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Nuovo quadro normativo sulle cave: una sfida per la nuova amministrazione

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La recente sentenza della Corte d’Appello di Genova (che ha respinto il ricorso del Comune di Carrara contro la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Massa) è stata letta come una sorta di “tana, liberi tutti” a favore delle imprese di escavazione. Ma una lettura più attenta della stessa sentenza e di altre pronunciate dai giudici amministrativi negli ultimi dodici mesi, fa pensare che le cose non stiano assolutamente così.

Come Legambiente non possiamo che esprimere disappunto per una decisione che di fatto sottrae parte delle cave di Carrara al patrimonio indisponibile della comunità. Da questo punto di vista ci auguriamo che Comune e Regione trovino, anche con il supporto dei parlamentari locali, gli strumenti giuridici per porre rimedio alle “plurisecolari inefficienze” dell’Amministrazione Pubblica cittadina. Come ci auguriamo che la ricognizione sull’esatta e “reale” estensione dei beni estimati rispetto agli agri marmiferi comunali veda presto conclusione e pubblicità.

Ma oggi il punto è un altro. Legambiente Carrara ha effettuato una approfondita analisi delle sentenze emesse dal TAR Toscana e dal Consiglio di Stato (in funzione consultiva), anche alla luce delle modifiche degli art. 9 e 41 della Costituzione, che hanno espressamente inserito l’ambiente e il paesaggio come beni costituzionalmente tutelati. Beni che, nell’art. 9, vedono ribadito l’impegno dello Stato a proteggerli e promuoverli e, nell’art. 41, sono riconosciuti come un legittimo limite all’esercizio della libertà di impresa. Il breve studio di analisi è disponibile nella sua versione integrale sul sito dell’associazione.
 
Qui ci limitiamo a sintetizzare alcuni concetti –ormai divenuti giurisprudenza “consolidata”– e a richiamare l’attenzione su alcuni termini, anche assai dirompenti, utilizzati in tali sentenze (nel prosieguo, alcuni di essi sono evidenziati in grassetto corsivo).

  1. L’escavazione a Carrara e nel comprensorio apuoversiliese rappresenta un unicum, sia in considerazione dell’intensità delle cave in questa terra sia per la loro collocazione in un contesto naturalistico peculiare (le Alpi Apuane) sia per l’oggettivo maggior pregio della pietra escavata rispetto ad altri distretti estrattivi.
  1. L’attività estrattiva costituisce un depauperamento (un impoverimento) del bene ambientale e paesaggistico –oggi tutelato anche costituzionalmente– e arrecano ad esso (e quindi alla collettività) danni e disagi. Il Giudice non omette di sottolineare come il marmo sia una risorsa naturale esauribile e non rinnovabile.
  1. L’esercizio dell’impresa deve incontrare limiti necessari a contemperare i diversi interessi in gioco, e non è illegittimo (né in contrasto con l’ordinamento nazionale né con quello eurocomunitario) che la pubblica amministrazione ponga tali limiti, coerenti sia con la più volte ribadita tutela costituzionale di ambiente e paesaggio sia con la pianificazione territoriale.
  1. TAR e Consiglio di Stato, inoltre, distinguono nettamente fra la proprietà e i limiti al suo utilizzo: per far meglio comprendere cosa intendano, citano altri esempi –ormai pacifici– quali il commercio o l’edilizia privata. Il fatto di possedere un terreno non comporta infatti –ricordano i giudici amministrativi– un illimitato ius aedificandi, che invece è assoggettato alla pianificazione urbanistica e alle norme in materia edilizia. Da questo punto di vista la sentenza della Corte d’Appello di Genova non può essere interpretata come una incondizionata e totale libertà e assenza di vincoli all’attività estrattiva, anche su quelle porzioni di cave riconosciute come beni estimati.

Legambiente Carrara quindi, come larga parte della città, segue con interesse ed attenzione le prime fasi di avvio della nuova Amministrazione. L’associazione è tutt’altro che contraria al fatto che venga superata la fase delle carte bollate e si riprenda il dialogo fra imprese, Comune e città stessa (movimenti, associazioni, società civile compresi, perché riteniamo che queste realtà non possano e non debbano più essere tenute fuori dai tavoli della concertazione e interpellate unicamente in funzione “consultiva”).

Vorremmo però che fosse chiaro –e ve ne fosse diffusa consapevolezza– che il “pubblico” non parte da una posizione di debolezza ma di forza, nel dialogo col sistema delle imprese: e tanto maggiore sarà questa forza se la nuova amministrazione terrà fede al principio più volte espresso dalla sindaca Serena Arrighi dell’importanza di percorsi partecipativi e se ascolterà quei cittadini –singoli o associati– che risponderanno al suo invito alla “proattività”.

Proprio in questo contesto, come Legambiente Carrara, invitiamo il sistema delle imprese ad uscire dall’arroccamento in un fortino nel quale, come abbiamo cercato di spiegare sopra, è la magistratura ad aprire brecce sempre più larghe. Siamo fermamente convinti che oggi ci sia necessità da parte degli industriali lapidei di un radicale cambio di paradigma: alcuni segnali interessanti stanno venendo dal mondo dell’impresa (è infatti apprezzabile –anche se certamente non sufficiente– che, ad esempio, in occasione della presentazione dell’ultimo rapporto Economia alla Camera di Commercio lo stesso rappresentante di Confindustria abbia ammesso che è l’ora di uscire della logica della “quantità” ed entrare in quella della “qualità”). Crediamo che gli industriali debbano fare questo mutamento epocale perché altrimenti le cave di Carrara, magari, non saranno chiuse per volere degli ambientalisti, ma per sentenze della magistratura.

Carrara, 7 luglio 2022
Legambiente Carrara
 



Per saperne di più:

Costituzione e giurisprudenza sulle cave: la tutela del paesaggio impone limiti alla libertà d’impresa  (7/7/2022)

 

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