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M. Borla: osservazioni supplementari alla cava Castelbaito-Fratteta

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Alla REGIONE TOSCANA
Direzione Ambiente ed Energia
Settore Valutazione Impatto Ambientale
Valutazione Ambientale Strategica

 

Oggetto:    Procedimento di valutazione di impatto ambientale: osservazioni al progetto di coltivazione cava Castelbaito-Fratteta sita nel Bacino Monte Borla Comune di Fivizzano (MS)

 

A seguito dell’avviso al pubblico del 20/1/2023 relativo al “Progetto di coltivazione e ripristino della cava Castelbaito–Fratteta nel Bacino Monte Borla” (Fivizzano) e delle integrazioni e chiarimenti presentate dalla soc. Marmi Walton Carrara srl, nel confermare la validità delle osservazioni al progetto originario da noi già presentate il 26/8/2022, ci limitiamo a poche puntualizzazioni supplementari.

 

Allontanamento dei detriti abbandonati in passato

 

Considerato che negli anni passati la cava –in sistematica violazione delle prescrizioni– ha abbandonato quantità di detriti veramente ingenti, riteniamo che l’eventuale nuova autorizzazione debba contenere un cronoprogramma che, prima dell’avvio dell’attività estrattiva, preveda la realizzazione dei ripristini non effettuati in passato. Riteniamo dunque che il cronoprogramma debba prevedere preliminarmente l’allontanamento completo di tali detriti (ad eccezione dei ravaneti già rinaturalizzati) e, solo successivamente, la ripresa dell’attività estrattiva con la prescrizione di non formare nuovi accumuli, se non temporanei (di pochi giorni!).

Riteniamo inaccettabile che il piano preveda l’inizio dell’allontanamento (parziale) dei vecchi detriti abbandonati solo a partire dal nono anno. Nei primi 9 anni, infatti, si prevede l’allontanamento delle sole frazioni commerciabili dei detriti di nuova produzione –dunque del solo 75%– mentre il restante 25% sarebbe impiegato nella manutenzione della viabilità sterrata, sarebbe cioè lasciato in loco e si disperderebbe negli habitat protetti adiacenti (quest’ultimo aspetto è meglio argomentato nel successivo paragrafo “frantoio mobile”).

L’argomentazione che la rimozione dei vecchi detriti, unita al trasporto dei nuovi materiali estratti (blocchi e detriti) comporterebbe un incremento di traffico insostenibile dalla viabilità è vera, ma se ne ricava la conclusione inaccettabile di rinviare all’ultimo anno l’allontanamento (parziale) dei vecchi detriti. Se ne deve trarre, infatti, la conclusione inversa: dedicare i primi anni all’allontanamento (esclusivo o almeno prevalente) dei vecchi detriti e solo in seguito alla ripresa dell’attività estrattiva vera e propria.

 

Piano di ripristino

 

Il piano di ripristino non può prescindere dal contesto paesaggistico in cui la cava è inserita. Basta uno sguardo all’area interessata per coglierne l’elevato valore paesaggistico, naturalistico e geomorfologico: una valle glaciale modellata dal ghiacciaio che scendeva dai tre sovrastanti circhi glaciali del M. Sagro, un cordone morenico, una sella glaciale, la spettacolare scarpata terminale del Balzone (oltre 400 m) in corrispondenza di una discontinuità geologica, la ZPS praterie primarie e secondarie delle Apuane che interessa l’intera area (salvo l’artificioso scorporo delle ACC), le ZSC M. Borla-Rocca di Tenerano e M. Sagro che ospitano numerosi endemismi floristici e faunistici.

Dato il profondo stravolgimento ambientale e paesaggistico procurato dalle cave insediate nella valle glaciale e dalle ingenti quantità di detriti abbandonate, l’obiettivo imprescindibile del piano di ripristino deve essere quello di ripristinare nella massima misura possibile la valle glaciale (rimuovendo tutti i detriti che ne hanno sepolto ampie porzioni) e di ricostruire le biocenosi originali nelle aree così liberate.

Le misure indicate nel piano di ripristino sono decisamente inaccettabili per diversi motivi:

  • non mirano al ripristino della morfologia naturale e degli habitat preesistenti, ma ad una malintesa “fruizione turistica” che non tiene conto dei peculiari valori naturalistici e paesaggistici, di assoluto pregio;
  • riguardano principalmente l’area di cava vera e propria, considerano solo marginalmente quella invasa dai ravaneti e, comunque, per entrambe, assieme a modeste rimozioni dei detriti esistenti, prevedono ulteriori riempimenti (lasciando così in loco nuovi detriti) nonché interventi discutibili, di dubbia utilità ed estranei al contesto ambientale (es. terrazza panoramica, area di campeggio, area camper);
  • l’artificiosa sistemazione a gradoni dei detriti sarebbe in stridente contrasto con la necessità del ripristino geomorfologico del caratteristico profilo a U della valle glaciale;
  • il riporto di notevoli spessori di detriti fini (al fine dichiarato di costituire il substrato d’impianto per la rivegetazione) appare solo un espediente per “abbandonarli a discarica”. Il substrato naturale del preesistente habitat 6210* [Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia) con stupenda fioritura di orchidee] –al quale il ripristino dovrebbe tendere– è infatti roccioso, nudo e solcato da fessure riempite da quantità di terre molto modeste. Obiettivo del ripristino dovrebbe dunque essere la ricostituzione di tale substrato: ciò richiede la rimozione dei detriti che ricoprono il substrato, non certo di seppellirlo sotto 2 m di detrito fine di cava.

A tutto ciò va aggiunto l’intento, espressamente dichiarato dalla Walton, di non effettuare per nulla il ripristino o, più esattamente (ma il che è equivalente), di eseguirlo solo “qualora la ditta intendesse chiudere il sito estrattivo”.

 

Gestione delle acque

 

I documenti progettuali dettagliano le misure adottate per contenere l’inquinamento delle acque superficiali e sotterranee. Tuttavia per la pulizia di bancate e piazzali si prevedono mezzi piuttosto rudimentali (pala e bobcat) che, per loro limiti intrinsechi, lasciano comunque uno strato sottile di marmettola facilmente dilavabile dalle acque.

Per una pulizia radicale dovrebbero essere impiegati mezzi più efficaci, quali macchine con spazzole roranti-aspiranti o del tipo lavapavimenti per grandi superfici. Indipendentemente dal sistema utilizzato, riteniamo opportuno prescrivere che le superfici di cava siano mantenute costantemente perfettamente pulite (praticamente come i pavimenti di casa).

 

Frantoio mobile

 

Nelle nostre precedenti osservazioni contestavamo l’affermazione della Walton che il frantoio –grazie alla riduzione dimensionale dei materiali– avrebbe consentito un miglior riempimento dei cassoni dei camion e, pertanto, di ridurre il numero di viaggi necessario all’allontanamento dei detriti. Osservavamo, infatti, che la frantumazione –grazie ai nuovi vuoti creati– avrebbe ridotto la densità dei materiali e aumentato il loro volume complessivo e avrebbe dunque comportato l’aumento del numero di viaggi.

Al punto 6 del file “integrazioni c) osservazioni.pdf” la Walton afferma che le nostre considerazioni sull’aumento del volume “non hanno alcun senso” poiché la granulometria ridotta consentirà di riempire completamente i cassoni con materiale di densità 1,85 t/mc. Per precisione si fa notare che il dato di densità fornito (1,85) corrisponde ad una porosità (volume dei vuoti) del 31,5%, il che conferma l’aumento di volume conseguente alla frantumazione (per i dettagli si rimanda al punto 6-Frantoio mobile della nostra precedente osservazione e, in particolare, alla sua Tab. 2).

La riduzione del numero di viaggi consentita dal frantoio deriva unicamente dal fatto che –come esplicitamente dichiarato nella contro-osservazione della Walton– si prevede di trasportare a valle solo il materiale commerciabile (scaglie di varia granulometria), cioè il 75% dei materiali frantumati, lasciando sul posto il restante 25% non commerciabile (costituito dalle frazioni più fini: terre e pietrisco) che sarà utilizzato in cava nella realizzazione di rampe e nella manutenzione della viabilità di accesso alla cava (per reintegrare lo strato di copertura, continuamente eroso dal transito dei camion e dal dilavamento idrico).

Tali considerazioni rivelano che la finalità reale del frantoio è duplice: 1) sfruttare l’area disponibile in cava per effettuare un’ulteriore lavorazione inquinante (poiché aumenta la quantità di frazioni fini sollevabili dal vento e dilavabili dalle piogge) che dovrebbe essere svolta in un’area artigianale al piano, certamente non in un contesto paesaggistico di pregio; 2) risparmiare i costi del conferimento a discarica dei materiali non commerciabili, utilizzando di fatto come “discarica” le rampe di cava e la viabilità sterrata di accesso.

In questo modo l’allontanamento delle frazioni fini sarebbe affidato al trasporto gratuito operato dagli agenti meteorici che, inevitabilmente, le disperderebbero nell’ambiente (suolo e acque superficiali e sotterranee). Si fa osservare che i frequenti “ricarichi” di materiali richiesti per la manutenzione del fondo stradale sterrato testimoniano che questo è facilmente erodibile (ad opera del transito dei mezzi pesanti e del ruscellamento superficiale). I rilevanti quantitativi annui di materiali impiegati per la manutenzione del fondo stradale corrispondono pertanto ai materiali fini che, dalla strada, verrebbero dispersi negli adiacenti habitat protetti.

Riteniamo pertanto che l’utilizzo del frantoio non debba essere autorizzato e che, per la viabilità e le rampe, possa essere utilizzato materiale di varia granulometria (da grossolana a pietrisco) ma debba essere del tutto vietato l’impiego di frazioni fini dilavabili dalle piogge o sollevabili dai venti.

Per inciso, ci auguriamo che il Parco Regionale delle Apuane prenda atto dell’impatto ambientale che comporta l’introduzione dei frantoi nelle cave e ritiri la sciagurata delibera del consiglio direttivo n. 5 del 19/2/2015 con la quale –proprio sulla base dell’errata considerazione che la frantumazione avrebbe consentito un più efficace riempimento dei cassoni dei camion e ridotto pertanto il numero dei viaggi– ha introdotto la possibilità di frantoi mobili nelle cave (in precedenza vietati dalla delibera n. 22 del 13/7/2009) e, in seguito, ha emanato il bando per realizzarla concretamente.

 

Conclusioni

 

L’intera impostazione del piano d’escavazione mostra di non aver compreso l’incommensurabile valore paesaggistico del contesto in cui si inserisce e della assoluta necessità di abbinare all’attività estrattiva un piano di effettivo ripristino della morfologia e degli habitat compromessi in passato. Per tale motivo riteniamo il piano d’escavazione inemendabile e da respingere.

In ogni caso, fermo restando il principio generale che il piano di ripristino deve essere messo in atto fin dall’inizio dell’attività estrattiva e deve procedere parallelamente ad essa, nel caso specifico –considerato che residuano in loco ingenti quantità di detriti abbandonati dalla precedente attività– il ripristino deve comprendere anche il loro allontanamento. Teniamo pertanto a ribadire l’assoluta necessità che l’eventuale autorizzazione alla cava sia subordinata alla preventiva (o quantomeno contestuale) attuazione del piano di ripristino e che questo preveda sia la rimozione completa dei detriti –abbandonati in passato e di nuova produzione– (fino a raggiungere il substrato roccioso) sia la ricostituzione dell’habitat 6210*.

Carrara, 2 febbraio 2023
Legambiente Carrara
 
Leggi le precedenti Osservazioni al piano di coltivazione della cava Castelbaito-Fratteta (26/8/2022)



Per saperne di più:

Sulle cave del bacino M. Sagro-M. Borla:

Scandalo ai piedi del Sagro: osservazioni alla cava Crespina  (29/11/2022)

Osservazioni al piano di coltivazione della cava Castelbaito-Fratteta  (26/8/2022)

Prorogare la cava Castelbaito-Fratteta? Rischio di procedura d’infrazione comunitaria  (13/10/2019)

Monte Borla: la Regione respinge il piano della cava Castelbaito-Fratteta  (31/1/2019)

M. Borla: basta scempio ambientale e della legalità. Chiudere cava Castelbaito  (28/10/2018)

Il progetto della strada per le cave del Sagro: un esempio di neolingua, dove “distruggere” si dice “preservare l’integrità”  (13/7/2017)

Cave: tutti uniti per l’assalto al Sagro  (6/7/2016)

Cave del Sagro-Borla: chi fa disinformazione?  (18/6/2016)

 Scarica il dossier cave apuane (2014: ai capitoli 2 e 3 le cave Crespina e Castelbaito-Fratteta)

 

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