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Tagliare i pini o riqualificare le nostre alberature stradali?

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1. Premessa

 

Le alberature stradali sono una parte importante del verde urbano che, oltre a contribuire a ossigenare l’aria, sequestrare anidride carbonica e attenuare il riscaldamento climatico, svolge funzioni fondamentali per la vivibilità della città: contribuisce al benessere psicologico (la vista del verde induce un effetto distensivo) e fisico dei residenti regolando il microclima (l’ombreggiamento e l’evapotraspirazione attenuano il riscaldamento dell’asfalto e raffrescano l’aria estiva); la funzione ornamentale abbellisce la città, rendendola più gradevole e accogliente; le chiome filtrano l’aria abbattendo gli inquinanti, attenuano il rumore, schermano alla vista il cemento e altre brutture ecc. Il verde pubblico è dunque un patrimonio di tutti che merita di essere gestito con la massima cura.

Pertanto, sebbene la presente relazione sia stata redatta a seguito di una richiesta molto circoscritta dell’amministrazione comunale, relativa al dissesto dell’asfalto indotto dai pini, merita precisare fin dall’inizo che il quesito che ci è stato sottoposto è solo un aspetto marginale delle problematiche che affliggono il verde urbano. Tra l’altro, i pini non sono certo l’unica causa del dissesto stradale: basti pensare ai numerosi chiusini infossati presenti su molte strade (viale XX Settembre compreso) che costringono ciclisti e motociclisti a schivarli o a marciare a centro strada (un problema che sarebbe stato evitabile a costo zero sorvegliando i lavori di asfaltatura).

Non si comprende perciò perché focalizzare l’attenzione sui soli pini, trascurando le altre cause di dissesto stradale. Così come non si comprendono la scelta di mettere i cittadini di fronte al fatto compiuto (il taglio dei pini) senza consultare la popolazione e la reticenza nella comunicazione (è stata taciuta la vera finalità: la realizzazione del parcheggio sul marciapiede del viale Colombo).

Pur consapevole di tali limiti, soprattutto sul piano della partecipazione e della stessa comunicazione (alcuni dei quali emersi solo in seguito), Legambiente ha accettato di fornire il suo contributo propositivo, nella convinzione (o, almeno, nell’auspicio) che rappresentasse un’occasione di avanzare proposte utili alla città che, in quanto scaturite da una richiesta del comune, potessero trovare maggior ascolto.

Perciò, pur non eludendo la richiesta del comune, teniamo a sottolineare con forza che i veri interventi straordinari di cui necessitano le alberature non sono la sostituzione dei pini con altre specie (tantomeno con palme), ma una manutenzione ordinaria all’altezza delle esigenze e la redazione di un piano del verde pubblico.

Come vedremo, infatti, il preoccupante degrado delle nostre alberature deriva da limiti culturali legati ad originari errori progettuali (in particolare, impianti arborei troppo ravvicinati), le cui conseguenze sono state aggravate dalla mancanza di investimenti nella formazione professionale degli addetti alla gestione del verde pubblico, evidentemente non considerato un prezioso patrimonio della città.

 

1.1 Antefatti
 

Nell’incontro svoltosi ai primi di marzo 2019, richiestoci dall’assessore ai Lavori Pubblici Andrea Raggi, siamo stati informati che l’amministrazione, considerate le problematiche indotte dai pini nelle alberature stradali (dissesto dell’asfalto e dei marciapiedi, difficoltà d’accesso per carrozzelle e invalidi, caduta di pigne e rami, rischio di caduta per motociclisti, cadute di pedoni e relative cause di risarcimento) intendeva sostituire dei pini lungo alcune strade cittadine.

L’assessore ha chiesto la collaborazione di Legambiente per suggerire le piante più adatte per la loro sostituzione, informandoci che in viale Colombo intendeva sostituire i pini con palme (Washingtonia robusta).

Legambiente, nel dichiararsi disponibile ad avanzare una proposta motivata, ha chiesto l’elenco delle strade interessate, esprimendo fin da subito la propria contrarietà all’impianto delle palme per diversi motivi e raccomandando caldamente di aprire preventivamente una consultazione dei residenti.

L’11 giugno la segreteria dell’assessore ci ha inviato la cartografia delle strade con pini sulle quali l’amministrazione intendeva in futuro prendere in considerazione l’idea di sostituirli con altre specie (Tab. 1), complete dell’indicazione del numero di pini presenti (alberi e ceppaie). Legambiente, attivando i propri soci competenti in materia, ha svolto una serie di sopralluoghi, prestando attenzione allo stato dei pini e alle manifestazioni delle problematiche presenti e svolgendo considerazioni specifiche per ogni strada o suo tratto.

 

Tab. 1. Elenco delle strade segnalate dal comune, con il numero di pini presenti.

Zona Consistenza dei pini
A – Carrara centro
1 – Via Don Minzoni
dalla Ghiacciaia a v. Foce
52 pini + 6 ceppaie
(direzione monti: 28 pini + 6 ceppaie; direzione mare: 24 pini)
2 – Via Canal del Rio 4 pini + 1 ceppaia
3 – Via Roma
(salita S. Ceccardo)
60 pini + 5 ceppaie
(direzione monti: 26 pini + 4 ceppaie; direzione mare: 34 pini + 1 ceppaia)
B – Ex adiacenze
4 – Viale XX Settembre
da v. Brigate Partigiane all’Aurelia
27 pini, in filare misto pino-leccio-palma
(direzione monti: n. 10; direzione mare: n. 17)
5 – Via Aurelia
da viale XX Settembre a ristorante Osaka
circa 70 pini
(area non compresa nel CDS)
C – Avenza
6 – Viale XX Settembre
dall’Aurelia a via Covetta
13 pini in filare misto pino-leccio-palma
(direzione monti: 5 pini; direzione mare: 8 pini)
7 – Via Campo d’Appio
da via Fiaschi a via Monzoni
23 pini
(nello spartitraffico)
8 – Via Monzoni
da via Campo d’Appio a via Covetta
circa 20 pini in filare doppio ravvicinato, lato Sarzana
D – Marina
9 – Viale Colombo
da viale XX Settembre a v. Galilei
74 pini
10 – Via Marco Polo 17 pini + 2 ceppaie + 3 posti vuoti
11 – Piazza del Commercio 13 pini
12 – Via Genova
da via N. Sauro a via Volpi
31 pini + 1 ceppaia
13 – Via Volpi 25 pini + 1 ceppaia
(direzione monti: 11 pini + 1 ceppaia; direzione mare: 9 pini)
14 – Viale XX Settembre
da v. Garibaldi a viale Colombo
23 pini + 6 ceppaie + 4 posti vuoti
(direzione monti: 12 pini; direzione mare: 11 pini + ceppaie + vuoti)
15 – Via Modena 41 pini (20 lato Sarzana, 21 lato Massa)
16 – Parcheggio via Muttini 18 pini
17 – Via Maestri del Marmo 24 pini
18 – Via Savonarola
da via Garibaldi a Ruga A. Maggiani
4 pini

 

1.2 Svolgimento
 

Fin dall’inizio Legambiente, consapevole che il problema dei pini rischiava di distrarre l’attenzione dai veri problemi delle alberature, non si è limitata alle strade elencate e ai soli tratti con pini, ma ha individuato diverse altre criticità che, con la presente relazione, segnala all’amministrazione.

Innanzitutto, considerato che non tutte le alberature rivestono la stessa importanza, funzione e significato, Legambiente ha adottato i seguenti criteri:

  1. strade che rivestono un particolare valore paesaggistico e identitario: viale Colombo, in quanto ‘biglietto da visita’ per i turisti balneari, e via Roma (salita di S. Ceccardo), in quanto via d’ingresso alla città. Queste due strade richiedono pertanto alberature importanti, con specie autoctone di bell’effetto ornamentale e caratteristiche della fascia fitoclimatica locale, senza badare ai costi di impianto e di manutenzione;
  2. il viale XX Settembre, in quanto principale viale cittadino di collegamento tra il mare e il centro città, richiede anch’esso alberature ornamentali importanti, ma non necessariamente ‘identitarie’. I costi di impianto e manutenzione iniziano pertanto ad assumere una discreta importanza;
  3. le altre strade urbane non richiedono alberature importanti: possono essere liberamente utilizzate anche specie esotiche. Diventano dunque preminenti i requisiti pratici: aspetto ornamentale, dimensioni appropriare allo spazio disponibile, costi di impianto e manutenzione.

Nel corso dei sopralluoghi sono state rilevate alcune problematiche riguardanti anche altre specie arboree: piante malate, distanze insufficienti, esemplari mancanti o interi tratti privi di alberatura, potature inappropriate ecc. Ciò considerato e tenuto conto della necessità di redigere un piano del verde pubblico (come evidenziato nel paragrafo seguente “Avvertenze e suggerimenti”), la presente relazione è da considerarsi un contributo in cui l’insieme delle considerazioni svolte e dei suggerimenti forniti, anche quando puntuali, è finalizzato a proporre non tanto le specie da piantare, quanto un approccio metodologico di carattere generale, estendibile alle altre alberature urbane non esaminate.

Nella scelta delle piante sostitutive, pur senza eccessiva rigidità, sono state privilegiate le specie autoctone, tenendo conto delle loro esigenze ecologiche e, ovviamente, degli aspetti ornamentali, del carattere deciduo o sempreverde, della resistenza a malattie e all’ambiente urbano, della vicinanza di edifici, ecc.

Sono stati inoltre raccomandati accorgimenti (distanze tra esemplari, modalità di potatura ecc.) derivanti dalla consapevolezza che gli alberi non vanno considerati come oggetti che ci offrono molti servizi, ma sono esseri viventi che dobbiamo rispettare garantendo loro le migliori condizioni di salute.


 

1.3 Avvertenze e suggerimenti
 

La semplice ispezione visiva consente di trarre solo delle prime indicazioni sullo stato di salute degli esemplari arborei e sulla loro propensione o resistenza alla caduta in caso di forti sollecitazioni (venti molto intensi). La scelta di quali piante mantenere e quali abbattere richiede, invece, un lavoro gravoso e sistematico di indagini visive e strumentali (VTA-Visual Tree Assessment, SIA-Static Integrated Assessment, SIM-Static Integrated Method, tomografia acustica, resistografia ecc.).

Considerata l’importanza delle alberature stradali (e, più in generale, del patrimonio arboreo urbano), per il benessere fisico e psichico dei cittadini (raffrescamento, barriera acustica, abbattimento polveri ecc.) e le numerose problematiche presenti (alberi malati, pericolanti, mancanti, spazi ristretti, caduta di rami o pigne, dissesto dell’asfalto e dei marciapiedi, rischi di inciampo, responsabilità legali connesse all’incolumità pubblica, ecc.), non è possibile basarsi su valutazioni superficiali e approssimative.

È dunque evidente la necessità di elaborare un vero e proprio piano del verde pubblico, ricorrendo sia alle competenze già presenti (Nausicaa, che dispone già di un database georeferenziato di ciascuna pianta ornamentale) sia al supporto di professionisti qualificati.

Le proposte avanzate da Legambiente (senza il supporto di analisi fitosanitarie e di stabilità, della conoscenza delle caratteristiche dei terreni e delle infrastrutture sotterranee ecc. ecc.) vanno dunque considerate alla stregua di prime indicazioni metodologiche, che non solo non possono in alcun modo sostituire il piano del verde pubblico, ma, anzi, ne evidenziano l’assoluta necessità.

Estrapolare dalla relazione indicazioni semplicistiche (“elimino questi esemplari e li sostituisco con questi altri”) sarebbe dunque il peggior uso del presente contributo, il cui valore –essenzialmente metodologico– sta nell’insieme delle considerazioni svolte, degli spunti di riflessione proposti e delle problematiche evidenziate.



 

2. Le proposte di Legambiente

 

2.1.a Via Don Minzoni: SITUAZIONE
 

La via Don Minzoni è stata suddivisa in 4 tratti funzionali (Fig. 1).
 

Fig. 1. Via Don Minzoni (suddivisa in 4 tratti) e via Canal del Rio.

 
Nel tratto 1, i pini sul lato monte dispongono di uno stretto marciapiede; l’eccessiva vicinanza al palazzo ha impedito lo sviluppo della chioma su tale lato, costringendola a svilupparsi sul lato strada. Ciò ha condotto il fusto a inclinarsi lato strada (Fig. 2A), sbilanciando le piante.

Tale sbilanciamento è destinato ad aumentare nel tempo, minacciandone la stabilità e inducendo rischi per la pubblica incolumità. Solo il pino posto all’angolo con via del Cavatore ha potuto crescere in maniera equilibrata, data la maggior distanza del palazzo d’angolo (Fig. 2B).
 

Fig. 2. A: a causa del palazzo troppo ravvicinato, i pini sono stati costretti a sviluppare la chioma dal solo lato della strada e sono perciò inclinati e sbilanciati. B: solo il primo pino (freccia) si presenta equilibrato, poiché la maggior distanza dal palazzo lascia sufficiente spazio per sviluppare la chioma in tutte le direzioni. Il lato mare (a destra) è privo di alberi.

 
Sul lato mare, invece, l’assenza di palazzi ravvicinati ha consentito la crescita di pini equilibrati (salvo 1-2 esemplari); per i primi due terzi, tuttavia, il tratto è privo di alberi (Fig. 2B), probabilmente caduti o abbattuti nel corso degli anni.

Anche il marciapiede destro, tuttavia, è molto stretto (Fig. 3A) e, per lasciare spazio ai pedoni, i pini sono stati costretti in un’aiuola molto angusta (Fig. 3B e 3C).
 

Fig. 3. A: tratto 1, lato mare: marciapiede stretto. B e C: tratto 2, lato mare: aiuole molto anguste.

 
Nel tratto 2 la strada è completamente spoglia di alberatura sul lato monte (in corrispondenza di Largo Mazzucchelli), mentre sul lato mare è spoglia per circa un terzo della lunghezza; la restante parte è alberata da pini in discrete condizioni, salvo uno inclinato e due danneggiati alla base (Fig. 4).
 

Fig. 4. Tratto 2. A: il lato monte (a sinistra) è privo di alberi e assolato, mentre sul lato mare (B) sono presenti pini, di cui uno inclinato (freccia) e due (C e D) danneggiati al piede e con segatura da insetti minatori.

 
Nel tratto 3 il lato monte è ancora spoglio, mentre il lato mare è fiancheggiato da 7 pini in discrete condizioni, ad eccezione di due un po’ inclinati.

Il tratto 4 (dalla casa di riposo a via Foce) è fiancheggiato a sinistra da pini in discrete condizioni e, a destra, da un filare di pini, di cui 4 inclinati e diversi mancanti.

 

2.1.b Via Don Minzoni: SUGGERIMENTI
 

Sul lato sinistro (a salire) via Don Minzoni presenta dunque una situazione molto critica nei tratti 1-3: pini tutti inclinati (meno il primo) nel tratto 1 e assenza di alberatura nei tratti 2 e 3. La soluzione più ragionevole appare dunque l’abbattimento dei pini e la piantumazione di una nuova alberatura continua lungo i tre tratti.

Il lato destro degli stessi tratti 1-3, invece, è interamente alberato, ma presenta diverse discontinuità (tratti senza pini) e diversi alberi in condizioni non ottimali (inclinati o lesionati): si può pertanto prendere in considerazione l’idea di abbattere i pini inclinati o lesionati, sostituendoli con nuovi pini, oppure quella di sostituire l’intera alberatura con un’altra specie.

Per ragioni di simmetria e di omogeneità, suggeriamo di rinnovare completamente l’alberatura su entrambi i lati dei tratti 1-3 (compresi i tratti che oggi ne sono privi), impiantando Cercis siliquastrum (albero di Giuda, o siliquastro: Fig. 5). I vantaggi di questa soluzione sarebbero:

  • godere del tepore dei raggi solari nella stagione invernale (quando l’albero è spoglio) e della frescura estiva fornita dalla folta chioma;
  • una abbondante fioritura primaverile rosa-lilla, resa spettacolare dalla fioritura precoce (i fiori compaiono quando l’albero è ancora privo di foglie) e dalla caulifloria, cioè dalla comparsa di grappoli fioriti che bocciano direttamente sul tronco e sui rami principali (anziché sui giovani ramoscelli);
  • il bel fogliame ornamentale, conferito dalle foglie cuoriformi;
  • assenza di rischi per la pubblica incolumità, date le dimensioni contenute dell’alberello.

 

Fig. 5. Cercis siliquastrum. A: le foglie cuoriformi, di un bel verde chiaro, forniscono ombreggiamento e un gradevole effetto ornamentale. B: la fioritura, precedendo la foliazione, non è mascherata dalle foglie e risalta in tutta la sua prorompente abbondanza. C: il siliquastro è tra le poche piante che presentano il fenomeno della caulifloria: i grappoli fiorali prorompono direttamente dalla corteccia dei vecchi rami.

 
In ogni caso, qualunque sia l’alberatura prescelta, va ricordato che le piante, per crescere in buona salute, hanno bisogno del loro spazio e di un terreno areato, non asfittico: devono pertanto essere piantate a debita distanza dagli edifici, pena la crescita asimmetrica della chioma o la sua drastica potatura (Fig. 6), e devono essere dotate di un’aiuola di adeguata ampiezza, non soffocate in aiuole striminzite.
 

Fig. 6. Via Don Minzoni, tra la Salita del Boccalone e via D’Azeglio. A: leccio con chioma sviluppata sul solo lato strada, date le potature imposte dalla vicinanza del palazzo. B: leccio sul lato opposto della strada, con chioma simmetrica ed equilibrata, per l’assenza di ostacoli. C: marciapiede fratturato dalla crescita del tronco e delle radici del leccio, confinati in un’aiuola estremamente striminzita. L’aiuola va generosamente ampliata; per non ostacolare il passeggio, può essere allargata in direzione parallela alla strada.

 
Si impone pertanto una scelta coraggiosa: allargare entrambi i marciapiedi, a scapito della carreggiata stradale (riconducendola a senso unico o vietandovi il parcheggio). Il verde pubblico è un bene talmente primario per la città da meritare un’attenta pianificazione e una manutenzione capace di garantirne per molti decenni le condizioni ottimali di sviluppo; le sue esigenze non possono dunque essere sacrificate alle convenienze del momento.

Per il tratto 4, dalla Casa di riposo a via Foce, invece, si propone il mantenimento dell’alberatura a pini (a sinistra praticamente integro), sostituendo con nuovi pini quelli inclinati e i posti mancanti.

Anche in questo tratto, per assicurare migliori condizioni ai pini, è necessario ampliare il marciapiede (almeno sul lato destro) e realizzare aiuole più ampie. Per i pini di nuovo impianto sarà opportuno sistemare in superficie un’ampia grata metallica che impedisca il sollevamento dell’asfalto e del marciapiede da parte dei noduli radicali, assicurando nel contempo l’areazione del terreno e l’infiltrazione delle acque piovane.

Il breve tratto di via Canal del Rio ospita solo 4 pini (più uno mancante) che hanno dissestato l’asfalto e lo stretto marciapiede. Trattandosi di una strada secondaria, con un transito pedonale e automobilistico estremamente contenuto (di fatto utilizzata come parcheggio), si può optare per il mantenimento dei pini o per la loro sostituzione con siliquastri, in continuità con quelli di via Don Minzoni.


 

2.2.a Via Roma (salita di S. Ceccardo): SITUAZIONE
 

Sul lato Sarzana l’alberatura è abbastanza integra (34 pini): ci sono solo un paio di pini un po’ inclinati (Fig. 7A) e uno mancante (ceppaia). L’asfaltatura, grazie al rifacimento relativamente recente, è in buone condizioni, ma presenta rigonfiamenti in corrispondenza di una decina di pini (principalmente nel tratto a valle), destinati ad accentuarsi negli anni.

Sul lato Massa, invece, l’alberatura è più sguarnita (26 pini e 4 ceppaie) ed è assente nel tratto terminale della salita, in corrispondenza dei palazzi; i rigonfiamenti dell’asfalto, pur presenti, arrecano minor disturbo poiché il lato è adibito a parcheggio. Vi sono tuttavia 7 pini più o meno inclinati (Fig. 7B).
 

Fig. 7. Salita di S. Ceccardo, vista dall’alto. A: il primo pino a destra è piuttosto inclinato verso la strada. B: sulla sinistra, nel tratto al piede della salita, diversi pini sono inclinati verso la strada.

 

2.2.b Via Roma (salita di S. Ceccardo): SUGGERIMENTI

La salita, in quanto porta d’ingresso alla città, merita una particolare considerazione dal punto di vista paesaggistico: richiede pertanto piante notevoli per dimensioni e aspetto ornamentale.

Un’alberatura di pini potrebbe soddisfare questo requisito, ma le condizioni di quella attuale non sono soddisfacenti, soprattutto sul lato Massa. Si possono pertanto considerare due opzioni: sostituire l’intera alberatura con un’altra specie o riqualificare quella a pini esistente.

La riqualificazione dell’alberatura esistente richiede la sostituzione di tutti i pini inclinati, accompagnata da accorgimenti d’impianto e di manutenzione volti a prevenire la futura ricomparsa dei problemi di rigonfiamenti del suolo e di inclinazione dei fusti.

Per prevenire o contenere i danni all’asfalto, sarà opportuno lasciare terra più che sufficiente alla futura crescita radiale del tronco e, da tale cerchio, coprire il terreno circostante con una grata o lastra metallica larga almeno qualche metro, ricostruendovi poi sopra il marciapiede e l’asfalto. Tale operazione dovrà essere replicata, in futuro, sugli altri pini che dovessero inclinarsi o manifestare dissesti all’asfalto o al marciapiede.

Per prevenire la crescita inclinata dei pini di nuovo impianto occorre, invece, tenere presente il fenomeno della “ritrosia delle chiome” (o “timidezza delle chiome”) manifestata da alcune Fagacee, Mirtacee e, in maniera particolarmente accentuata, dai pini. Quando la chioma viene ripetutamente toccata da un ostacolo (ad es. un muro o una chioma vicina, a seguito dell’ondeggiamento indotto dal vento) i germogli apicali interrompono la loro crescita su quel lato, mentre la chioma continua a svilupparsi sugli altri lati, inducendo così, gradualmente, la curvatura di allontanamento dei rami e/o del fusto (Fig. 8). Col trascorrere degli anni, ne risulta l’inclinazione del tronco e uno sbilanciamento della pianta.
 

Fig. 8. Esempi di “ritrosia delle chiome” nella pineta di Marina, presso la IMM: le frecce gialle ricalcano la manifesta curvatura di allontanamento di alcuni rami da una chioma vicina o da una chioma oggi non più esistente per caduta dell’albero sovrastante (freccia tratteggiata). Nota: le foto sono state molto schiarite per evitare che la sovrapposizione ottica di chiome e rami mascherasse la curvatura di questi ultimi.

 
Sul lato Massa, la presenza di edifici e dello stesso muro a lato del marciapiede rappresentano ostacoli che, toccati dalle chiome, innescano la risposta di ritrosia: sarà dunque necessario correggere (ad es. con tiranti) ogni iniziale tendenza alla curvatura del fusto, proseguendo la sorveglianza e gli interventi nel corso degli anni, almeno finché la chioma avrà superato l’altezza degli ostacoli. Qualora l’ostacolo fosse rappresentato da chiome di alberi presenti nei giardini delle ville adiacenti, occorrerà potare tali chiome.

La soluzione alternativa da considerare è la sostituzione dell’intera alberatura di pini con un’altra specie che assuma un aspetto maestoso a pieno sviluppo ed abbia una chioma di elevato valore ornamentale. Una specie che risponde a questi ed altri requisiti delle piante da alberature stradali è la rovere (Quercus petraea: Fig. 9); essa, infatti:

  • è un albero longevo (fino a 500-800 anni) di prima grandezza (supera cioè, in condizioni ottimali, i 30 m di altezza), con il tronco che può arrivare a 1-2 m di diametro (dopo 1-2 secoli);
  • il tronco, robusto, diritto e cilindrico, si ramifica molto in alto: è pertanto adatta ad utilizzi di pregio, particolarmente ad alberature stradali importanti;
  • l’apparato radicale è fittonante fin dall’inizio e rimane tale per tutta la vita, con numerose e robuste radici che penetrano il terreno in modo obliquo, caratteristiche che la rendono molto stabile, resistente ai forti venti e a periodi siccitosi (per la notevole profondità raggiunta dalle radici);
  • ha una bella chioma, ampia, densa e regolare con foglie lobate a margine ondulato; è piuttosto rustica e non sembra soggetta al ‘deperimento delle querce’ e agli attacchi di oidio;
  • essendo caducifoglia, d’inverno lascia passare i raggi del sole, pur mantenendo un aspetto maestoso, per l’imponente scheletro; d’estate, invece, fornisce frescura.

 

Fig. 9. A: la rovere. B: schema dell’albero a pieno sviluppo, in rapporto all’altezza di un uomo. C: foglie con ghiande.

 
In entrambi i casi, sarà opportuno distanziare maggiormente gli alberi, in modo da consentire il pieno sviluppo delle chiome a maturità: nel caso di mantenimento dei pini (troppo ravvicinati tra loro: 7 m), si può raddoppiare la distanza; nel caso di sostituzione con rovere, è bene adottare una distanza ancora maggiore.


 

2.3.a Viale XX Settembre: SITUAZIONE
 

L’alberatura del viale XX Settembre può essere distinta in vari tratti, ciascuno caratterizzato da una specie prevalente:

  • da S. Ceccardo alla Camera del Lavoro: giovani aceri campestri (distanziati di 7 m) sul lato Sarzana e alberatura assente sul lato Massa;
  • dalla Camera del Lavoro a via Carriona: tigli su entrambi i lati (distanza 7-8 m), con diversi esemplari mancanti; la potatura, molto energica, ha mantenuto solo corte branche principali, pochi rami subverticali e i ramoscelli molto più giovani che si dipartono da essi;
  • da via Carriona al ponte sul Bertino in loc. Tramonti: ippocastani su entrambi i lati (distanza 7-9 m); l’intera alberatura è molto sofferente (molti esemplari hanno chioma rada e rami secchi) e circa la metà degli alberi è già stata sostituita da tigli (Fig. 10);

 

Fig. 10. A: di fronte all’istituto Zaccagna: data la distanza d’impianto ravvicinata, la chioma dei tre ippocastani è stata potata lateralmente, in modo da ridurne l’ingombro; sarebbe stato preferibile piantare solo i due esemplari ai lati, lasciandone sviluppare appieno la chioma. B: di fronte alla farmacia di Fossola: tre ippocastani, di cui il secondo in gravi condizioni (corteccia distaccata e forte attacco fungino: vedi riquadro) e il terzo sofferente; a destra, un tiglio piantato in sostituzione di un ippocastano e potato innaturalmente in forma colonnare. C: due ippocastani (alle estremità) e tre tigli sostitutivi (al centro); anziché tre tigli, sarebbe stato preferibile piantare un solo albero, consentendo ad esso e ai due ippocastani migliori condizioni di crescita. D: presso l’incrocio Tramonti: un ippocastano in pessime condizioni e un tiglio sostitutivo.

 

  • dal ponte in loc. Tramonti a S. Antonio: bagolari su entrambi i lati, distanziati di 7-12 m, in buone condizioni (salvo qualche eccezione);
  • da S. Antonio a via Covetta: su entrambi i lati, lecci (prevalenti) intercalati a pini (40 in tutto) e palme delle Canarie; distanza d’impianto circa 10 m;
  • da via Covetta a Marina: tigli su entrambi i lati (più tre pini presso l’ex gasometro e qualche leccio sul lato Massa), posti a distanza troppo ravvicinata (6-7 m) e, perciò, sottoposti lateralmente a drastica potatura;
  • Marina: sul lato Sarzana, un primo tratto con lecci ravvicinati (6 m), seguito da un tratto con pini, anch’essi ravvicinati (6 m), la metà dei quali mancanti. Sul lato Massa, un primo tratto con lecci ravvicinati (6 m) in duplice filare, seguito da una secondo tratto con pini le cui radici hanno dissestato l’asfalto.

Per quanto riguarda i numerosi pini, va osservato che quelli piantati in terreno aperto non provocano sollevamenti del suolo (Fig. 11A); quelli piantati in aiuole spaziose adiacenti a strade prive di traffico intenso e senza posteggio ravvicinato possono dare luogo a modesti dissesti del fondo, perfettamente gestibili con una normale manutenzione del manto stradale (Fig. 11B).
 

Fig. 11. A: l’apparato radicale dei pini nel giardino esterno del cimitero di Turigliano non è soggetto alla pressione del traffico e del parcheggio: non sviluppa pertanto i noduli radicali che sollevano il terreno. B: anche i pini dotati di un’aiuola spaziosa non generano particolari problemi di dissesto stradale (nella foto: via vicinale Campo d’Appio).

 
Una pressione verticale sull’apparato radicale, quale quella esercitata da intenso traffico autoveicolare e/o dalla sosta di auto, invece, compatta il suolo e sollecita le radici corda superficiali dei pini a sviluppare noduli radicali (Fig. 12) che, ingrossandosi, sollevano e dissestano il manto stradale e il marciapiede (Fig. 13). Anche nei terreni con falda subaffiorante o, comunque, umidi può verificarsi il sollevamento delle radici corda, per raggiungere il suolo aerato e sfuggire all’asfissia radicale.
 

Fig. 12. Viale XX Settembre, a monte della ferrovia: radici corda (A) sollevatesi per l’ingrossamento dei noduli radicali (B).

 

Fig. 13. Viale XX Settembre, a valle di S. Antonio: marciapiede dissestato al piede di un pino (frecce gialle); il manto stradale è liscio, ma solo perché è stato rinnovato (è visibile la traccia di una lunga toppa di rifacimento, il cui bordo è la linea indicata dalle frecce blu).

 
Per tutti i pini sul viale (salvo esemplari di valore paesaggistico: Fig. 14), si pone pertanto l’alternativa tra mantenerli –garantendo la percorribilità stradale e pedonale attraverso una frequente (e costosa) manutenzione del manto stradale e dei marciapiedi– o sostituirli con un’altra specie.
 

Fig. 14. A: un pino di particolare pregio paesaggistico (presso il cimitero di Turigliano, lato Sarzana), grazie al lungo ramo a destra lasciato crescere e sostenuto da robusti cavi (B).

 
È importante segnalare che lungo il viale XX Settembre, oltre a singoli esemplari, vi sono intere alberature in evidente stato di sofferenza: il tratto a ippocastani da via Carriona a Tramonti (già illustrati in Fig. 10), quello a lecci da S. Antonio a via Covetta (Fig. 15) e quelli a tigli dalla Camera del Lavoro a via Carriona e da via Covetta a Marina (Fig. 16). In pratica, salvo il tratto a bagolari, tutte le alberature del viale sono in condizioni molto critiche.
 

Fig. 15. A: viale XX Settembre, presso il distributore di carburanti ENI di Turigliano: quattro lecci in evidente stato di sofferenza, a distanza di 7 m (21 m dal primo al quarto); nel caso di sostituzione, è opportuno piantare 3 soli esemplari in modo che la maggior distanza (10 m) consenta un miglio sviluppo delle chiome. B: alberi mancanti e leccio moribondo presso il bar Sonia: è l’occasione per nuovi impianti a distanza di 10 m. C e D: al centro, un leccio molto sofferente, da eliminare senza sostituzione, in modo da dare più spazio all’espansione delle chiome degli alberi adiacenti. E: tra Avenza Centrale e via Covetta: leccio sofferente, da sostituire. F: davanti al negozio di sanitari Gianola: al posto dei due piccoli lecci centrali, sarebbe stato più opportuno piantare un solo esemplare, per favorirne una miglior crescita.

 

Fig. 16. Tratto a tigli da via Covetta a Marina: condizioni ottime o pessime? A: a giudicare dal fogliame lussureggiante, i tigli danno l’impressione di godere di ottima salute, ma la realtà è ben diversa. B: la distanza d’impianto troppo ravvicinata (6-7 m) costringe a potature energiche che conferiscono alla chioma un aspetto cilindrico; l’apparato fogliare, così ridimensionato, produce risorse insufficienti alle necessità. Nel riquadro, il portamento naturale dei tigli, la cui chioma globosa è larga all’incirca quanto l’altezza della pianta. C: per pigrizia mentale, la potatura drastica viene applicata anche a piante che, essendo più distanziate, non ne avrebbero alcuna necessità. D: tigli potati a candelabro: le branche principali sono ridotte a corti monconi (1) dai quali si dipartono lunghi rami secondari verticali (2), spogliati di tutte le ramificazioni laterali, ad eccezione dei sottili rami dell’anno o degli ultimi 2-3 anni (3). Sulla destra, tigli giovani piantati in sostituzione di quelli abbattuti. E e F: tiglio potato a candelabro e dettaglio dei rami delle classi 2 e 3: mancano tutte le ramificazioni intermedie. G e H: la ripetuta potatura drastica indebolisce progressivamente gli alberi, causandone deperimento e morte.

 

2.3.b Viale XX Settembre: SUGGERIMENTI
 

Le alberature sul viale richiedono dunque radicali interventi di riqualificazione, in un’ottica complessiva, non focalizzata sui soli pini. Laddove sia necessario piantare nuovi esemplari per sostituire quelli mancanti o da abbattere, sarà perciò opportuno, ovunque possibile, adottare una distanza d’impianto maggiore (almeno 10 m e più, secondo le specie impiegate), per consentire il pieno sviluppo della chioma e la crescita di esemplari più equilibrati e robusti.

Per la scelta della specie degli alberi da utilizzare per coprire i posti vacanti o sostituire quelli da abbattere è possibile dare alcune indicazioni di massima:

  • nei tratti con copertura monospecifica (ad es. solo lecci o solo tigli) è preferibile piantare esemplari della stessa specie, previa verifica dell’assenza di patogeni che potrebbero colpire gli alberi di nuovo impianto (nel qual caso è preferibile impiantare una specie diversa);
  • nei tratti a filare misto (es. pini, lecci, palme) è forse preferibile impiegare una specie diversa avendo cura di adottare una maggior distanza d’impianto e, nella misura possibile, una certa regolarità.

Per i pini del viale XX Settembre, va tenuto conto che l’intenso traffico e, talora, il parcheggio sui marciapiedi stimolano la formazione dei noduli radicali e inducono il frequente dissesto delle pavimentazioni. Può essere perciò presa in seria considerazione l’eventualità di sostituire con altre specie gli esemplari che provocano un dissesto marcato.

In sostituzione (dei pini o di altre specie) si suggerisce l’impiego di un clone di platano resistente al cancro colorato poiché:

  • i platani (Platanus x acerifolia) ornavano già il viale nella seconda metà del secolo scorso;
  • il clone indicato è resistente al cancro colorato del platano (Ceratocystis fimbriata) che, soprattutto a causa delle modalità improprie di potatura (senza sterilizzazione della lama da una pianta all’altra), si è diffuso rapidamente provocando la morte di tutti gli esemplari;
  • i platani, per le loro grandi dimensioni, il largo fogliame e le larghe placche chiare risultanti dal distacco della corteccia, sono alberi di grande valore ornamentale;
  • trattandosi di caducifoglie, forniscono ombreggiatura d’estate e tepore d’inverno.

Qualunque sia la specie di sostituzione impiegata, è raccomandabile adottare una distanza tra esemplari che consenta il loro pieno sviluppo (circa 20 m qualora la scelta ricada sul platano), onde evitare di trovarsi in futuro con alberi miseramente mutilati da potature drastiche.

Va infatti ribadito che il problema principale delle intere alberature presenti sul viale XX Settembre è la distanza d’impianto troppo ravvicinata: un errore molto diffuso (commesso all’atto della loro progettazione), derivante da un’ottica di breve termine.

Una progettazione lungimirante, infatti, non si focalizza sul risultato a breve termine, ma tiene conto della longevità delle singole specie (solitamente vicina o superiore al secolo) e adotta pertanto distanze d’impianto che consentano alla pianta di sviluppare pienamente la sua chioma, crescere sana e immagazzinare riserve sufficienti a reagire alle avversità che incontrerà nel corso della sua lunga vita. Ne gioverà non solo la salute degli esemplari piantati, ma ne sarà esaltato anche il valore ornamentale.

Distanze ravvicinate impongono, invece, potature drastiche che non si discostano molto dalla capitozzatura, alle quali le piante reagiscono con la produzione di rami vigorosi (succhioni), con foglie spesso più grandi del solito, che danno l’impressione di grande vigore e salute. La presenza di questi succhioni, tuttavia, è un segnale di stress e di riduzione delle sostanze di riserva. Questa reazione, infatti, è solo il disperato tentativo della pianta “affamata” che –investendo tutte le sue residue riserve energetiche– produce molte foglie per cercare di recuperare (con la fotosintesi) le riserve che un tempo erano immagazzinate nel tronco e nei rami.

Le potature ‘a candelabro’ dei tigli (Fig. 16), ad esempio, pur essendo una risposta obbligata (peraltro eseguita con particolare maestria) all’errore progettuale di distanze d’impianto troppo ravvicinate, si limitano ad affrontare il problema estetico (ottenere un aspetto gradevole, compatibile con lo spazio ristretto disponibile), ma non la causa, accettando il conseguente progressivo deperimento dell’alberatura.

Va ricordato che una delle regole d’oro della potatura è “la potatura corretta è quella che non si vede”, grazie alla tecnica del “taglio di ritorno” (Fig. 17). Rispetto alle potature drastiche, quest’ultima richiede più perizia, tagli più numerosi e maggiori spostamenti; è quindi più costosa, ma esalta l’aspetto ornamentale delle piante e, soprattutto, le mantiene in buone condizioni di salute, evitandone il deperimento e consentendo loro di reagire meglio alle avversità.
 

Fig. 17. La potatura per “taglio di ritorno” (a sinistra: tratto bianco) consiste nell’accorciamento di un ramo tagliato appena al di sopra di un ramo secondario non troppo più sottile di quello eliminato: il diametro del ramo lasciato (1) dovrebbe essere almeno 1/3 (ancora meglio: la metà) di quello tagliato (2). La chioma viene solo leggermente accorciata e mantiene l’aspetto caratteristico dell’albero. Tanto più si interviene su rami a sezione piccola, tanto più facilmente l’albero rimarginerà le ferite; con tagli su rami a sezione grande, invece, sarà più facile l’insorgenza di alterazioni dei tessuti, quali le carie (che possono, nei casi più gravi, portare al crollo della pianta). Illustrazione da: Sergio Zerbini, Alberi e Territorio, genn.-febbr. 2005.

 
Sul viale XX Settembre non è pertanto possibile limitarsi alla sostituzione di alberi sofferenti o che creano problemi; al contrario, è necessaria una radicale riqualificazione che parta da un’accurata riprogettazione di tutte le alberature e pianifichi le specie da adottare, le distanze d’impianto, la fasi della ristrutturazione (per interi tratti, oppure graduale, per sostituzione di singoli esemplari man mano che ne sorga la necessità) e una accurata manutenzione.


 

2.4.a Via Aurelia (da Turigliano alla rotonda della strada dei marmi): SITUAZIONE
 

In questo tratto di 2.250 m (4.500 considerando i due lati della strada) vi sono circa 120 pini posti a distanza variabile da 9 a 15 m. Anche adottando la distanza di 15 m, il tratto dovrebbe ospitare circa 300 pini, che si riducono a circa 250 se si considerano i tratti inidonei (ponti, incroci stradali, accessi ad aziende ecc.). Si può quindi stimare la mancanza di almeno 130 pini, abbattuti negli anni da forti venti o per altri motivi.

Nel tratto da via Carriona a Nazzano, l’Aurelia è completamente sguarnita di alberatura sul lato ma-re, mentre il lato monte è scoperto per circa la metà del tratto (Fig. 18 A e B); da Nazzano all’uscita della galleria della strada dei marmi entrambi i lati presentano ampi tratti non alberati.

Il dissesto causato alla sede stradale dall’apparato radicale dei pini è più accentuato sul lato monte per la loro stretta vicinanza alla carreggiata (Fig. 18 E e F); sul lato mare, invece, la strada subisce molto meno il dissesto (Fig. 18C) per la maggior distanza dai pini (essendo questi separati dalla strada dall’ex pista ciclabile). Salvo rare eccezioni, i pini sono diritti, equilibrati e stabili.
 

Fig. 18. A: da Turigliano al T. Carrione, l’Aurelia presenta molti tratti privi di alberatura sul lato mare (a destra) e, ancor di più, sul lato monte. B: dal Carrione a Nazzano, l’Aurelia presenta pochi pini sul lato monte, mentre il lato mare ne è totalmente privo. C: grazie alla ex pista ciclabile situata sul lato mare, i pini su questo lato sono ben distanti dalla sede stradale; sul lato monte, invece, sono strettamente adiacenti ad essa. D: rigonfiamenti della carreggiata indotti dai pini presso l’ex Abital. E: rigonfiamenti della pavimentazione autobloccante. F: tratto Turigliano-Carrione: ceppaia (freccia) vicinissima alla carreggiata e marciapiede dissestato.

 

2.4.b Via Aurelia (da Turigliano alla rotonda della strada dei marmi): SUGGERIMENTI
 

Considerato che l’intera via Aurelia, fino a Roma, è caratterizzata da alberature a pino domestico, è impensabile snaturarla sostituendo i pini con altre specie. Si suggerisce pertanto:

  • sul lato mare, al margine esterno della pista ciclabile, piantare nuovi pini (a distanze di 15-20 m) nei tratti che ne sono sprovvisti; laddove ciò sia inopportuno per la vicinanza di edifici, si può ripiegare su alberelli;
  • sul lato monte, data la mancanza della pista ciclabile, i pini sono molto ravvicinati alla sede stradale, che ne subisce il dissesto; non è pertanto opportuno piantare nuovi pini a distanza così ravvicinata; è possibile pensare a riempire ‘otticamente’ i tratti vuoti piantando qualche pino in posizione ben più arretrata, individuando accuratamente alcuni punti strategici.

Una soluzione del tutto analoga può essere adottata per il tratto di Aurelia da Anderlino a Baudoni (sprovvisto di circa il 70% dei pini originari), piantando nuovi pini sul lato mare (esterni alla pista ciclabile) e, sul lato monti, piantandoli ben distanti dalla sede stradale e distanziati tra loro anche più di 20 m.


 

2.5.a Viale Colombo: SITUAZIONE
 

Il viale Colombo è caratterizzato sul lato monte da un’alberatura continua di pini dal viale XX Settembre al viale Galilei (Fig. 19A), mentre sul lato mare vi sono tratti privi di alberatura e tratti con palme delle Canarie (Phoenix canariensis) (Fig. 19B), talora inserite in una siepe.
 

Fig. 19. A: l’alberatura a pino domestico sul lato monte di viale Colombo. B: il filare di palma delle Canarie sul lato mare, tra via Rinchiosa e via Modena.

 
L’intera alberatura è costituita da pini maturi, ben equilibrati e in buone condizioni di salute, salvo rari casi che, comunque non pregiudicano la sicurezza della circolazione (Fig. 20A).
 

Fig. 20. A: presso via Parma vi sono due pini la cui forte inclinazione verso il marciapiede non pregiudica la circolazione stradale e conferisce loro un aspetto suggestivo. B: pineta tra via N. Sauro e via Volpi: grazie al terreno aerato e all’assenza di pressione sull’apparato radicale, il terreno è piano, senza rigonfiamenti.

 
Il traffico intenso e il parcheggio, sia lungo il viale sia nell’adiacente marciapiede asfaltato (qui, talora, in duplice fila), compattano il terreno ed esercitato una pressione sull’apparato radicale dei pini, che reagisce ingrossando i noduli radicali e sollevando le radici corda superficiali: ne risulta un pesante dissesto dell’asfalto (assente nella pineta: Fig. 20B).

Sul lato strada, grazie al frequente rifacimento, l’asfalto è in discrete condizioni, mentre il marciapiede è molto dissestato e comporta il rischio d’inciampo e difficoltà per il transito di carrozzine per bambini e per invalidi (Fig. 21).
 

Fig. 21. Viale Colombo: alcune delle numerose situazioni di dissesto del marciapiede, causate dalla risposta delle radici dei pini alla pressione esercitata dal posteggio delle auto.

 
Nel tratto tra via Rinchiosa e via Modena sono stati recentemente tagliati diversi pini, proprio per porre fine ai frequenti dissesti dell’asfalto, evitare i rischi d’inciampo e i continui costi di ripristino dell’asfaltatura (Fig. 22). Per porre fine a tali inconvenienti, l’amministrazione comunale ha recentemente sostituito 7 pini con 14 palme (Washingtonia robusta) e intende estendere l’intervento all’intera alberatura a pini di viale Colombo.
 

Fig. 22. A: taglio dei pini in corso (giugno 2019). B: il marciapiede riasfaltato, dopo il taglio dei pini, in attesa dell’impianto di Washingtonia robusta. C e D: lo stesso tratto di viale a fine luglio, appena dopo la sostituzione di 7 pini con 14 Washingtonia.

 

2.5.b Viale Colombo: SUGGERIMENTI
 

Il taglio dei pini di viale Colombo ha suscitato accese polemiche tra due schieramenti opposti:

  • da una parte i contrari: per la difesa dell’ambiente, del paesaggio, del valore identitario dei pini, dell’ombreggiamento fornito dalle chiome (con le palme il viale diverrebbe assolato e inadatto alle passeggiate estive);
  • dall’altra, i favorevoli: per la sicurezza dei pedoni, l’accessibilità a carrozzine e ai disabili e per evitare i costi del frequente rifacimento dell’asfaltatura della sede stradale e del marciapiede.

Si tratta di un classico conflitto tra valori –tutti validi e meritevoli– che avrebbe potuto trovare la soluzione più equilibrata e condivisa nell’ambito di un processo partecipativo, reso purtroppo impossibile dalla spada di Damocle del taglio in atto (per la scelta dell’amministrazione di non confrontarsi con i cittadini).

Legambiente, ponderando senza pregiudizi vantaggi e svantaggi, ritiene che la scelta del taglio dei pini debba tener conto delle strade considerate:

  • nelle strade in cui il valore paesaggistico e identitario dell’alberatura sono massimi ritiene prioritario salvare i pini, garantendo però anche la sicurezza e l’accessibilità per tutti; ciò comporta, ovviamente, la necessità di accollarsi i costi della frequente manutenzione;
  • sulle strade secondarie, invece, ritiene opportuno privilegiare la sicurezza e il risparmio dei costi di manutenzione; ciò comporta la sostituzione dei pini (laddove necessario) con altre specie arboree;
  • nelle strade di importanza intermedia (come il viale XX Settembre), ritiene che la scelta tra taglio e mantenimento dei pini vada valutata esemplare per esemplare, sostituendo quelli più problematici e mantenendo quelli che possono essere gestiti a costi ragionevoli.

Sulla base di questa impostazione, e considerato che il viale Colombo è il ‘biglietto da visita’ per i turisti balneari e presenta uno spiccato valore identitario, ritiene di grande importanza il suo mantenimento.

Va precisato che il carattere identitario dei nostri pini non deriva dalla presenza ultracinquantennale dell’alberatura (questo potrebbe essere un valore d’affezione per i soli carraresi, ma non identitario!), ma da profonde radici storiche e fitoclimatiche. Specie termofila (amante dei climi caldi), moderatamente xerofila (resistente alla siccità) e spiccatamente eliofila (amante del pieno sole, come dimostrato dalla chioma espansa a ombrello), infatti, il pino domestico ha trovato l’habitat ideale in prossimità del mare e caratterizza buona parte del litorale toscano.

Le pinete litoranee, originariamente piantate in epoca romana per ricavarne legname da navi, poi nelle fasi di bonifica come fascia di protezione delle colture agrarie retrostanti, hanno in seguito assunto importanza economica per l’industria dei pinoli (nel secolo scorso la Toscana era ai primi posti della produzione mondiale) e hanno costruito nei secoli un paesaggio vegetale nel quale le comunità delle aree litoranee toscane (e adriatiche) hanno finito per identificarsi.

Si tenga conto che la copertura complessiva a pinete in Italia è stimata in circa 20.000 ettari, più della metà dei quali sono in Toscana (13.000 ettari). Per i turisti che scendono dall’Europa, le prime pinete incontrate sono dunque quelle toscane; le nostre pinete, pertanto, costituiscono un patrimonio incomparabile di paesaggio forgiato nei secoli dall’uomo e costituiscono un’eccezionale ricchezza e espressione di identità culturale (oggi sfruttata per il valore paesaggistico e come richiamo turistico).

Le alberature stradali a pini sono pertanto un modo eccellente per comunicare in maniera immediata ed efficace questa identità culturale e paesaggistica. I pini di viale Colombo, infatti, dicono al turista che sta entrando nel cuore (la Toscana) della patria (l’Italia) del pino domestico (non per nulla chiamato anche Pinus italica). Sarebbe dunque insensato distruggere il valore identitario (oltreché paesaggistico) dell’alberatura per uniformarlo agli stereotipi snobistici, del tutto inappropriati, dei viali californiani a Washingtonia.

Considerata inoltre l’estesa moria di palme in tutta Italia, decimate dal punteruolo rosso (Rhynchophorus ferrugineus), tale scelta sarebbe anche poco lungimirante: il punteruolo rosso, infatti, sebbene prediliga altre specie di palme (in particolare Phoenix canariensis), quando non trova di meglio, attacca altre palme, tra cui la palma del Giappone (Trachycarpus fortunei), la palma da cocco (Cocos nucifera), la palma nana (Chamaerops humilis).

Recentemente (2017) sono stati segnalati i primi attacchi anche alle Washingtonia: ciò destituisce di fondamento la motivazione fornita dall’amministrazione comunale sull’immunità delle Washingtonia al punteruolo rosso e ne rivela l’improvvisazione e i limiti sul piano dell’approccio scientifico, oltreché della partecipazione.

Ciò detto, va osservato che l’attuale alberatura di pini ha una distanza d’impianto di 12 metri, sufficiente per conferirle un gradevole aspetto ornamentale, ma insufficiente per sviluppare appieno la chioma a ombrello che ne rappresenta l’aspetto caratteristico, inconfondibile e che ne esalta al massimo il valore ornamentale, paesaggistico e identitario (Fig. 23).
 

Fig. 23. A: in primo piano giovani pini domestici, con la chioma globosa; in secondo piano, pini maturi, con la tipica conforma-zione ‘a ombrello’. B: da sinistra a destra, fase giovanile (1), con crescita in altezza e costruzione del tronco e della chioma globosa (2) e, verso la maturità, sviluppo in volume e costruzione della chioma a ombrello (3 e 4). Da Lorenzini e Nali, 2013. Il pino domestico. Ed. Olschki, Firenze.

 
È pertanto opportuno pianificare una distanza d’impianto di circa 20 metri, da ottenere gradualmente man mano che alcuni esemplari giungeranno a fine vita.

Nell’immediato, per rimediare al danno compiuto, è necessario rimuovere le Washingtonia appena impiantate nel tratto via Rinchiosa-via Modena (Fig. 22C e 22D), ripiantando nuovi pini e adottando accorgimenti volti a contrastare in futuro il sollevamento delle radici e il dissesto della copertura. Si suggeriscono i seguenti accorgimenti:

  • su tutto il viale Colombo, vietare la sosta delle auto sul marciapiede e allargare generosamente l’aiuola continua longitudinale: ciò eviterà la pressione sull’apparato radicale e il conseguente dissesto del marciapiede; quest’ultimo, sia pure ristretto, resterà comunque sufficientemente ampio per il passeggio pedonale;
  • sul tratto a Washingtonia, rimuovere le palme e il manto asfaltato (marciapiede e strada) per consentire l’inserimento (dopo l’impianto dei nuovi pini) di una larga grata metallica a tetto del suolo (ricoprendola poi nuovamente col manto asfaltato); la grata ostacolerà il sollevamento del suolo, senza impedirne l’areazione e l’assorbimento delle acque piovane.

Per contenere l’effetto spoglio del nuovo tratto con giovani pini, questi possono essere piantati a distanza di 10 metri, programmando l’eliminazione di un esemplare su due quando le loro chiome verranno a trovarsi a distanza ravvicinata, in modo da consentire loro di sviluppare la chioma a ombrello (Fig. 23B: fasi 3 e 4). Questo intervento potrà servire da modello sperimentale per l’intero viale Colombo nei prossimi decenni, quando l’invecchiamento dell’attuale alberatura a pini ne imporrà la sostituzione.

Per la miglior riuscita della nuova alberatura a pini è bene non lasciarsi tentare dal ‘pronto effetto’. I vivaisti, infatti, per allevare pini di una certa dimensione, sono costretti ad accorciare il fittone e le radici fascicolate: si potranno quindi piantare pini più grandi, ma questi non riusciranno poi a sviluppare pienamente i grandi palchi della chioma a ombrello. È pertanto preferibile piantare pini di piccole dimensioni: con più pazienza e lungimiranza si raggiungeranno in futuro i migliori risultati ornamentali e di stabilità. Un buon compromesso può essere piantare a 10 m di distanza pini molto giovani (da mantenere come definitivi) alternati a pini ‘pronto effetto’ (da eliminare in seguito).

Per dare un tocco di originalità al viale, rispettandone tuttavia rigorosamente il valore paesaggistico e identitario (anzi, evidenziandolo maggiormente), può essere presa in considerazione l’idea di piantare in punti strategici (ad esempio ai quattro angoli di ogni incrocio –dove possibile– e a ombreggiare le assolate panchine di piazza Ingolstadt), un esemplare di specie caratteristiche della zona fitoclimatica.

A tale scopo si prestano egregiamente la sughera (Quercus suber) e il carrubo (Ceratonia siliqua): si tratta di specie a crescita lenta, ma che possono raggiungere dimensioni e aspetto ornamentale molto ragguardevoli (Fig. 24A e 24B).
 

Fig. 24. A: la splendida sughera sulla scalinata di piazza d’Armi. B: esemplare maturo di carrubo (da wikipedia). C: l’unico esemplare di tamerice rimasto sul viale Colombo, presso il Club nautico.

 
A integrazione di questo approccio, considerato che le palme sul lato mare (Phoenix canariensis) sono con ogni probabilità condannate a morte dalla dilagante infestazione del punteruolo rosso, si può programmare fin d’ora la sostituzione con sughera o carrubo degli esemplari che man mano dovessero morire.

Si coglie l’occasione per segnalare che, sebbene il decreto del Ministero Agricoltura del 7/2/11 sulla lotta obbligatoria al punteruolo rosso sia stato revocato, il Servizio Fitosanitario Regionale raccomanda di continuare a: monitorare lo stato fitosanitario delle palme; effettuare, dove possibile e necessario, trattamenti preventivi e curativi; abbattere nel più breve tempo possibile gli esemplari colpiti e non più recuperabili; distruggere correttamente il materiale infetto (foglie, parte del fusto colpita) tramite triturazione meccanica fine. È dunque altamente raccomandabile proseguire assiduamente la lotta al punteruolo rosso, per arginarne la diffusione.

Infine, il tratto dal Buscaiol al cantiere nautico, oggi tristemente spoglio, può essere ornato con alberelli di tamerici, dalla chioma leggera e particolarmente tolleranti la salsedine (Fig. 24C).


 

2.6 Altre strade: SITUAZIONE E SUGGERIMENTI
 

La cartografia fornitaci dal comune indicava anche altre strade minori con pini, che qui trattiamo brevemente.

 

– Via Campo d’Appio (da via Monzoni a via Fiaschi)

 

I pini, piantati in una spaziosa aiuola spartitraffico non pavimentata che favorisce gli scambi idrici e gassosi tra il suolo e l’atmosfera, sono cresciuti sani e diritti (Fig. 25). Il traffico veicolare, modesto e a discreta distanza dal piede degli alberi, non esercita una particolare pressione sull’apparato radicale che, perciò, non è sollecitato a rispondere con l’ingrossamento dei noduli radicali: non si verificano pertanto significativi dissesti del manto stradale.

Si tratta di una situazione ottimale che, pertanto, dovrebbe essere presa come riferimento per l’impianto di pini nelle alberature stradali. Ciò considerato, si suggerisce il mantenimento dell’alberatura, senza alcun intervento.
 

Fig. 25. Vista del filare di pini di via vicinale Campo d’Appio, inseriti in una spaziosa aiuola spartitraffico.

 

– Via Monzoni (da via Campo d’Appio a via Covetta)

 

L’alberatura a pini di via Monzoni è stata realizzata a suo tempo in due filari eccessivamente ravvicinati tra loro (5 m), presumibilmente concepita per il passeggio ma senza tener conto delle dimensioni che le piante avrebbero raggiunto a pieno sviluppo (Fig. 26 A e B). Lungo i filari, invece la di-stanza tra gli esemplari è di 9 metri.

Per l’eccessiva vicinanza tra i filari, le chiome si intersecano (Fig. 26C). Nel tratto a monte, tuttavia si verifica il fenomeno della “ritrosia delle chiome” che induce i tronchi ad allontanarsi, incurvandosi e/o inclinandosi verso la strada (Fig. 26 D e E). In futuro, pertanto, questi esemplari tenderanno a sbilanciarsi ulteriormente e a divenire suscettibili al crollo in occasione di forti venti.

Dato l’ampio corridoio di terra a disposizione, le radici non emergono in superficie e l’asfalto non presenta dissesti.
 

Fig. 26. A: il breve tratto alberato di via Monzoni. B: i pini sono stati piantati in due filari molto ravvicinati. C: per la stretta vicinanza, le chiome dei pini adiacenti si intersecano, senza mostrare il fenomeno della “ritrosia”. D: nei pini verso monte, invece, il fenomeno della ritrosia delle chiome si manifesta con curvature dei rami (freccia gialla) e inclinazione del tronco verso la strada (freccia bianca). E: foto schiarita per meglio mostrare l’inclinazione verso la strada dei pini situati a monte (frecce).

 
Considerata la sufficiente distanza intrafilare (9 m) e l’eccessiva vicinanza interfilare (5 m), la soluzione più ragionevole appare l’abbattimento del filare interno (più distante dalla strada), almeno per gli esemplari inclinati (situati a monte), mantenendo invece integralmente il filare lato strada.

L’auspicio è che, in tal modo (grazie alla produzione di legno di reazione, detto ‘canastro’, sul lato compresso del tronco), gli alberi inclinati possano sfruttare lo spazio liberatosi espandendo la chioma verso gli edifici e correggere l’inclinazione del tronco, riequilibrando così il proprio baricentro. La periodica sorveglianza a distanza di qualche anno dirà se l’intervento avrà avuto successo.

 

– Via Marco Polo

 

Sul fondo della strada è presente un filare di pini sul lato mare, distanziati 7-9 m, in discrete condizioni di equilibrio (Fig. 27A); vi è inoltre un esemplare isolato, situato a circa metà strada, che arreca un sensibile dissesto al manto asfaltato (Fig. 27B).

Tre pini sono stati sostituiti anni fa da un melograno (Punica granatum) e due alberelli di fotinia (Photinia serrulata).
 

Fig. 27. A: il filare di pini sul fondo di via Marco Polo. B: dissesto dell’asfalto causato da un pino isolato adiacente a una casa.

 
Per il filare a fondo strada, considerato che il sollevamento dell’asfalto indotto dai pini è piuttosto contenuto e che il traffico automobilistico e la frequentazione pedonale sono molto limitati, sembra conveniente mantenere l’alberatura, limitandosi a manutenzioni localizzate e sporadiche del manto stradale.

Per il pino isolato, considerato che non fa parte di un filare, ma si trova su un lungo tratto sguarnito di alberatura, si prospettano due soluzioni possibili: il rifacimento periodico dell’asfalto (che avrebbe costi contenuti, visto il breve tratto dissestato) o il suo abbattimento. Si suggerisce di consultare i residenti nella casa adiacente il pino, accogliendo le loro preferenze.

In entrambi i casi, si suggerisce di impiantare una nuova alberatura di modesta altezza nel tratto che ne è privo: un buon candidato potrebbe essere il melograno.

 

– Piazza del Commercio

 

Situata tra via Firenze e il viale XX Settembre, presenta sul lato mare un filare di 13 pini, impiantati in un’aiuola longitudinale continua, distanziati di 6 m e ben equilibrati. Il dissesto dell’asfalto adiacente al marciapiede è contenuto e interessa sostanzialmente la fascia utilizzata come parcheggio; la carreggiata è in condizioni accettabili e sostiene un traffico modesto. Ciò considerato, non si ravvisano particolari ragioni di intervento.

 

– Via Savonarola

 

Il breve tratto di strada segnalato dal comune (30 m) ospita 4 soli pini, distanziati di 8 m; la fascia di carreggiata adiacente è adibita a parcheggio. L’asfalto stradale e del marciapiede sono piuttosto dissestati.

Considerato che la strada sopporta un traffico molto limitato e che, pertanto, il dissesto dell’asfalto appare attribuibile alla pressione esercitata sulle radici dagli autoveicoli in sosta, una soluzione ragionevole potrebbe essere il ripristino dell’asfaltatura accompagnato dal divieto di sosta in quel breve tratto.

Si coglie l’occasione per segnalare che l’alberatura lungo via Savonarola ospita anche altre specie, tra cui platani brutalmente capitozzati, che è consigliabile sostituire con un’altra specie: si suggerisce l’impiego del bagolaro (Celtis autralis) in quanto già presente nella stessa alberatura.
 

– Via Genova

 

L’alberatura sul lato mare è separata da un marciapiede dall’adiacente pineta. Il marciapiede e l’asfalto stradale (adibito a parcheggio) presentano un discreto grado di dissesto; alcuni pini, soprattutto verso piazza Nazioni Unite, sono piuttosto inclinati (Fig. 28).
 

Fig. 28. A: via Genova, vista da via Volpi: diversi pini presentano un discreta inclinazione verso la strada. B: il marciapiede con un discreto grado di dissesto, interposto tra la strada (a sinistra) e la pineta (a destra).

 
Ciò considerato e visto il discreto traffico sostenuto dalla strada, può essere presa in considerazione la sostituzione del filare di pini con alberelli o, addirittura, con una siepe, scegliendo specie da mezz’ombra (visto l’ombreggiamento arrecato dalla pineta). Entrambe le soluzioni permetterebbero la sistemazione definitiva del marciapiede e della strada, senza perdere l’effetto paesaggistico dei pini, assicurato dalla pineta adiacente.

A tale scopo possono essere prese in considerazione varie specie, opportunamente allevate ad alberello o a siepe: lillà (Syringa vulgaris), lantana (Viburnum lantana), mirto (Myrtus communis), frangola (Frangula alnus), pero corvino (Amelanchier ovalis), berretta da prete (Euonymus europaeus) e molte altre.
 

– Via Volpi

 
Entrambi i lati della strada (adibiti a parcheggio) sono ornati da un filare di pini con distanza d’impianto di 6 m, impiantati in un’aiuola continua (Fig. 29C). Sul lato Massa gli alberi sono diritti e in buone condizioni, mentre sul lato Sarzana un pino (n. 4) non è riuscito a sviluppare una chioma decorosa e tre pini (n. 5, 6 e 7) sono piuttosto inclinati verso la strada (Fig. 29A) e presentano qualche danneggiamento corticale al piede (n. 5 e 6: Fig. 29 B) e tessuto cicatriziale un po’ disordinato in corrispondenza dei rami caduti. Sia l’asfalto stradale che quello dei marciapiedi non presentano dissesti.
 

Fig. 29. A: via Volpi, lato sinistro: per mancanza di spazio il pino 4, aduggiato dai due adiacenti, è cresciuto col fusto sottile e la chioma molto ridotta (nell’ovale giallo). I pini 5, 6 e 7 sono piuttosto inclinati (aspetto poco percettibile da questa inquadratura). B: il pino 6, dal tronco biforcato, è quello più equilibrato e sviluppato, ma presenta un esteso danneggiamento corticale al piede. C: lato sinistro: l’aiuola longitudinale continua permette l’areazione del terreno; il marciapiede è in ottime condizioni.

 
Un diradamento degli esemplari (troppo ravvicinati) potrebbe permettere l’espansione della chioma (recuperando il caratteristico aspetto a ombrello) e l’irrobustimento di quelli restanti. Tale risultato, tuttavia, potrebbe non realizzarsi a causa dell’inclinazione e dei danneggiamenti corticali. Si suggerisce pertanto di eseguire preventivamente un’analisi di stabilità dei tre pini inclinati.

 

– Via Modena

 

La strada è fiancheggiata da due filari di pini (alcuni leggermente inclinati) impiantati in una larga aiuola longitudinale continua (Fig. 30). L’asfalto dei marciapiedi e della sede stradale (con parcheggio su entrambi i lati) è quasi integro.
 

Fig. 30. A: via Modena, fiancheggiata da entrambi i lati da un filare di pini e un marciapiede. B: i pini sono ospitati in un’aiuola longitudinale continua di sufficiente larghezza.

 
L’unico aspetto insoddisfacente è la distanza d’impianto troppo ravvicinata (6 m), che impedisce ai pini di sviluppare la chioma caratteristica a ombrello. Al momento non si ravvisa alcuna necessità d’intervento, mentre in futuro è bene prevedere almeno il raddoppio della distanza, in maniera molto graduale (ad es. evitando di sostituire eventuali esemplari che dovessero deperire) o, previe attente analisi e valutazioni, eliminando un pino ogni due.

 

– Parcheggio via Muttini

 

Il piazzale adibito a parcheggio situato tra gli edifici e il giardino pubblico è ombreggiato da due filari di pini (più un pino isolato), ospitati in una aiuola longitudinale pavimentata con lastrame di marmo (Fig. 31).

Il filare adiacente al palazzo presenta esemplari distanziati di 6-7 m, leggermente inclinati (tendenti a discostarsi dall’edificio) e con chioma ridotta; i pini del filare al centro del piazzale, invece, sono diritti e con chioma più sviluppata.

L’intero piazzale presenta uno spiccato dissesto del manto asfaltato e delle aiuole (cordoli e pavimentazione disconnessi, radici affioranti) (Fig. 31B, 31C); il dissesto, seppure in misura sensibilmente più attenuata, interessa anche la strada adiacente all’edificio (Fig. 31D).
 

Fig. 31. A: i due filari di pini paralleli al palazzo e, in primo piano a sinistra, il pino isolato. B: le radici affioranti del filare centrale hanno divelto la pavimentazione in lastrame (ancora visibile in D). C: marcato dissesto dell’asfalto, per sollevamento. D: sollevamento del lastrame di copertura dell’aiuola e sollevamenti contenuti dell’asfalto adiacente al palazzo, adibito al solo passo pedonale. E: il bordo del giardino pubblico potrebbe ospitare due grandi platani per ombreggiare il parcheggio e il giardino stesso. F: il platano in via Muttini, di fronte alle scuole (al centro della foto) rende bene l’idea dell’ampiezza della chioma, se lasciata sviluppare liberamente.

 
Tenuto conto che non si tratta di una strada, ma solo di un parcheggio interno nel quale le auto si muovono a velocità molto limitata, la situazione non è proibitiva ma è, comunque, molto degradata: il rifacimento dell’intero manto asfaltato non sembra perciò rinviabile.

Considerato che i pini del filare adiacente all’edificio soffrono della sua vicinanza, si può pensare alla loro sostituzione con alberelli di ingombro limitato, in modo da ottenere comunque un ombreggiamento evitando, però, il ripresentarsi di dissesti nel manto asfaltato.

A causa della pressione esercitata dalle auto sulle radici superficiali, tuttavia, il filare più distante dal palazzo continuerebbe comunque a produrre dissesto al centro del piazzale. Una possibile soluzione è sostituire anch’esso con un’alberatura a latifoglie e associare a questo intervento l’impianto di grandi alberi al margine del giardino pubblico (Fig. 31E): data la lunghezza limitata del tratto (30 m) basterebbero due esemplari di platano distanziati in modo da lasciarne sviluppare completa-mente la chioma (Fig. 31 F).

 

– Via Maestri del Marmo

 

La via presenta un filare di pini in buone condizioni, ospitati in un’aiuola continua e molto ampia, senza radici superficiali sporgenti; il marciapiede in autobloccanti non presenta traccia di dissesti, mentre la fascia asfaltata adiacente al marciapiede, adibita a parcheggio, è stata recentemente rinnovata (Fig. 32A).
 

Fig. 32. A: i pini di via Maestri del Marmo sono ospitati in un’aiuola longitudinale continua e ampia; com’è percepibile dal colore più scuro, l’asfalto è stato recentemente rinnovato. B: vista trasversale al filare: non trovando ostacoli ai lati, la chioma riesce ad espandersi, mentre lungo il filare (C) vi riesce solo laddove manca un esemplare adiacente.

 
L’alberatura non richiede interventi. Si fa solo osservare che la distanza d’impianto troppo ravvicinata (7 m) impedisce lo sviluppo in ampiezza delle chiome che si verifica, invece, dove queste trovano sufficiente spazio: trasversalmente al filare (Fig. 32B) e dove manca un esemplare (Fig. 32C).

 

– Viale Vespucci e Da Verrazzano

 

Il viale Vespucci non è compreso nell’elenco fornitoci dal comune, ma non è possibile tacere le condizioni drammatiche del filare a tamerici, non solo per il gran numero di esemplari che sono stati tagliati e mai sostituiti ma anche perché quelli restanti, sottoposti a ripetute capitozzature, sono ormai ridotti a scheletri (Fig. 33).
 

Fig. 33. Viale Vespucci. A e B: tamerici col tronco internamente scavato (frecce rosse), ridotto a un sottile strato di alburno al di sotto della corteccia, o completamente perforato (frecce gialle). C: tamerice col tronco spaccato verticalmente e divaricato. D: la causa principale dei gravi danni alle tamerici sono le capitozzature (lungo le linee gialle punteggiate) e altre forme di potatura mal fatte (cfr. Fig. 34B), che aprono vie di penetrazione alle infezioni fungine e batteriche responsabili dei marciumi del tronco.

 
Le capitozzature e le potature errate, eseguite a distanza dal collare dei rami, sono responsabili dei diffusi marciumi che svuotano il tronco dall’interno e portano alla morte delle piante (Fig. 34).
 

Fig. 34. Largo Taliercio, di fronte al parco Puccinelli. A: a sinistra una palma (Phoenix canariensis) attaccata dal punteruolo rosso; a destra una tamerice apparentemente sana; già a colpo d’occhio, tuttavia, si nota che mancano alcune branche laterali e la chioma presenta dei vuoti. B: una branca della stessa tamerice, capitozzata lasciando moncherini (frecce gialle), anziché a filo del collare (indicato, per un solo ramo, dalla linea tratteggiata). I monconi, impedendo la rapida cicatrizzazione, sono una via privilegiata per infezioni batteriche e fungine (freccia bianca) che penetrano all’interno del tronco principale. C: moncone di ramo potato troppo distante dal collare e, quindi, non cicatrizzato: la superficie di taglio brunastra (freccia gialla) rivela l’avvenuta penetrazione fungina nel tronco dal quale, poco sopra, emerge il corpo fruttifero del fungo a mensola (freccia bianca), responsabile di marciumi interni. D: due funghi a mensola (frecce bianche) e una profonda fenditura da marciume (freccia gialla).

 
L’alberatura a tamerici richiede pertanto di essere interamente rinnovata con esemplari sani e ben curati. Ma, soprattutto, le desolanti condizioni delle tamerici impongono un radicale aggiornamento delle tecniche di potatura (Fig. 35); proseguire con le modalità attuali equivarrebbe a condannare a morte ogni nuovo esemplare piantato.
 

Fig. 35. A: la potatura corretta va eseguita lungo la linea punteggiata, in modo da rispettare sia il collare del tronco (frecce gialle) sia quello del ramo (freccia bianca). La freccia turchese indica il risultato dopo un anno: l’accrescimento del cambio sta portando alla rapida cicatrizzazione del taglio. B: la potatura scorretta, eseguita ben al di sopra del collare del fusto (freccia), non consente la cicatrizzazione: il moncone va incontro a marcescenza, che proseguirà all’interno del tronco principale. È necessaria la rimonda del secco (linea tratteggiata), rispettando il collare del tronco. C: taglio di una grossa branca: posizione e successione dei tagli per evitare di danneggiare, durante il taglio, la porzione superstite. (Da: http://www.trafioriepiante.it/VitaAlberi/PotaturaAlberiOrnamentali.htm)

 
La consapevolezza delle accortezze da utilizzare nelle potature avrebbe certamente evitato le modalità adottate per la siepe del viale da Verrazzano (Fig. 36).
 

Fig. 36. A: la lunga siepe di tamerici nel viale Da Verrazzano, prima della potatura del luglio 2019. B: le modalità di ‘potatura’ (in realtà brutale tranciatura) adottate, lasciando rami sfrangiati, vere e proprie autostrade per la penetrazione di parassiti batterici e fungini, conducono a malattie e a morte precoce.

 
Il viale Da Verrazzano dalla foce del Carrione al viale XX Settembre, peraltro, è desolatamente spoglio e necessita di un’alberatura: considerata la loro spiccata tolleranza alla salsedine, si suggerisce l’impiego di alberelli di tamerici che, in tal modo, caratterizzerebbero tutta la via litoranea, in continuità con viale Vespucci.


 

3. CONCLUSIONI: urgono un piano del verde e formazione professionale

 

Nel corso dei sopralluoghi effettuati per soddisfare la richiesta avanzata dal comune (limitata al suggerimento di specie sostitutive per i pini che dovessero essere eliminati) sono emerse diverse problematiche che affliggono le alberature cittadine.

Alcune di esse sono comuni a molte altre alberature urbane, come la deperienza di singoli esemplari o interi filari conseguente al danneggiamento degli apparati radicali nel corso di lavori pubblici (scavo fognature, posa cavi ecc.).

Il principale problema riscontrato è una distanza d’impianto all’interno dei filari troppo ravvicinata, un errore classico commesso all’epoca della progettazione delle alberature: volendo ottenere in breve tempo un ‘effetto verde’ ben visibile, non si è pensato allo spazio definitivo che gli alberi avrebbero occupato nella loro lunga vita.

In tal modo, dopo pochi decenni, è sorta la necessità di contenere lo sviluppo delle chiome, per evitarne la compenetrazione e la reciproca concorrenza; da qui l’adozione di tecniche di potatura drastiche che, oltre a impedire il pieno raggiungimento della forma caratteristica alle singole specie, hanno condotto, protraendosi negli anni, all’indebolimento degli esemplari arborei e alla ridotta capacità di reazione ai patogeni e agli stress ambientali.

Per esplicare appieno il suo effetto ornamentale e crescere sana e robusta, infatti, ad ogni pianta deve essere lasciato tutto lo spazio di cui avrà bisogno nel corso della sua vita. La mancata consapevolezza di questa necessità e la ricerca del ‘pronto verde’ hanno condotto a un marcato deperimento delle nostre alberature urbane.

La situazione riscontrata è talmente compromessa da richiedere una totale riprogettazione non solo delle alberature stradali, ma di tutto il verde urbano, accompagnata da una saggia pianificazione che sappia riqualificarlo in maniera non traumatica, con interventi mirati e graduali (sostituzioni, abbattimenti) da attuarsi nel corso di decenni.

Tale progettazione richiede competenze molto qualificate per tener conto, per i criteri di scelta delle specie da impiegare, degli aspetti:

  1. ecologici: paesaggio, specie autoctone, fasce fitoclimatiche, biodiversità, successioni e associazioni vegetali;
  2. agronomici e colturali: la conoscenza approfondita delle caratteristiche e delle necessità delle specie assicura la miglior riuscita e riduce le esigenze di manutenzione (potatura, trattamenti ecc.);
  3. funzionali: scelta delle specie per soddisfare particolari esigenze (tolleranza all’inquinamento, alla siccità, alla salsedine ecc.);
  4. estetici: forme, colori, profumi, portamento (espanso, fastigiato), habitus, fioriture, tessitura fogliare.

Richiede inoltre di considerare tutto l’iter operativo, compresi l’uso di terriccio, piante micorrizzate (aspetto tanto importante quanto trascurato nei terreni delle alberature stradali, solitamente poveri di sostanza organica), drenaggi, paletteria, legature, pacciamature, eventuale irrigazione e una profonda conoscenza della disponibilità vivaistica (ampliatasi enormemente negli ultimi decenni).

Se dunque per realizzare un’area verde bella, funzionale e duratura è necessaria una professionalità molto elevata, nel nostro caso il compito è ancor più difficile poiché si deve tener conto delle alberature già esistenti che, salvo eccezioni, non possono essere brutalmente abbattute, ma devono essere modificate gradualmente negli anni, in maniera quasi impercettibile, avendo ben chiari gli obiettivi (che si vedranno pienamente solo tra decenni).

A conclusione della presente relazione, Legambiente rivolge un caldissimo invito all’amministrazione comunale a predisporre un piano del verde ricorrendo ad esperti di professionalità particolarmente elevata.

Si segnala tuttavia l’urgenza di attivare immediatamente la formazione permanente del personale addetto alle potature e alla manutenzione del verde pubblico: la disponibilità di personale altamente qualificato, infatti, è il miglior investimento di cui necessitano le nostre alberature. Senza di esso, anche il miglior piano è destinato al fallimento.

Carrara, 12 agosto 2019
Legambiente Carrara
 



Per saperne di più:

Sul verde pubblico:

Tamerici di viale Da Verrazzano: diamo un taglio alle polemiche  (15/7/2019)

Follie estive: le tamerici ‘complici’ dei criminali?  (10/7/2019)

Precisazioni sul taglio dei pini  (12/6/2019)

Viali: palme al posto dei pini? Una scelta sbagliata, nel merito e nel metodo  (11/6/2019)

Piante ornamentali  (2018: work in progress)

Prove di Parco: la festa a Villa Ceci  (30/4/2017)

Taglio del bosco di Villa Ceci: il Comune deve intervenire  (10/6/2013)

Taglio dei pini a Villa Ceci: come sbagliare anche operando bene  (7/2/2013)

 

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