1. Un regolamento a misura delle imprese, non della comunità
Ringraziamo la Commissione marmo per l’invito rivolto alle associazioni ambientaliste a portare un contributo sulla “bozza definitiva” del nuovo Regolamento sugli agri marmiferi. Facciamo però presente che le modalità di consultazione previste (elencazione delle proposte di modifica, articolo per articolo, comma per comma) sono piuttosto riduttive. Tale modalità, infatti, riduce il contributo delle associazioni ad aspetti puramente tecnici, talmente frammentati (in decine di proposte di modifica puntuali ai singoli commi) da far perdere di vista la valutazione d’insieme.
Il nostro contributo, invece, prima ancora che tecnico, è innanzitutto politico e utilizza come criterio di valutazione lo stesso criterio che avrebbe dovuto guidare la stesura del Regolamento: l’interesse della comunità carrarese.
Infatti, poiché il Regolamento disciplina lo sfruttamento, da parte di privati, di beni della comunità carrarese, è preciso dovere del comune disciplinare l’estrazione del marmo assicurandosi di ricavarne il massimo dei benefici per i cittadini (occupazione ed entrate comunali) e di ridurre al minimo i danni (marmettola nei fiumi e nelle sorgenti, rischio alluvionale, eccessiva produzione di detriti, danno paesaggistico).
Come argomenteremo, le scelte compiute nel Regolamento rivelano che la bussola utilizzata per la sua stesura non è stata l’interesse della comunità che, anzi, risulta sistematicamente subordinato a quello degli imprenditori. Queste valutazioni sono la chiave di lettura necessaria a comprendere pienamente il senso delle stesse nostre proposte tecniche puntuali, che presenteremo più avanti.
Prima di esporre queste ultime, tuttavia, intendiamo spiegare brevemente i principali limiti del Regolamento, suddividendoli in pochi punti.
1.1 Occupazione: potenziare davvero la filiera del marmo
Poiché l’occupazione nella filiera e nell’indotto supera di oltre 10 volte quella in cava, è evidente che la misura fondamentale per ottenere un rilevante incremento dell’occupazione è prevedere il rilascio delle concessioni d’escavazione solo ad imprese che assicurino la lavorazione in loco di percentuali elevate di blocchi, riducendone drasticamente l’esportazione (tendenzialmente a zero).
Sarebbe dunque bastato introdurre nel Regolamento che possono partecipare alla gara per il rilascio delle concessioni solo gli imprenditori che si impegnino a lavorare in loco almeno il 50% dei blocchi estratti, premiando nel punteggio di gara quelli che offrono percentuali più elevate.
È dunque particolarmente grave non aver fissato un requisito minimo di lavorazione in loco, sbizzarrendosi, invece, nel premiare (prolungando la durata della concessione fino a 25 anni) gli imprenditori che assumano l’impegno a realizzare un progetto (con ricadute occupazionali) compreso in una vasta, quanto indeterminata, gamma (attività artigianali, espositive, culturali, ambientali, ecc.).
È infatti evidente che, introducendo direttamente nella gara un punteggio alla percentuale di lavorazione in loco e –se ritenuto utile– ai citati progetti, si sarebbe ottenuta una maggiore occupazione senza alcun bisogno di premi, visto che il premio è rappresentato dalla stessa vincita della gara. Si sarebbe così mantenuta una durata ragionevole della concessione (13 anni) che, favorendo la concorrenza, avrebbe fornito ulteriori vantaggi per la comunità (principio sottolineato, proprio per le cave di Carrara, anche dall’Autorità garante per la concorrenza).
La mancata adozione della misura più efficace per incrementare l’occupazione e l’accoglimento della pressante richiesta degli industriali di avere concessioni di lunga durata (che garantiscono una rendita di posizione, a scapito della concorrenza) sono dunque un’eloquente testimonianza che anche l’obiettivo dell’occupazione, pur ripetutamente richiamato, è stato subordinato agli interessi degli industriali.
Merita rilevare che anche la scelta di incrementare fino all’inverosimile la percentuale di detriti ammissibile (criticata nel paragrafo seguente) ha implicazioni disastrose sull’occupazione: quest’ultima, infatti, è legata alla lavorazione locale dei blocchi, non certo dei detriti (se non in misura decisamente marginale).
1.2 Inaccettabile aumento della percentuale di detriti ammissibile
Per quanto riguarda la percentuale di detriti ammissibile il Regolamento si limita ipocritamente a enunciare il principio di favorire la razionale e sostenibile utilizzazione del marmo (art. 1) e a pochi altri cenni, senza tradurlo in disposizioni concrete, evidentemente soddisfatto delle disposizioni già introdotte nella LR 35/15 e s.m.i. e nel PRC (anche grazie alle ferme richieste del comune stesso).
Bastano, infatti, pochi dati a mostrare la gravità delle scelte compiute: in violazione del principio stabilito dal PIT-PPR (legge sovraordinata!) di limitare quanto più possibile la produzione di detriti, l’art. 13 del PRC parte richiedendo una resa in blocchi non inferiore al 30% (comma 2), ma stabilisce subito (comma 3) che i comuni possono riportarla al 25% e addirittura al 20% nel caso di progetti volti a incrementare l’occupazione (comma 4). Si ammette così già l’80% di detriti, senza contare quelli utilizzati in cava per realizzare piazzali, rampe ecc.
A questi vanno poi aggiunti i detriti non computabili come tali: fino al 5% per i lavori di scoperchiatura o di messa in sicurezza permanente (comma 7) e un’altra percentuale (senza alcun limite) per lavori di messa in sicurezza prescritti dagli enti competenti (comma 8): ci si avvicina dunque al 90% di detriti. Ma non basta ancora: il comma 6 prevede di non computare come tali fino al 10% dei detriti totali, se sottoposti a processi industriali per ottenerne materiali da taglio. Il comma 4bis, infine, esclude dal calcolo della resa anche i detriti utilizzati per il riempimento delle gallerie.
In sintesi, il Regolamento, pur dichiarando di favorire l’utilizzo razionale e sostenibile del marmo, persegue l’obiettivo opposto, avvicinandosi a considerare accettabili anche cave di soli detriti. Come si vede dalla ratio coerente dei commi sopra citati (tutti rivolti ad aumentare la percentuale di detriti ammissibile), non si tratta di sviste, ma di una lucida volontà politica che privilegia gli interessi industriali a scapito di quelli della comunità.
Si giunge così al paradosso che la Cava Amministrazione (la più grande di quelle Apuane), col suo 91% di detriti, anziché pietra dello scandalo, potrà essere portata a modello virtuoso di escavazione.
1.3 Tutela di fiumi e sorgenti: sacrificata agli interessi degli industriali
L’art. 1 del Regolamento dichiara, tra le finalità, la tutela delle risorse idriche superficiali e sotterranee, grazie all’adozione delle migliori pratiche atte ad evitare il loro deterioramento. Purtroppo, però, non prevede alcuna norma volta a tal fine.
È pur vero che i PABE prevedono le zone di rispetto e le aree a vulnerabilità elevata (estese 200 e 300 m dalla captazione della sorgente), ma le “migliori pratiche” previste restano quelle attuali, palesemente inadeguate a tutelare sorgenti e fiumi, come constatabile a occhio nudo dopo ogni pioggia (si veda il nostro documento Osservazioni ai PABE. Tanti studi per nulla: un futuro uguale al passato, 16/9/19).
Si è continuato dunque a respingere la proposta che avanziamo da anni (riassunta nello slogan “cave pulite come uno specchio”) di tenere costantemente pulite tutte le superfici di cava, onde evitare il dilavamento di marmettola e altri inquinanti ad opera delle piogge (con l’inevitabile recapito nelle acque superficiali e sotterranee). Per inciso, un vantaggio collaterale della nostra proposta sarebbe l’incremento dell’occupazione in cava.
Anche questa scelta, dunque, conferma la volontà dell’amministrazione di anteporre gli interessi degli industriali a quelli della comunità.
1.4 Insensibilità al rischio alluvionale generato dalle cave
Tra le finalità dichiarate dall’art. 1, ma prive di concreti riscontri nell’articolato, vi è la salvaguardia della salute e della sicurezza delle popolazioni.
Anche in questo caso, i PABE mostrano piena consapevolezza del rischio alluvionale indotto dalle cave ma, nel chiaro intento di non arrecare disturbo agli industriali, adottano misure minimali e respingono quelle sostanziali. In particolare, non sono state accolte le nostre proposte di convertire i ravaneti attuali in ravaneti spugna e di ordinare la rimozione dei detriti dalle cave a fossa (utilizzate come discariche) per sfruttarle come invasi di laminazione delle piene.
Nonostante le alluvioni che hanno colpito Carrara, l’amministrazione mostra dunque una spiccata insensibilità al problema, accontentandosi di delegarlo interamente alla regione.
1.5 Approvare il Regolamento? FERMATEVI!
Quanto detto finora fornisce la chiave di lettura delle osservazioni puntuali al Regolamento richieste nella lettera di convocazione, che riporteremo nel paragrafo 2 (limitandoci a quelle di maggior rilevanza).
In particolare, teniamo a evidenziare che il combinato disposto del mancato potenziamento della filiera locale e della spaventosa percentuale di detriti considerata ammissibile, prefigura per Carrara uno scenario occupazionale e ambientale disastroso: la trasformazione delle attività estrattive in distretto minerario di tipo coloniale in cui la distruzione ambientale della montagna è accompagnata dalla lavorazione in loco dei derivati di scarso valore e scarsa occupazione (scaglie) mentre vengono esportati i blocchi e, con essi, la gran parte del valore aggiunto e delle ricadute occupazionali.
Di fatto, pertanto, siano esse intenzionali o meno, le scelte compiute nel Regolamento vanno in direzione radicalmente opposta agli interessi della comunità carrarese.
Ciò considerato, rivolgiamo all’amministrazione lo stesso appello che abbiamo rivolto a quella precedente: FERMATEVI ! Riteniamo infatti indispensabile riscrivere interamente il Regolamento ispirandosi rigorosamente, in ogni articolo, al principio guida dell’interesse della comunità carrarese.
Riteniamo purtroppo altamente improbabile che il nostro appello sarà accolto, visto che la stesura attuale del Regolamento non ha tenuto in alcuna considerazione le nostre recenti osservazioni (Regolamento agri marmiferi: tanti premi alle cave, ma poca occupazione del 14/1/20 e Regolamento agri marmiferi: l’ambiente dimenticato del 31/1/20) né le numerose proposte che avanziamo da molti anni.
Tuttavia non ci sottraiamo al dovere di presentare osservazioni, nella pur flebile speranza di una resipiscenza dell’amministrazione e, in ogni caso, per non fornire ad essa alcun alibi.
2. Osservazioni puntuali alla bozza di Regolamento
Legenda:
in nero: testo mantenuto |
Art. 1 Oggetto e finalità
Modificare il comma 2, lett. c): «perseguire la sostenibilità ambientale dell’attività estrattiva tutelando le risorse idriche superficiali e sotterranee e il paesaggio, grazie all’adozione all’introduzione delle migliori pratiche atte ad evitare il loro deterioramento».
Nota: la sostituzione di “adozione” con “introduzione” intende rimarcare l’inadeguatezza delle misure attuali e la necessità di introdurre davvero le migliori pratiche. |
Inserire nel comma 2 la lett. c2): «perseguire la sostenibilità ambientale dell’attività estrattiva limitando quanto più possibile la produzione di detriti, anche escludendo dalle aree estrattive i giacimenti che non garantiscono una buona resa in blocchi».
Nota: la collocazione più appropriata della seconda misura (l’esclusione dalle aree estrattive) è nei PABE. Dovrebbe quindi essere introdotta nei PABE e richiamata nel Regolamento. |
Inserire nel comma 2 la lett. c3): «perseguire, attraverso l’occupazione, la sostenibilità sociale dell’attività estrattiva, limitando quanto più possibile l’esportazione dei materiali da taglio destinandoli, invece, alla lavorazione nella filiera locale». |
Integrare il comma 2, lett. e): «salvaguardare la salute e la sicurezza delle popolazioni interessate e la vivibilità dei rispettivi territori, anche risistemando il territorio (ravaneti, versanti, cave dismesse) al fine di ridurre il rischio alluvionale».
Nota: l’integrazione risponde a un problema molto sentito e dà concretezza al fine dichiarato, altrimenti privo di senso, in quanto non accompagnato da misure concrete volte al suo conseguimento. Ciò richiede, naturalmente, l’introduzione nel Regolamento di tali misure. |
Eliminare dal comma 2 la lett. f): «riconoscere il ruolo delle imprese capaci di valorizzare la materia prima e di garantire qualità e continuità delle produzioni unitamente al rafforzamento dei livelli occupazionali».
Nota: tale ruolo, infatti, è compito precipuo del comune, che deve perseguirlo attraverso un approccio regolatorio vincolante, anziché affidarlo alla buona volontà delle imprese (che ben difficilmente anteporranno spontaneamente ai propri interessi quelli della comunità). |
Art. 3 Programmazione dell’attività estrattiva
Integrare il comma 1 aggiungendo un secondo capoverso: «Considerate le problematiche ambientali generate dalla diffusa attività estrattiva, la tendenza alla stabilizzazione della produzione annuale di materiali da taglio e la necessità di un contingentamento dell’estrazione, il comune adotta per la propria programmazione gli obiettivi di produzione sostenibile indicati nel Quadro Conoscitivo del PRC adottato».
Nota: il PRC adottato, nel quadro conoscitivo QC05C, ha valutato sostenibile proseguire l’estrazione mantenendola al ritmo medio del quadriennio 2013-2016, corrispondente a 25.563.255 m3 (nei 20 anni di durata del PRC). Tuttavia, evidentemente a seguito di un colpo di mano, nella Disciplina di piano (All. A, Tab. 1) ha aumentato tale valore del 28%, portandolo a 33.429.240 m3. L’integrazione proposta è finalizzata a neutralizzare tale colpo di mano di cui, peraltro, non vi è alcun reale bisogno, vista la tendenza ad una lieve diminuzione delle quantità estratte. |
Integrare il comma 4, primo capoverso: «II Comune svolge un costante monitoraggio delle attività estrattive in esercizio e delle risorse minerarie disponibili, per aggiornare periodicamente il quadro conoscitivo e controllare il rispetto annuale della resa in blocchi».
Nota: l’integrazione si rende necessaria per supplire alla rarefazione (da annuale a quinquennale) dei controlli sul rapporto blocchi/detriti prevista dal PRC. |
Inserire il comma 5: «al fine di limitare quanto più possibile la produzione di detriti, come disposto dall’art. 20 del PIT-PPR e ribadito nel suo All. 5, comma 1, lett. a), nel comune di Carrara non si applicano i commi 4, 4bis, 6, 7 e 8 dell’art. 13 del PRC adottato».
Nota: in questo modo si intende accettare una resa in blocchi del 25%, purché sia effettiva, non truccata. Si eliminano pertanto tutti gli espedienti che consentono di non computare tra i detriti una vasta gamma di detriti di varia provenienza (illustrati nel par. 1.2 del presente documento). |
Inserire il comma 6: «il comune verifica annualmente il raggiungimento della resa in blocchi di ciascuna cava, stabilita dall’autorizzazione, richiedendo, in caso contrario, accorgimenti per adeguarla entro l’anno successivo e, in caso di mancato adeguamento, prescrive la cessazione dell’attività estrattiva e la risistemazione ambientale (rimozione dei rifiuti e residui e messa in sicurezza) nei tempi tecnici strettamente necessari».
Nota: questo comma è volto a disinnescare la rarefazione dei controlli (da annuale a quinquennale) introdotta nel PRC adottato con l’art. 14, comma 3 e le dilazioni da esso consentite in caso di mancato raggiungimento della resa stabilita. |
Art. 5 Concessione di coltivazione
Modificare il comma 5: «La concessione ha, di base, una durata di 13 (tredici) anni e non può essere prorogata o rinnovata neppure tacitamente».
Nota: come spiegato di seguito, non c’è alcun bisogno di prolungarla con meccanismi premiali, bensì di una volontà regolatoria efficace. La lunga durata della concessione favorisce la rendita di posizione e danneggia la stessa concorrenza tra le imprese. |
Eliminare il comma 6: «La durata della concessione può essere incrementata di 2 (due) anni nel momento in cui l’aggiudicatario risulta registrato ai sensi del Reg. CE 1221/2009».
Nota: la certificazione ambientale EMAS citata non garantisce la tutela delle acque superficiali e sotterranee, come testimonia il fatto che vi sono registrate cave con spessi strati di marmettola dispersi sui piazzali. Il Regolamento deve conseguire il risultato prescrivendo la costante e scrupolosa pulizia di tutte le superfici di cava: non vi è dunque alcuna necessità di premiare le cave per una certificazione ambientale, peraltro inefficace alla tutela delle acque. |
Eliminare l’intero comma 8.
Nota: il comma prevede il prolungamento di 10 anni della durata della concessione a progetti di varia natura (ambientale, occupazionale, sicurezza) finalizzati all’incremento occupazionale ed allo sviluppo di filiere collegate all’attività estrattiva, anche se non strettamente legati alle fasi della lavorazione. Il comma ripropone dunque l’approccio premiale che affida il raggiungimento di un obiettivo occupazionale alla buona volontà (e, soprattutto, alla convenienza) degli imprenditori. Tale obiettivo, invece, può essere raggiunto con maggior certezza ed efficacia, senza alcun premio, introducendo nella gara per l’assegnazione delle concessioni un punteggio per i vari progetti citati. Il premio, infatti, consisterebbe nella stessa vincita della gara. La durata della concessione, mantenuta così a 13 anni, garantirebbe la concorrenza e, quindi, ulteriori vantaggi per la comunità. |
Art. 6 Procedimento per il rilascio della concessione
Introdurre nell’articolo i seguenti elementi.
Nota: come spiegato nel par. 1.1, questa è la misura principe per conseguire importanti risultati occupazionali.
Nota: in questo modo una parte delle scaglie viene sottratta alla commercializzazione e destinata alla realizzazione dei ravaneti spugna, riducendo anno dopo anno il rischio alluvionale.
Nota: l’intero bacino montano necessita di una “grande opera” di risanamento ambientale: ravaneti spugna, eliminazione delle decine di discariche (in rilevato o a colmamento di cave a fossa dismesse), riqualificazione paesaggistica, ripristino del reticolo idrografico (compresa la restituzione del fondovalle all’alveo, spostando a quota più elevata le strade che lo occupano) ecc. È dovere del comune pianificare e assegnare la progettazione di tali interventi, ma l’esecuzione dovrà essere affidata a ditte specializzate e i costi dovranno essere a carico delle cave. Il dispositivo più semplice sembra pertanto quello di far versare alle cave una quota di compartecipazione alle spese, commisurata alla redditività di ciascuna cava. |
Art. 9 Contenuti della concessione
Inserire il comma 2, lett. l2): «l’obbligo di tenere costantemente e scrupolosamente pulite dai materiali fini (marmettola, terre) e da altri inquinanti tutte le superfici di cava (piazzali, bancate, versanti, rampe ecc.) al fine di non esporli al dilavamento meteorico e di proteggere dall’inquinamento le acque superficiali e sotterranee. L’inosservanza di questa disposizione è causa di decadenza della concessione».
Nota: è la misura fondamentale per tutelare fiumi e sorgenti dall’inquinamento in particolare da marmettola e terre. Merita osservare che, nel rispetto del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., questa misura dovrebbe essere già presente in tutte le autorizzazioni rilasciate. Con questa proposta si intende obbligare gli uffici comunali a porre fine al rilascio di autorizzazioni illegittime (in quanto, di fatto, equivalenti a “licenze a inquinare”). |
Integrare il comma 2, lett. m): «gli ulteriori obblighi e condizioni cui il Comune subordina il rilascio e il mantenimento della concessione, tra i quali quelli previsti dall’art. 6, comma 2, lett. i) e l)».
Nota: l’integrazione è finalizzata a rendere contrattualmente vincolanti le previsioni delle lettere i) e l), delle quali proponiamo l’introduzione (quantità di scaglie da riservare ai ravaneti-spugna e compartecipazione economica agli interventi di risanamento ambientale). |
Art. 12 Oneri per la coltivazione dell’attività estrattiva
Introdurre il comma 2bis: «Il comune può istituire controlli (in cava, durante il trasporto e nei depositi) per verificare il reale valore di mercato di singoli blocchi; tale valore sarà applicato per la riscossione del canone e del contributo di estrazione, qualora risulti superiore a quello dell’offerta presentata in sede di gara».
Nota: questo intento dell’amministrazione è stato abbandonato definitivamente o temporaneamente? Il comma è finalizzato a mantenere aperta la possibilità di riscuotere in maniera commisurata al valore reale di ogni blocco, non appena saranno stati risolti i problemi tecnici e operativi per la sua concreta attuazione. |
Art. 21 Disposizioni transitorie per le concessioni in essere
Eliminare dal comma 5 la seguente previsione relativa alla certificazione EMAS: «II termine di scadenza di cui ai precedenti commi 2, 3 e 4 può essere incrementato di ulteriori 2 (due) anni su domanda degli interessati, dal momento in cui le imprese escavatrici siano registrate ai sensi del reg. CE 1221/2009».
Nota: la motivazione è la stessa che abbiamo riportato per il comma 6 dell’art. 5 (la certificazione non garantisce la tutela delle acque). |
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Modificare il comma 6 che prevede, per le concessioni esistenti, in scadenza entro 7 anni, le seguenti proroghe dell’autorizzazione (senza gara) in base ai seguenti impegni di lavorazione in loco dei blocchi:
Proponiamo di modificare in:
Nota: la soluzione proposta concede il massimo premio (proroga di 25 anni) solo a chi lavori in filiera tutti i blocchi estratti e ripartisce equamente le altre proroghe: 3 anni per ogni incremento del 10% di blocchi lavorati in loco. |
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Eliminare il comma 7 che estende le proroghe dell’autorizzazione senza gara a una varietà di progetti capaci di generare un impatto positivo sull’occupazione, sull’ambiente e sulle infrastrutture.
Nota: considerato che la misura di gran lunga più efficace per incrementare l’occupazione è la lavorazione dei blocchi nella filiera locale, è preferibile attestarsi su questo strumento (già previsto nel comma 6). Le previsioni del comma 7 potrebbero dunque essere mantenute solo previa verifica che producano un incremento occupazionale uguale a quello fornito dal comma 6 che, secondo le dimensioni della cava, può raggiungere molte decine di occupati per ogni incremento del 10% di blocchi lavorati in loco. Dubitiamo che i progetti prospettati nel comma 7 possano produrre tali incrementi occupazionali. Inoltre l’oggettiva difficoltà di confrontare “pere e mele” (cioè l’occupazione con l’ambiente e con le infrastrutture) comporterebbe margini di discrezionalità talmente elevati da sfiorare l’arbitrarietà. |
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Eliminare dal comma 8 la seguente previsione che estende le proroghe dell’autorizzazione (senza gara) ad un’altra, ancor più indeterminata, congerie di progetti, azioni, iniziative: «II Comune potrà anche tenere conto delle azioni, strumenti, opere atte ad incrementare in modo significativo il grado di tutela ambientale e la sicurezza dei lavoratori, nonché, di ogni altra iniziativa che risulti di rilievo per le ricadute che da essa potranno derivare sul sistema economico, sociale e culturale della città di Carrara e della collettività, che i richiedenti si impegnino a porre in essere sempre previa stipula della apposita convenzione».
Nota: tutte le proroghe dell’autorizzazione previste dall’art. 21 sono dannose poiché rinviano (fino a 25 anni) l’espletamento delle gare per il rilascio delle concessioni. Pertanto, se possono essere ammissibili le proroghe previste dai commi 6 e 10 (in quanto concesse in cambio di significativi e certi incrementi dell’occupazione), la previsione del comma 8 è inammissibile poiché prefigura un’estensione generalizzata delle proroghe la cui applicazione, peraltro, comporta elevati rischi di arbitrarietà. |
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Modificare il comma 10, del tutto analogo al comma 6, ma applicabile alle concessioni esistenti in scadenza tra 7 e 25 anni. Anche in questo caso proponiamo le seguenti proroghe:
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Eliminare il comma 11, del tutto analogo al comma 7. | ||||||||||||||||||||||||
Eliminare dal comma 12 il periodo identico a quello sopra riportato per il comma 8 («Il Comune potrà anche tenere conto…»). | ||||||||||||||||||||||||
Ribaltare il senso del comma 13: «Come disposto dal Sebbene il comma 6bis dell’art. 38 della L.R. 35/15 e s.m.i, disponga che al raggiungimento della percentuale di cui ai commi 6 e 10 contribuiscono anche i materiali derivati, impiegati dall’industria per la realizzazione di prodotti sostitutivi dei materiali da taglio di cui al numero 2.1 dell’articolo 2 della L.R. 35/15 e s.m.i, lavorati nel sistema produttivo della filiera locale, tale disposizione non si applica alle proroghe della concessione di cui ai commi 6 e 10.
Nota: come già detto, occorre puntare ad elevare le rese in blocchi, respingendo tutte le misure che, essendo finalizzate ad aumentare la percentuale di detriti considerata ammissibile, vanno in direzione contraria. |
Art. 24bis Trasparenza e partecipazione
Introdurre l’art. 24bis: «Il comune promuove la trasparenza e la partecipazione di cittadini, associazioni, forze politiche e sociali. Al fine di consentire la loro partecipazione attiva e documentata, considera di interesse pubblico prioritario (prevalente su eventuali diritti alla privacy) i dati annuali sui quantitativi estratti da ciascuna cava. Pertanto provvede a pubblicarli annualmente sul proprio sito web in maniera dettagliata e completa (numero e nome della cava, quantitativi di blocchi suddivisi per tipologia merceologica e produttiva e quantitativi di detriti suddivisi per provenienza: derivati d’estrazione, da lavori di scoperchiatura, da bonifica, da messa in sicurezza, ecc.).
Rende altresì di pubblico dominio un archivio che contenga, per ciascuna cava, i dati amministrativi: domande di autorizzazione e relativa documentazione allegata, pareri degli enti, verbali delle conferenze dei servizi, autorizzazioni, sanzioni, provvedimenti amministrativi, e ogni altra informazione utile alla piena comprensione della situazione». Nota: il comune disciplina le cave nell’interesse dei cittadini: è pertanto tenuto a rendere pienamente conto del proprio operato. La partecipazione dei cittadini non è una scocciatura, ma una risorsa preziosa per il continuo miglioramento del funzionamento dell’amministrazione comunale. |
Carrara, 3 marzo 2020
Legambiente Carrara
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