni in getto di cemento da un metro e mezzo di diametro, mostra indifferenza verso l’incremento dei costi.

69) Il progetto del tunnel di Chiomonte ha avuto un centinaio di prescrizioni e rilievi. Ma l’osservazione che non si può considerare definitivo un elaborato con tante sostanziali carenze, si è scontrato con la decisione politica di farlo approvare dal CIPE in tempi stretti.

70) Nella VIA per il cunicolo di Venaus del 2007 si criticava duramente l’ipotesi di Chiomonte. Si scriveva che la scelta di Venaus era dovuta al fatto che due alternative proposte (quella di Chiomonte ed una gemella) erano “penalizzate entrambe dallo scavo in discesa con rischi tecnici e costi maggiori, compresi quelli della sicurezza, e dalla mancanza di fornitura di dati per il primo tratto di galleria dopo l’imbocco”. Nonostante questa stroncatura, si è scelto di fare il tunnel di Chiomonte, ma la coscienza di fare una scelta sbagliata doveva essere presente nella mente dei progettisti perché nella comparazione delle possibili alternative a Chiomonte è stata tolta l’ipotesi di Venaus per evitare di fare un confronto.

 

Il progetto della tratta italiana della parte comune

71) Il progetto consiste in 57,2 km della galleria internazionale a doppia canna. All’uscita, presso Chiusa di San Michele, è prevista la connessione con la linea storica: un’opera gigantesca che porta le linee ad interrarsi per chilometri in aree abitate nel tratto tra Avigliana e Chiusa, ma il cui sviluppo complessivo è solo da immaginare, dal momento che non è stata presentata la parte successiva tra Chiusa ed il nodo di Torino.

72) L’Osservatorio, su mandato della Regione, ha imposto che, all’altezza di Rosta, la linea del TAV, invece che proseguire per Venaria, faccia un’ampia curva sino all’interporto di Orbassano, che raddoppia il percorso. Stante che Orbassano ha perduto la sua funzione con la ristrutturazione della FIAT, passando dallo smistamento di 3000 vagoni a 300 e da 500 camion a meno di 50, pare assurda la deviazione che allunga il percorso di 10 km, quando si spendono 17 (e forse 35) miliardi di euro per ridurre il percorso del TAV tra Modane e Torino di 20 km.

73) La soluzione in destra di Dora non è meno impattante di quella in sinistra: vi sono effetti diversi, un minor impatto per le rocce amiantifere e per la piana di Bruzolo, contro un maggior impatto rispetto a zone densamente abitate come il tratto tra Avigliana e Chiusa. La decisione è stata politica: si doveva far vedere che si cambiava per poter convincere l’Unione Europea che le situazioni di conflitto che avevano portato agli scontri del 2005 erano state superate.

74) Il progetto presentato da LTF nel 2010 non teme di contraddirsi con quello precedente. Nel 2003 lo studio per la VIA diceva che i progettisti avevano escluso di passare sotto il Cenischia “per fortissimi rischi idrogeologici, quali l’effetto diga sulla falda superficiale“. Anche qui sarebbe stato doveroso che, facendo nel 2010 invece proprio questa scelta, si discutesse il rischio prospettato nel progetto precedente.

75) Parti del progetto gravemente lacunose sono state evidenziate anche dal pool di esperti che ha lavorato per la Comunità Montana delle valli di Susa e del Sangone esprimendo 108 pagine di rilievi, sui costi e benefici, sui flussi di traffico, sul progetto, sulla sicurezza delle gallerie, sull’impatto sull’ambiente e sulla salute.

 

La stazione di Susa

77) La stazione internazionale di Susa è un esempio delle assurdità di questo progetto: avremo a Susa una stazione sulla nuova linea, ma senza connessione con la linea attuale, ed a Chiusa di San Michele, 20 km più a valle, una interconnessione tra le due linee, ma senza stazione. Ovviamente, a Saint-Jean-de-Maurienne, sul lato francese, la stazione coincide con l’interconnessione per consentire un proseguimento dei treni o l’immediato passaggio da uno all’altro.

78) La stazione internazionale di Susa è nel solco di un inganno che sfrutta l’ambizione del capoluogo ad un ruolo più forte. Susa non è nuova a farsi illudere: il centro doganale dell’autoporto fu inaugurato nel 1985 ma chiuso nel 1992 per la eliminazione delle dogane. Il grandioso progetto “Annibale 2000” (centro alberghiero e commerciale) era così poco realistico che non si arrivò neppure alla progettazione preliminare. Lo stand permanente della “Porta d’Italia”, inaugurato nel 2001, fu chiuso l’anno stesso… Questi precedenti fanno dubitare del progetto della stazione: sarà un enorme spreco di soldi fatto solo per soddisfare una ambizione momentanea.

79) Il futuro turistico di Susa non è legato al turismo ferroviario: nessuno può pensare che da Parigi o da Milano si prenda un treno veloce per fare una tappa a Susa. Il turismo di Susa è legato agli spostamenti con autobus o auto. Ma la sua attrattiva verrà compromessa se nell’immediata periferia si impianterà l’enorme cantiere di 3 km di lunghezza (!) a servizio del tunnel di base, con tutti gli impatti per l’immagine, il traffico e le polveri. Il cantiere costituirà per almeno 20 anni il vero “accesso turistico” della città, senza potersi illudere che l’aspetto cambierà dopo.

 

È credibile questa Valutazione di Impatto Ambientale?

80) Anche questa volta non è stata una presa in considerazione l’opzione zero, cioè sfruttare le strutture esistenti anziché costruirne delle nuove.

81) Se nel progetto 2010 il numero di treni Modalohr diminuisce a soli 9 su 63 (invece di costituirne il 100%), occorre rivedere le previsioni di LTF che assegnavano proprio ai Modalohr la capacità di attirare traffici merci. Ed anche l’utilità o meno di mantenere la sagoma del tunnel che era richiesta dal loro esercizio. Il tutto potrebbe ridursi a rendere pienamente sufficiente il rinnovato tunnel della linea attuale.

82) La procedura di VIA è stata snaturata sopprimendo il decreto di compatibilità ambientale da parte del Ministero dell’Ambiente e del Ministero dei Beni Culturali ed affidando la istruttoria al Ministero delle Infrastrutture. Si tratta di procedure illegittime che violano le disposizioni di legge nazionali e le direttive comunitarie.

83) Anche la pubblicazione dell’avviso di apertura della VIA non avviene più con i riferimenti alle leggi che avevano recepito le direttive comunitarie, ma con il riferimento al codice degli appalti.

84) Per poter presentare il progetto, LTF ha scritto che, secondo il trattato di Torino, essa ha competenza sino a Chiusa: ma non è vero! Il trattato dice che il termine della parte comune è tra Bussoleno e Bruzolo, ed a valle di questo la competenza è di RFI. Di conseguenza LTF non ha titolo per progettare il tratto di 15 km a monte di Chiusa, e neanche di ricevere i relativi contributi. È un grosso illecito verso l’Unione Europea, ma anche un esempio di sfrontatezza.

85) Il progetto della Torino Lione è stato reinserito nella Legge Obiettivo, eppure nella domanda di contributo all’Unione Europea presentata a luglio 2007, che ha dato origine al contributo, è scritto che “la procedura seguita nel 2005 è variata a seguito del cambiamento della legge di riferimento, e cioè il passaggio dalla Legge Obiettivo alla procedura ordinaria”. Per l’Italia, tornare indietro e sopprimere le garanzie promesse mette in forse uno dei pilastri del contributo.

86) Il progetto della Torino-Lione è stato presentato a pezzi e per la procedura di VIA questo è illegittimo, perché impedisce di valutare l’insieme degli impatti dell’opera finale.

87) Eppure nel 2003 la presentazione delle due parti era stata contemporanea; il documento di Pra Catinat titola che: “Una regia unitaria è indispensabile”. Anche perché la VIA prescrive che i progetti siano presentati come opere complessive per evitare che i frazionamenti facciano perdere la veduta dell’insieme e che le approvazioni parziali condizionino poi come “decisioni già prese” le parti da valutare successivamente.

 

Gli impatti dei cantieri

88) I cantieri producono inevitabilmente rumori, polveri, disturbo, inquinamento e stravolgimento dell’ambiente: l’esperienza della autostrada sembrava aver mostrato tutto quello che non si doveva fare. Per il cantiere della centrale idroelettrica tra Pont Ventoux e Susa fu creata una Commissione Paritetica ed una Alta Sorveglianza dei lavori. Ma ci vollero tre anni dopo l’inizio dei lavori prima che la Provincia nominasse il suo rappresentante. Però subito dopo tornò il silenzio, e le proteste degli abitanti di Susa per i camion che attraversavano il centro abitato trovarono il vuoto. Gli organi di controllo servono a poco se gli enti che li sovrintendono sono pregiudizialmente dalla parte di chi fa i lavori.

89) La presenza dei cantieri provoca anche problemi di ingestibilità, perché le amministrazioni locali sono impossibilitate a far rispettare le leggi a tutela degli abitanti. Le imprese di grandi opere pubbliche si comportano da padroni e compiono tutte le operazioni utili per le loro necessità, anche al di là degli impegni e delle autorizzazioni.

90) Val la pena di rileggere l’esperienza dei sindaci del Mugello in un’intervista pubblicata a marzo 2010: “La prima lezione del Mugello è stata che in una grande opera ti dicono che faranno tutto per bene, che hanno pensato a tutto e che instaureranno un rapporto di piena collaborazione con il territorio: invece sono stati 14 anni di scontri”. “Abbiamo sempre trovato tecnici arroganti, ed anche se avevamo firmato tutti gli atti possibili, ci hanno sempre trattato come dei rompiscatole. Ogni contatto ed ogni rimostranza sono stati per noi un problema. Non abbiamo mai visto azioni preventive, ma abbiamo sempre dovuto rincorrere le emergenze. Si erano fatti una specie di lavaggio del cervello per convincersi che loro, gli ingegneri della grande opera, non potevano sbagliare, e soprattutto non potevamo essere noi a costringerli a riconoscere i loro errori”. “Poi, c’era il problema che ogni cantiere aveva un suo direttore, mentre, per i problemi più ampi, dovevamo mandare le pratiche all’Osservatorio nazionale dove non si sapeva più nulla per mesi e qualche volta non si è più saputo niente”. “Ci trovavamo di fronte a documenti difficili da decifrare e non siamo mai stati supportati: l’Osservatorio presso il ministero ha avuto un ruolo più di calmieratore che di organismo che volesse risolvere i problemi, ed alla fine non è più stato nemmeno nominato”.

91) Uguale impressione si era avuta da un incontro con i sindaci svizzeri dei paesi intorno al tunnel del Gottardo. Nel corso di una visita la delegazione italiana aveva raccolto dai sindaci dei dintorni del cantiere di Bodio uguali amarezze sull’ingestibilità dei cantieri.

92) I cantieri fanno scendere o crollare il valore abitativo delle case dell’intero territorio, legato alla minore congestione rispetto all’area metropolitana. I danni rimangono anche dopo: come ricorda l’esperienza del Mugello “le ditte sono sparite ed hanno lasciato i cantieri dov’erano. Nel 2010 ci sono ancora le aree di cantiere con baracche, materiali edili, ferro vecchio, discariche”.

93) La valle di Susa è stata per 40 anni oggetto di cantieri per grandi opere: la diga internazionale del Moncenisio, il raddoppio della ferrovia e dei tunnel ferroviari, il tunnel autostradale e l’autostrada del Frejus, la centrale idroelettrica di Pont Ventoux, senza contare le opere minori; ma questo non può essere una giustificazione per continuare. Il sovraccarico di opere di attraversamento e di cantieri in aree residenziali produce il cosiddetto “effetto Bronx”: quando rumori e disturbo superano una certa soglia, chi può si trasferisce e viene sostituito da una popolazione che accetta il disturbo perché può pagare di meno. Ciò si riflette nella manutenzione ed innesca una spirale di degrado della qualità abitativa. Un effetto del genere potrebbe verificarsi nella fascia abitata più prossima alla linea.

94) In territorio francese, vengono indennizzati gli immobili entro 150 metri dalla linea e comprati al prezzo di mercato, riconoscendo il disturbo creato dall’Alta Velocità. In territorio italiano gli acquisti sono limitati agli edifici da abbattere od immediatamente contigui. Si creerà certamente un fortissimo contenzioso.

 

I problemi per la salute

95) I cantieri danneggiano gravemente la salute degli abitanti: lo stesso studio di VIA presentato da LTF calcola un incremento del 10% nell’incidenza di malattie respiratorie e cardiovascolari a causa dei livelli di polveri sottili prodotte dai cantieri. In base alle statistiche attuali questo aumento corrisponde a 20 morti in più all’anno.

96) Sarebbe comunque sbagliato stimare i danni solo in base all’incremento delle malattie e della mortalità: il deficit di salute colpisce infatti tutta la popolazione, anche quella che non si ammala. La somma degli effetti delle polveri, dell’inquinamento, del rumore indebolisce l’organismo rendendolo più suscettibile anche a malattie non direttamente collegabili con questi fattori. Porre un grande cantiere a carico di un territorio non è una decisione da prendere alla leggera, soprattutto nel caso di una valle, dove gli inquinanti dell’aria si disperdono di meno.

97) L’esperienza del cantiere di base del San Gottardo a Bodio testimonia che in ambiente di valle, soggetto a forti venti, il problema delle polveri è irrisolvibile. Tutti gli accorgimenti adottabili non reggono ad un forte vento. In particolare, le polveri sottili vengono sollevate, poi depositate dal vento sul terreno e sugli alberi, da cui sono risollevate ad ogni soffio.

98) Nel 2006, 103 medici della valle di Susa hanno pubblicato un appello in cui si esprimono le forti preoccupazioni per la salute della popolazione connesse con l’apertura di grandi cantieri.

99) Un problema a parte è costituito dagli inquinanti di cantiere. Il Mugello ha mostrato la vastità del problema delle terre contaminate da idrocarburi; i lavori autostradali in valle di Susa, quello degli sversamenti accidentali degli additivi liquidi del cemento, mortali per la fauna ittica. A Chiomonte nel 1992 era esploso il problema dell’alta concentrazione di piombo presente nel vino locale; ad essere accusata fu la polvere di cemento del cantiere della autostrada.

100) Il problema dell’amianto è stato minimizzato: se ne ammette la presenza solo per i primi 500 metri (dove peraltro per anni LTF ha negato che si potessero trovare rocce amiantifere). Ma è errato ignorare la sua sporadica presenza anche in alta valle: proprio per la presenza di rocce amiantifere l’impianto olimpico di bob fu spostato da Sauze d’Oulx a Cesana, e i lavori della circonvallazione di Claviere sono bloccati da anni.

101) Le misure di cautela e di smaltimento per l’amianto proposte da LTF mostrano un problema ancora irrisolto. Dire che lo si chiuderà in sacchi per spedirlo in Germania significa non rendersi conto che anche solo 500 metri di tunnel di base corrispondono a 170.000 mc, pari al carico di 17.000 TIR. Il trattamento con l’acqua lega solo momentaneamente proprio la parte più fine delle polveri, ma poi la libera o la deposita con sorprendente facilità, soprattutto nella percolazione alla base dei mucchi: da qui il vento la sposta ovunque.

102) Le mineralizzazioni di urario ( Pechblenda ) sono una realtà, anche se lungamente negata da LTF. Nello studio di VIA per il tunnel di base non se ne parla nemmeno. Eppure il gruppo dell’Ambin che sarà attraversato dalle gallerie è stato oggetto di fruttuose ricerche da parte francese nel 1980 con la Minatome, e da parte italiana nel 1959 con la Somiren e, nel 1977, l’Agip Mineraria; e su entrambi i versanti si è ipotizzato un suo sfruttamento.

103) La particolare pericolosità di questi minerali è che emettono raggi alfa e beta, poco penetranti e quindi poco rilevabili, ma molto più distruttivi quando, con la polvere, arrivano a contatto con la pelle e le mucose.

104) Il rumore è stato il primo problema affrontato dalla popolazione della valle. Il TGV emette, al di sopra dei 220 KM/ h, un fischio aerodinamico che crea disturbo, in particolare nelle ore notturne. Purtroppo i sistemi di valutazione del rumore fanno la media del rumore emesso e quindi l’acutezza del sibilo si perde nel calcolo totale. Il disturbo sarà particolarmente grave nella bassa valle e nella cintura di Torino dove passa all’interno di zone fortemente abitate.

 

La perdita e la compromissione di risorse idriche

105) L’esperienza del Mugello ha lasciato dietro di sé 57 Km di torrenti che in estate sono un deserto di sassi, 73 sorgenti e 45 pozzi prosciugati, cinque acquedotti oggi riforniti con un costosissimo sistema di ripompaggio a monte. Una galleria ha fatto persino scomparire un fiume.

106) Il Consorzio di ditte è stato condannato in primo grado per aver disseminato la valle del Mugello di discariche di smarino e fanghi contaminati da idrocarburi (utilizzati per non far attaccare il cemento alle centine). Su altri reati è intervenuta la prescrizione, ma la Corte dei Conti ha ipotizzato 740 milioni di danni all’erario, chiamando a risponderne anche gli amministratori regionali che approvarono il progetto, giudicato privo di adeguati Studi di Impatto Ambientale, e che non avrebbero vigilato a sufficienza sui lavori in galleria.

107) A distanza di 10 anni dal prosciugamento dei torrenti è in atto un sistema di ripompaggio costosissimo che rimanda a monte un po’ dell’acqua drenata dalle gallerie, per alimentare acquedotti, oppure per diluire gli scarichi fognari che si gettano nei torrenti asciutti. Dalle gallerie escono 500 litri al secondo che non si sa neppure come utilizzare.

108) Il futuro della valle di Susa sarà certamente peggiore. Nel Mugello la galleria è più grande, ma unica; da noi saranno due e questo raddoppia il fronte di drenaggio. Inoltre da noi le montagne sono più alte, con pressioni maggiori; il Piccolo ed il Grande Moncenisio sono costituiti prevalentemente da gessi che hanno creato enormi inghiottitoi carsici; tutta la montagna ospita “ laghi fossili sotterranei”.

109) La rete idrica del gruppo del Moncenisio è estesissima e connessa. I traccianti gettati nel 1970 nella grotta del Giasset, uscirono pressoché dovunque solo dopo due settimane; l’ultimo uscì addirittura dopo un mese e 1000 metri più in basso. Altre prove non ufficiali hanno dato risultati ancora più impressionanti.

110) I precedenti grandi lavori hanno già inciso pesantemente sulle sorgenti della Valle di Susa: le sorgenti scomparse  sono 24 nel raddoppio della ferrovia Torino Modane e 16 nelle gallerie dell’autostrada tra Exilles e la val Cenischia. I lavori della centrale di Pont Ventoux, per una galleria di soli due metri di diametro, hanno prosciugato il rio Pontet e una dozzina di sorgenti, tra cui quella che alimentava l’acquedotto di Eclause.

111) Che la nostra situazione a seguito della Torino-Lione debba far impallidire ogni precedente, è ammesso anche dal rapporto COWI redatto per conto della Commissaria europea per la costruzione di questa linea. Gli esperti da lei interpellati non hanno potuto fare a meno di segnalare che il solo tunnel di base drenerà da 60 a 125 milioni di mc di acqua all’anno, che corrisponde al fabbisogno idrico di una città con un milione di abitanti. Non è esclusa la cattura delle acque della Durance e della Clarea.

112) La gravità della sottrazione di risorse idriche è proporzionale alla quota bassa a cui si effettua l’opera: sotto questo aspetto la nostra situazione è nettamente peggiore che nel Mugello.

113) Gli esperti europei segnalano anche un aspetto che rende la nostra situazione enormemente più critica di quella del Mugello: le acque catturate all’interno della montagna ed emunte all’esterno, saranno calde e con concentrazioni di solfati ben oltre i limiti accettabili per essere immesse nei corsi d’acqua. È un problema grave perché, a differenza di quanto avviene nel Mugello, le nostre acque di fuoruscita ucciderebbero i fiumi e perché il problema dovrà essere gestito in perpetuo.

114) La sottrazione di enormi quantitativi di acqua ridurrà anche l’alimentazione del lago del Moncenisio, che alimenta una centrale da 360 MW in Francia e da 240 MW in Italia. Se il deficit indotto fosse di 25 milioni di metri cubi, significherebbe la perdita di 150 milioni di Kwh di energia di punta che andrebbero messi anch’essi tra i danni causati dal progetto.

115) Tra le caratteristiche che rendono temibili le sorprese idrogeologiche dello scavo del tunnel di base, oltre alla temperatura e composizione chimica delle acque ci sono anche le alte pressioni. LTF ha ammesso che le elevate coperture di roccia rendono prevedibili pressioni idrostatiche sino a 150 atmosfere. Sono valori vicini a quelli di una esplosione ed infatti fanno letteralmente esplodere la roccia con rischi altissimi e notevoli difficoltà di contenimento.

116) La galleria dell’Orsiera drenerà le acque da un versante che è ancora intensamente coltivato da un esteso castagneto da frutto che ha appena avuto la IGP (Indicazione Geografica Protetta). Sotto questo aspetto il progetto avrà ripercussioni economiche più gravi rispetto ad una ordinaria fascia montana.

117) La interconnessione in sotterraneo tra le due linee, estesa per diversi chilometri tra il comune di Chiusa San Michele e quello di Avigliana costituirà una barriera al deflusso delle acque di falda, alzandola a monte ed abbassandola a valle, con conseguenze sensibili sulle case dei paesi interessati.

 

Lo smarino

118) I volumi totali scavati sono 18,4 milioni di metri cubi. Il progetto prevede un riutilizzo di 8,7 milioni di metri cubi, pari al 47% ma, in mancanza di giustificazioni, tale percentuale appare troppo alta considerando che nei progetti precedenti la quota di riutilizzo era intorno al 27%.

119) Il totale di queste correzioni darebbe un volume da mettere a discarica sul lato italiano di 15 milioni di metri cubi, pari al volume di 6 piramidi di Cheope, il triplo di quanto dichiarato dal progetto. E quindi per 2/3 senza alcuna ipotesi di collocazione a discarica.

120) Non c’è certezza neppure sull’utilizzo della cava del Paradis, il solo sito di deposito delle rocce di scavo. L’ipotesi di ridurre i volumi tramite il compattamento non tiene conto che ciò non ne ridurrebbe il peso che è il vero fattore limitante, considerati i pesi massimi sopportabili dalla sponda sud della cava (solo un sottile diaframma di roccia la separa dalla valletta in cui, 100 metri più in basso, scorre la Strada del Moncenisio).

121) LTF ed Osservatorio hanno dichiarato, dopo il termine previsto per le osservazioni, che tutto il piano di smarino sarà cambiato. Che credibilità si può dare ad un progetto che fa apparire e sparire le idee progettuali come nel gioco dei bussolotti, ignorando le procedure di VIA?

122) Il riutilizzo di 8,7 milioni di metri cubi di smarino non è comunque tranquillizzante perché significa, per la maggior parte, la frantumazione per farne cemento, con il connesso inquinamento di polveri e sonoro. L’ipotesi della frantumazione di 4,5 milioni di metri cubi, pari a tre piramidi di Cheope, pare un dato realistico.

 

La mancanza di un vero confronto tecnico locale

123) È emblematico il così detto Accordo di Pra Catinat, che non é un accordo politico, come lo si è simulato, ma una autocertificazione del presidente insieme con un accordo tra i tecnici per la presentazione di una relazione di maggioranza e di minoranza, che nessun sindaco ha sottoscritto e nessun consiglio comunale ha ratificato.

124) Nonostante le decine di incontri è mancato un autentico confronto tecnico con i rappresentanti del territorio. L’Osservatorio è un tavolo tecnico chiuso, a regia obbligata. Non c’è mai stato quel dibattito tra tesi e repliche, fino all’esaurimento degli argomenti, che permette di andare a fondo di una questione.

125) La Torino Lione si è basata su slogan privi di concretezza. Tutto il dibattito con le realtà locali è sempre stato impostato a prescindere dalla decisione di costruire l’opera. Anche nell’ultimo progetto l’analisi dell’opzione zero è stata liquidata con una riga di dichiarazione miracolistica.

126) Il presidente dell’Osservatorio è anche Commissario straordinario del Governo per la realizzazione della Torino Lione. Lo spazio riservato ai due tecnici della Val di Susa, gli unici rappresentanti di una voce di opposizione, nei 7 “Quaderni” è stato circa l’1 % del contenuto totale. E il presidente non ha mai affrontato un dibattito pubblico in cui la popolazione potesse rivolgergli direttamente le domande.

127) L’Osservatorio per i decreti costitutivi ha un incarico ristretto “ad approfondire le tematiche sanitarie, ambientali ed economiche per rispondere alle preoccupazioni delle popolazioni interessate”. Ma sin dal giugno 2007 ha fatto circolare proposte di tracciati, accompagnandoli di etichette come “suggestioni” e “scenari”. La popolazione e le amministrazioni si sono trovate davanti ad un organo che sembrava progettare senza averne titolo e che garantiva il consenso senza aver dato spazio alle domande di fondo.

128) I “Quaderni” dell’Osservatorio hanno ammesso qualcosa di quello che era impossibile nascondere, ma poi i modelli usati, le audizioni e le relazioni hanno manipolato l’inimmaginabile per validare la tesi del tunnel di base. Piuttosto che i contenuti del dibattito, che son restati inutilizzati, è stata strumentalizzata l’esistenza stessa dell’Osservatorio, utilizzata per propagandare la tesi di un confronto costruttivo con il territorio che è stato invece inesistente.

129) È stato ignorato il vasto movimento di amministratori che ha chiesto la fine dell’Osservatorio e che, nel 2009, aveva coinvolto la metà degli amministratori della Bassa Valle. Tuttora partecipano all’Osservatorio solo due dei comuni effettivamente coinvolti, mentre 24 della Bassa Val di Susa hanno fatto un fronte comune contro.

130) L’Osservatorio si è svolto come un teatro dove si rappresentava una condivisione dei progetti che non è mai esistita. A gennaio 2010 l’ultimo opuscolo aveva per titolo “Le alternative di corridoio (sic) da approfondire e valutare”, facendo intendere di essere ancora nella fase di più corridoi entro cui si va poi ad individuare il tracciato. Ma ad agosto 2010 è stato presentato il progetto completo già corredato con lo studio di VIA: questo significa che tutte le decisioni erano già prese mentre si fingeva di metterle in discussione, altrimenti non vi sarebbe stato tempo di preparare i 70 dossier che sono stati presentati.

 

Il problema del lavoro

131) La Torino-Lione non incrementerà l’occupazione: le imprese dei grandi cantieri si impiantano come un paese autonomo in tutto e per tutte le forniture dipendono da grandi contratti. Ai locali restano pochissimi posti e pochi lavori marginali. Nel cantiere del San Gottardo a Bodio su 700 persone solo una ventina erano del Canton Ticino. Nel Mugello l’unica ricaduta occupazionale è stata quella di un gruppo di donne consorziatesi per i lavori di pulizia dei locali. Non è possibile porre condizioni di assunzione di mano d’opera locale, perché gli appalti sono europei e le imprese non licenziano certo operai esperti per assumerne altri da formare e da seguire.

132) La “torta” della Grande opera si stratifica in parecchi livelli e chi prende l’ultimo può appena sopravvivere. Sopra c’è la società appaltante creata dai due governi; questa affida l’opera ad un General Contractor che, a sua volta, la affida, intera o a tratte, ad un consorzio di grandi imprese che garantiscono l’esecuzione dei lavori e la progettazione esecutiva. A questo punto la tratta viene spezzettata in lotti e per ognuno di esso si formano consorzi ad hoc di imprese, ognuna specializzata in un particolare tipo di lavori: gallerie, viadotti, scavi a cielo aperto. Qui, al quarto livello (con operai specializzati) c’è, per la prima volta, qualcuno che lavora effettivamente alla costruzione, ma intanto nei precedenti livelli se ne è andato dal 10 al 15% dei costi ad ogni passaggio senza toccare neppure un sasso. Al quinto livello ci sono lavori non specialistici, come il trasporto delle rocce scavate: qui le imprese si rifanno economicamente indicendo subappalti al minor costo. Oltre un certo punto il minor costo si ottiene solo facendo illeciti, cioè sovraccaricando, facendo più viaggi, andando più veloci, usando camion vecchi ed autisti precari. Immaginiamo la trafila che deve fare un sindaco che riscontra un grave impatto ambientale e si rivolge all’ultimo livello…

133) Anche se portasse lavoro non è vero che il saldo di lavoro dell’opera sarebbe positivo, perché bisogna calcolare i posti che vengono persi per l’incompatibilità con altre attività che potrebbe ospitare il territorio.

134) L’assoluta incertezza del piano dei finanziamenti si traduce in incertezza della continuità dell’occupazione, sia pure già prevista per un periodo limitato. Le grandi opere che vivono alla giornata, infatti, di fronte ad incognite tecniche ed economiche terribili, sono soggette ad abbandoni, scioglimento dei consorzi, blocco dei lavori per mancati stanziamenti governativi ecc.

 

Le altre fantasie messe in campo per ingannare la popolazione

135) Il cosidetto PIANO STRATEGICO è un documento privo di qualsiasi impegno. È solo un gioco di illusionismo amministrativo per raccogliere delle adesioni da spendere su altri tavoli. Infatti è stato redatto dalla Provincia, che non può decidere gli indirizzi e non può definire risorse economiche. E si chiedeva ai sindaci di firmare un documento senza impegni prima di sapere l’entità e la qualità dei danni.

136) Il Piano non stanzia fondi: si limita solo a suggerire la gestione di risorse derivanti da progetti settoriali, dai vari piani di sviluppo e da quanto Regione e comuni reperiscono con richieste ordinarie. Poiché il 60 per cento dei progetti riguarda Torino, consentirebbe, quando il governo darà un contributo per la linea metropolitana, di dire che sta finanziando il piano strategico della Torino Lione, e di alimentare le speranze!

137) L’esperienza legata alle promesse dell’autostrada e delle Olimpiadi alimenta oggi una ampia disillusione sui benefici che potrebbe portare un’opera i cui contorni restano molto lacunosi.

138) Il Disegno di Legge regionale sulla “procedura per i grandi cantieri” si è rivelato una “procedura per le grandi poltrone”: non stanzia un euro per il territorio e neppure dice se e da dove potranno arrivare dei finanziamenti, ma stanzia i fondi per un Comitato di pilotaggio di 4 persone, che avrà il potere di assegnarli anche al di fuori dell’area di progetto.

139) Sulle compensazioni è istruttiva l’esperienza dei sindaci del Mugello: “Dalla progettazione alla realizzazione i costi possono crescere anche del 400 per cento e se questi soldi non vengono coperti dallo Stato, capita che dei 53 milioni di euro previsti per riparare con urgenza i primi danni ambientali, a dieci anni di distanza dai lavori ne manchino ancora 15… Eppure ci dicevano che le compensazioni le avremmo avute e quindi non dovevamo lamentarci”. “Mancano i soldi per risanare i danni ambientali e mancano ancora molte delle opere promesse: ed i sindaci, che ci avevano messo la faccia con i cittadini, non possono nemmeno dire di aver portato a casa la palestra o l’asilo che erano stati promessi”.

 

L’opposizione in Val di Susa

140) I NO TAV, criticando il progetto, non ne hanno mai fatto una questione localistica, come ben espresso dallo slogan: “né qui né altrove “. Per questo non è stato possibile circuirli con i giri di valzer che spostavano il tracciato da una parte all’altra. I politici hanno accusato i NO TAV di opporsi all’interesse nazionale. La verità è l’opposto: i NO TAV difendono l’interesse nazionale dagli inganni e dagli sperperi che si camuffano sotto la copertura delle Grandi Opere.

141) La valle resiste da oltre 20 anni perché vi è una opposizione consapevole: si è formata una diffusa conoscenza dei progetti; negli ultimi 10 anni c’è stata una decina di grandi manifestazioni, ciascuna con almeno 30.000 persone. Nel 2010 si possono confrontare le 30.000 persone che a gennaio hanno sfilato a 3 gradi sotto zero ed i 320 voti presi dal candidato Si Tav alle elezioni regionali dello stesso anno.

142) Non si può negare il valore di una opposizione democratica che si è sempre svolta correttamente, gestendo in modo impeccabile la presenza di decine di migliaia di manifestanti di diverse provenienze in tante grandi manifestazioni. La “riconquista” del cantiere di Venaus dell’8 dicembre 2005, avvenuta dopo che le forze di polizia avevano fatto una violenta irruzione notturna nel presidio pacifico, colpendo violentemente le persone con manganelli e calci, distruggendo ogni cosa ed organizzando un esproprio farsa dei terreni alla luce delle torce non fa eccezione, perché in ultima istanza, di fronte all’arroganza del potere, anche la disobbedienza civile è un diritto.

143) È scandaloso che dopo ogni grande manifestazione pacifica gli amministratori regionali ed i vertici politici abbiano ribadito la loro assoluta chiusura all’ipotesi di un dibattito sulla necessità della linea.

144) Questa opposizione si è dovuta anche confrontare con l’accanimento nei suoi confronti di tutti i mezzi di informazione. Nei fatti la grande stampa, la radio, le televisioni sono state solo un organo di propaganda per diffondere tesi e falsità dei promotori ed ignorare le nostre ragioni.

145) Il piano sondaggi del 2010 prevedeva 91 carotaggi. Ne sono stati fatti 23: la quasi totalità nella cintura torinese (quindi non nel tratto di competenza della Torino-Lione). Non è stato toccato alcun punto dove si sarebbe dovuto abbandonare la prossimità dell’autostrada ed avventurarsi in montagna. Per ogni sondaggio è stata necessaria la mobilitazione giornaliera di mille uomini delle forze dell’ordine. Queste condizioni rendono molto difficile l’ipotesi che si possa imporre con la forza la presenza di veri cantieri.

146) Al di là dell’opposizione degli abitanti vi è anche uno scontro meno visibile, ma radicale tra le Ferrovie (favorevoli al tracciato diretto in sinistra) da una parte e la Regione e il Comune di Torino, dall’altra, che chiedono invece il tracciato in destra attraverso l’interporto di Orbassano.

147) Per tutto questo il Governo ha ordinato all’Osservatorio di fingere un’intesa qualsiasi, pur di restare in corsa per i finanziamenti europei. Questi non servono tanto per il loro ammontare, quanto per costituire una pressione sui parlamentari che dovranno trovare il restante 95% dei finanziamenti per realizzare l’opera.

 

I nodi finanziari irrisolti del progetto

148) Questa è un’opera al buio, anche per i finanziamenti: l’impegno dell’Unione Europea è del 2008, ed è vincolato alla contestuale messa a disposizione dei due Governi degli altri due terzi, circa 1 miliardo di euro da parte dell’Italia e 550 milioni da parte della Francia. Ma in due anni il Governo italiano ha trovato in extremis solo 12 milioni per iniziare la galleria di Chiomonte: resta scoperto il restante 85% della quota italiana e l’intera quota francese. Come possono pensare di reperire i 17 (o 34) miliardi di euro ancora necessari considerando che l’Unione Europea ha impiegato 14 anni impegnarsi a questi 670 milioni?

149) Nella domanda di contributo presentata all’Unione Europea si scrive che l’aiuto finanziario dell’Unione Europea sarà “determinante” alla realizzazione dell’opera: che è come dire che, se non ci sarà nella misura attesa, l’opera rischia di non venire completata. Quest’opera non ha alle spalle le risorse necessarie a realizzarla, una volta cominciata è destinata a bloccarsi.

 

Raccomandazione finale

150) Queste note non esauriscono certamente i motivi dell’opposizione al progetto della Torino Lione: a parte l’enorme documentazione disponibile sui siti, vi sono le Osservazioni al progetto redatte in occasione della procedura di VIA dalla Comunità Montana e dalle 4 associazioni ambientaliste storiche (Italia Nostra, Legambiente, Pro Natura e WWF). Si tratta di 250 pagine redatte da tecnici qualificati per ogni settore che smontano minuziosamente il progetto della LTF, dimostrandone l’incompletezza sostanziale, gli errori macroscopici e le gravissime omissioni. Questi argomenti, essendo strettamente riferiti al progetto, non fanno parte di queste “Altre 150 ragioni” ma se ne raccomanda caldamente la lettura.

Pro Natura Piemonte, via Pastrengo 13, 10128 Torino Tel. 011.5096618; fax 011.503155; e-mail: torino@pro-natura.it

 



Per saperne di più (oltre al sito www.notavtorino.org):

Sull’insieme delle motivazioni di opposizione:

Breve storia dell’Alta Velocità in Italia (di Claudio Cancelli) (31/3/2004)

Repliche tecniche a luoghi comuni pro-TAV (Tartaglia smonta Esposito) (25/11/2010)

Sui documenti specifici relativi ai progetti più recenti:

Progetto definitivo per la Galleria de La Maddalena di Chiomonte, a servizio del tunnel di base (17/5/2010)

Progetto preliminare per la porzione italiana della tratta internazionale (10/8/2010)

Progetto preliminare per la tratta nazionale italiana (28/3/2011)

Altri articoli e video sulla TAV:

Il corridoio Lisbona-Kiev è morto (22/3/2012)

TAV, Luca Mercalli risponde ai 14 punti del governo (15/3/2012)

Valsusa risponde al governo: 14 motivi per non fare la Torino-Lione (14/3/2012)

Appello “Oltre la Val Susa, le priorità” (13/3/2012)

Le 14 domande al governo sulla Tav (Paolo Cacciari) (13/3/2012)

Anche fermare la TAV aiuta a salvare l’Italia (10/3/2012)

Le 14 ragioni del governo Monti per il sì alla TAV (9/3/2012)

La Grande Opera pubblica e il capitalismo finanziario (di Guido Viale) (4/3/2012)

TAV, Legambiente a Monti: “Il governo esca dal ‘cul de sac’ in cui si è messo. La Tav non fa gli interessi del Paese” (3/3/2012)

Alta velocità o alta voracità? (VIDEO di M. Travaglio) (2/3/2012)

Pro TAV e No TAV a confronto al Politecnico di Torino (VIDEO) (4/11/2011)

TAV: giornali black col cervello in bloc (Video di Marco Travaglio) (4/7/2011)

Perché sì al TAV: intervista a B. Giachino e R. Cota (VIDEO) (23/10/2011)

Perché NO al TAV Torino-Lione (31/8/2011)

La Corte dei Conti sulla TAV: costi spropositati, sprechi, irresponsabilità (21/11/2008)

TAV: le ragioni liberali del NO (16/4/2007)

 


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