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Lettera aperta “alluvione e ravaneti spugna”: esperimento per increduli

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Lettera aperta a:   
Sindaco di Carrara
Assessori: Ambiente, Marmo, Urbanistica
Dirigenti: Ambiente, Marmo, Urbanistica
Consiglieri comunali

 

1.     Lettera aperta agli amministratori di Carrara

 

Abbiamo già spiegato perché Carrara è soggetta a un rischio alluvionale crescente: a parità di precipitazioni, infatti, l’abbandono delle terre nel bacino montano e la riduzione delle scaglie nei ravaneti concorrono a generare portate di piena crescenti. L’amministrazione comunale sta dunque assumendosi una grave responsabilità, comportandosi come una vera e propria “fabbrica del rischio alluvionale”.

Poiché ci rifiutiamo di pensare che l’amministrazione sia talmente irresponsabile da accrescere intenzionalmente il rischio alluvionale, riteniamo che il suo comportamento derivi dall’ignoranza dei meccanismi di formazione delle piene e dall’incredulità sull’efficacia delle nostre proposte, prima tra tutte quella della realizzazione dei ravaneti spugna.

Abbiamo pertanto pensato di realizzare un esperimento dimostrativo a prova di increduli, nell’in­tento di fornire un servizio all’amministrazione (togliendole, al tempo stesso, ogni alibi) e, soprattutto, ai carraresi già duramente e ripetutamente colpiti da alluvioni.

 

2.      I ravaneti spugna: nascita di un’idea

 

Fin dall’alluvione del 2003, constatato che le numerose frane dei ravaneti recenti avevano colmato di detriti gli alvei sottostanti provocando esondazioni fin dai tratti montani, abbiamo avanzato la proposta di mantenere i vecchi ravaneti (ricchi di scaglie e poveri di terre) e di rimuovere quelli recenti (ricchi in terre e marmettola) al fine di ridurre il rischio di alluvione, di frana e di inquinamento di fiumi e sorgenti.

In seguito abbiamo perfezionato l’idea con la proposta dei ravaneti spugna: smantellare i ravaneti recenti, eliminare i materiali fini in essi contenuti (terre e marmettola) e ricostruirli con sole scaglie, studiando la composizione granulometrica ottimale per massimizzare la riduzione del rischio alluvionale.

Il tema è già stato trattato in diversi nostri documenti; ne segnaliamo solo alcuni:Resoconto terza escursione “sui sentieri della prossima alluvione”: bacino di Colonnata  (23/8/2020, nel paragrafo Conclusioni); Cave, ravaneti e rischio alluvionale (2/2/2020VIDEO); Allarme terre di cava: il rischio alluvionale è aumentato! (26/7/2018); Carrara, a tre anni dall’alluvione: il punto delle idee (5/11/2017); Incontro Legambiente-sindaco su cave e rischio alluvionale (18/7/2017).

Qui ne riepiloghiamo i principi fondamentali:

  • la forma ad anfiteatro del bacino montano, con Carrara situata al collo dell’imbuto, rende la città soggetta a un rischio alluvionale particolarmente elevato per un duplice motivo: 1) il tratto urbano del Carrione è troppo stretto e 2) in esso converge rapidamente (per le elevate pendenze) e simultaneamente l’intero volume delle acque meteoriche precipitate nell’intero bacino;
  • l’intervento strategico per ridurre il rischio sta nel trattenere quanto più possibile le acque nel bacino montano e nel distribuirne il deflusso su un tempo maggiore, riducendone in tal modo il picco di piena: occorre cioè rallentare i deflussi;
  • i ravaneti, grazie ai notevoli spessori, all’elevata permeabilità e alla grande estensione, forniscono un contributo rilevante al rallentamento dei deflussi perché: 1) assorbono elevati volumi d’acqua (sottraendoli alla piena), 2) ne rallentano lo scorrimento verso valle, costringendoli a un percorso molto lungo, tortuoso e con elevato attrito negli interstizi tra le scaglie;
  • i ravaneti, tuttavia non sono tutti uguali: a partire dagli anni ’90, con l’avvento del business delle scaglie, queste sono utilizzate per produrre granulati e carbonato in polvere, mentre le terre vengono abbandonate al monte (abusivamente ma impunemente). Perciò i ravaneti moderni sono sempre più ricchi di terre e poveri di scaglie;
  • i ravaneti moderni, per l’elevato contenuto in terre (che, assorbendo acqua, rigonfiano fino a divenire impermeabili), sono: 1) meno permeabili; si riduce perciò la frazione di acque piovane che si infiltra in essi, mentre aumenta la frazione che scorre in superficie, quindi con un percorso più breve e più veloce; 2) più suscettibili all’innesco di colate detritiche (le terre inzuppate tendono infatti a liquefarsi) che colmano gli alvei sottostanti provocandone l’esondazione; 3) più inquinanti poiché marmettola e terre dilavate dalle acque intorbidano sia le acque superficiali sia l’acquifero e le sorgenti;
  • i ravaneti antichi, prodotti dall’escavazione con esplosivo, sono costituiti essenzialmente da scaglie (con una piccola frazione di terre). Sono quindi: 1) più permeabili (aumenta l’infiltrazione e si riduce lo scorrimento superficiale), 2) più stabili, 3) rallentano maggiormente i deflussi, 4) inquinano molto meno le acque, 5) favoriscono il rimpinguamento dell’acquifero poiché allungano grandemente il contatto delle acque infiltratesi nel ravaneto con il substrato, permettendone la penetrazione nelle fratture carsiche e, in tal modo, 6) aumentano le riserve di acque sotterranee, contrastando così le crisi idriche estive;

Dall’insieme di questi principi fondamentali è scaturita con rigore logico la proposta dei ravaneti spugna, finalizzata a sfruttarne le proprietà positive e a eliminare quelle negative: occorre smantellare i ravaneti contenenti terre, rimuovere queste ultime, ricostruirli con sole scaglie (con una granulometria corrispondente a massi, ciottoli, pietrisco e sabbia grossolana, studiandone la miscela ottimale) e stabilizzarli (a prova di precipitazioni eccezionali).

La riduzione del rischio alluvionale in tal modo ottenibile è attribuibile a due meccanismi:

  • l’effetto “spugna”: immagazzinamento d’acqua nel corpo dei ravaneti (che viene così sottratta al deflusso) e, soprattutto,
  • l’effetto “rallentamento” dei deflussi: il deflusso del volume d’acqua precipitato viene distribuito su un maggior arco di tempo, con conseguente riduzione del picco di piena.

La validità di questo apparato concettuale che proponiamo, inascoltati, da quasi vent’anni è stato pienamente confermato dal piccolo esperimento domestico che abbiamo condotto per convincere gli increduli.

 

3.     L’apparato sperimentale

 

Per vedere con i propri occhi l’efficacia dei ravaneti spugna abbiamo allestito un apparato sperimentale che riproduce, in miniatura, un’intensa precipitazione nel bacino montano e la conseguente onda di piena che si genera nel Carrione, mettendo a confronto simultaneo due condizioni: l’una con il bacino privo di ravaneti e l’altra col bacino coperto da ravaneti spugna.

L’apparato sperimentale è estremamente semplice (Fig. 1):

  • la pioggia è generata da un piccolo annaffiatoio (mezzo litro);
  • il ripido bacino montano ad anfiteatro è simulato da un imbuto (al cui collo è collocata Carrara);
  • l’acqua in uscita dall’imbuto cade in un alto cilindro graduato in plexiglass al fondo del quale è stato praticato un piccolo foro;
  • una cannuccia da bibite inserita nel foro rappresenta la principale strozzatura idraulica del Carrione (il Ponte della Bugia, in pieno centro città);
  • la sottostante bottiglia graduata di raccolta misura il volume cumulativo che transiterebbe a valle del ponte qualora (come nell’esperimento) ne fosse impedita l’esondazione;
  • per una miglior visibilità l’acqua è stata colorata in verde.

 

Fig. 1. Vista d’insieme del semplice apparato sperimentale.

 
Il cilindro graduato di plexiglass, raccogliendo le acque uscite dall’imbuto, rappresenta il Carrione a Carrara, a monte della strozzatura idraulica del Ponte della Bugia (la cannuccia da bibite) e costituisce l’idea centrale dell’esperimento. Infatti, poiché nel cilindro l’acqua scorre in verticale (anziché in orizzontale come nel fiume reale), il cilindro stesso funziona da “amplificatore del segnale”.

La variazione del livello idrico nel fiume conseguente a una variazione della portata, poco apprezzabile a vista nello scorrimento orizzontale, si manifesta infatti nello scorrimento verticale in maniera tanto più evidente quanto minore è il diametro del cilindro. In questo modo diviene possibile cogliere a colpo d’occhio il transito dell’onda di piena, misurarne le variazioni e ricostruirne più accuratamente l’andamento.

 

4.     Primo esperimento: confronto bacino senza ravaneti e con ravaneto asciutto

 

L’esperimento è stato condotto simultaneamente in parallelo: con un imbuto munito di un filtro a due strati tra i quali è stato interposto un materassino di sabbia asciutta (che simula il comportamento del ravaneto spugna) e l’altro imbuto col solo filtro privo di sabbia, a simulare il bacino senza ravaneti. Alcuni dettagli dell’apparato sono mostrati nella Fig. 2.
 

Fig. 2. Alcuni dettagli dell’apparato sperimentale. A: l’imbuto (1) col filtro a doppio velo senza sabbia (2) e, a puro scopo estetico, la foto del bacino montano (3) sul retrodell’imbuto. B: sistemazione della sabbia (freccia) tra i due veli del filtro. C: fondo del cilindro chiuso da un tappo in plexiglass; la cannuccia da bibita, inserita nel foro di fondo del cilindro e sigillata con silicone, costituisce la strozzatura idraulica che simula quella del ponte della Bugia.

 
I risultati principali di questo primo esperimento (con una pioggia di 500 mL in 50 sec), con il ravaneto simulato con sabbia asciutta, sono sintetizzati nella Tab. 1 e sono direttamente visibili nel Video 1.
 
Tab. 1. Confronto tra bacino senza ravaneti e bacino con ravaneto asciutto: riepilogo dei risultati sperimentali.

  Senza ravaneto Ravaneto asciutto Differenza
Inizio del picco (da inizio pioggia) 5 sec 25 sec 20 sec
Altezza picco massimo 343 mm 131 mm 212 mm
Arrivo del picco (al suo colmo) 40 sec 80 sec 40 sec
Volume finale transitato in alveo 500 mL 400 mL 100 mL

 

 
Video del primo esperimento: confronto tra bacino senza ravaneti e bacino con ravaneti asciutti. (Durata 4 minuti).

 
 
Fermando il video ogni 5 secondi abbiamo misurato l’altezza raggiunta dall’acqua nel cilindro in plexiglass e il volume nella bottiglia di raccolta. Riportando in un grafico questi dati è stato ricostruito l’andamento della piena (Fig. 3).
 

Fig. 3. Risultati del primo esperimento. Il livello del picco di piena nel bacino senza ravaneti raggiunge 343 mm e soli 131 mm nel bacino col ravaneto asciutto: l’abbassamento è veramente notevole (212 mm). La linea tratteggiata rossa mostra che, in assenza di ravaneti, al termine dell’esperimento l’intero volume piovuto (500 mL) è transitato a valle; la linea tratteggiata blu, invece, mostra che nel bacino con ravaneti asciutti sono transitati solo 400 mL: la differenza (100 mL) rappresenta il volume d’acqua che è rimasto assorbito nel ravaneto spugna.

 
Il risultato dell’esperimento è veramente impressionante: con il ravaneto asciutto si ottiene un picco di piena ritardato (80 sec dall’inizio della pioggia, anziché 40 sec) e molto più basso (un abbassamento di 212 mm: da 343 a 131 mm). Le linee tratteggiate mostrano che il volume raccolto nella bottiglia scende da 500 mL (senza ravaneto) a 400 mL (col ravaneto): in pratica, il ravaneto asciutto, funzionando da spugna, ha assorbito 100 mL, sottraendoli ai deflussi.

Resta da stabilire in quale misura l’abbassamento del picco di piena sia dovuto all’effetto spugna e in quale misura all’effetto rallentamento dei deflussi. Nei nostri documenti, infatti, abbiamo sempre sostenuto (sulla base dei principi di idrologia e di idraulica) che il meccanismo principale è il rallentamento dei deflussi poiché, distribuendo su un maggior arco di tempo i volumi precipitati, produce una variazione più graduale delle portate in transito.

L’apparato sperimentale rappresentava un’occasione ghiotta per sottoporre a verifica le nostre stesse affermazioni: a tale scopo abbiamo effettuato un secondo esperimento.

 

5.      Secondo esperimento: confronto bacino senza ravaneti e con ravaneto saturo

 

Anche il principio ispiratore di questo esperimento è molto semplice: se il ravaneto è completamente saturo d’acqua, non può assorbirne altra (l’effetto spugna è dunque annullato). In queste condizioni, pertanto, la riduzione del picco di piena ottenuta sarà attribuibile al solo effetto rallentamento.

Subito dopo il primo esperimento (quindi col ravaneto ormai saturo), lo abbiamo perciò ripetuto generando una seconda pioggia di 500 mL su entrambi gli imbuti. Anticipiamo subito che in entrambe le bottiglie, il volume finale raccolto è stato di 500 mL: ciò conferma che in questo caso l’effetto spugna è stato nullo. I risultati di entrambi gli esperimenti sono posti a confronto nella Fig. 4.
 

Fig. 4. Sintesi dei risultati principali di entrambi gli esperimenti. Il ravaneto saturo riduce il picco di piena di 163 mm (interamente attribuibili all’effetto rallentamento), mentre il ravaneto asciutto fornisce un’ulteriore riduzione di 32 mm (attribuibile all’effetto spugna).

 
I risultati sono molto illuminanti: dei 212 mm di riduzione del picco di piena ottenuti col ravaneto asciutto, ben 180 sono merito dell’effetto rallentamento dei deflussi e solo 32 dell’effetto spugna.

A commento dei due esperimenti è doverosa quanto ovvia un’avvertenza: i risultati sono di grande interesse se intesi in senso qualitativo, ma sarebbe azzardato trarne considerazioni quantitative. In conclusione gli esperimenti si limitano a dirci (e non è poco!) che:

  • i ravaneti spugna forniscono un notevole contributo alla riduzione dei picchi di piena;
  • la massima riduzione è fornita dai ravaneti asciutti;
  • il meccanismo prevalente di riduzione del rischio alluvionale è il rallentamento dei deflussi (le acque piovane si infiltrano nel corpo dei ravaneti e sono costrette a compiere un percorso lungo e tortuoso negli interstizi tra i frammenti rocciosi) e, pertanto,
  • anche i ravaneti saturi d’acqua (ad es. dopo diverse giornate piovose) continuano a fornire un notevole contributo alla riduzione del rischio alluvionale.

 

6.     Altre autorevoli conferme dell’efficacia dei ravaneti spugna

 

La conferma più autorevole viene dallo studio commissionato dalla Regione all’università di Firenze (Castelli, 2018) a seguito della nostra richiesta del marzo 2016 (Carrione: rivedere i calcoli, intervenire sui ravaneti, ripristinare gli alvei soffocati da strade) nella quale segnalavamo che le portate di piena previste per il Carrione, non tenendo conto della permeabilità dei ravaneti, erano sovrastimate.

Lo studio, confermando la validità della nostra segnalazione e dei suoi presupposti teorici, comportò una revisione delle portate di piena, con una loro riduzione di ben 40 m3/s (da 217,9 a 177,4) per la piena trentennale nel centro storico di Carrara.

Per comprendere la portata pratica della nostra segnalazione (e, quindi, della funzione protettiva dei ravaneti) basti pensare che la riduzione delle portate di piena previste ha consentito di salvare i ponti storici del centro città, dei quali era prevista la demolizione o l’innalzamento (si veda il nostro documento dell’aprile 2019: Come ridurre il rischio alluvionale e salvare i ponti storici).

Un’altra conferma autorevole è contenuta nello studio dell’università di Genova (Seminara, 2016) che raccomanda la rimozione delle terre dallo strato superficiale dei ravaneti.

 

7.     Indicazioni concrete per gli amministratori

 

Quanto detto finora testimonia la solidità dell’impianto teorico riepilogato nei principi fondamentali illustrati nel paragrafo 2 e, di conseguenza, dell’assoluta necessità di realizzare i ravaneti spugna per ridurre il rischio alluvionale a Carrara.

Va tuttavia evidenziato che, nella sua risposta a Legambiente del 10/9/18, il settore regionale Assetto Idrogeologico ha chiarito che lo studio finalizzato alla realizzazione dei ravaneti spugna da noi richiesto (relativo all’individuazione della miscela granulometrica ottimale) non è di competenza regionale. La scelta (e la responsabilità) di realizzare o meno i ravaneti spugna sta dunque all’ammi­nistrazione comunale.

Rinnoviamo pertanto all’amministrazione la richiesta, già avanzata al sindaco nel nostro incontro del 20/7/17 (Incontro Legambiente-Sindaco su cave e rischio alluvionale), di commissionare uno studio per individuare la miscela granulometrica ottimale che potenzi l’effetto protettivo dei ravaneti spugna.

In ogni caso facciamo presente che tale miscela dovrebbe essere costituita da uno scheletro di scaglie grossolane i cui interstizi siano riempiti da scaglie medie e piccole, pietrisco e sabbia grossolana (di marmo).

È dunque possibile progettare già fin d’ora i ravaneti spugna, la grande opera che potrà salvare Carrara dalle prossime alluvioni. Per lo schema concettuale è possibile ispirarsi alla Fig. 5.
 

RAVANETI ANTICHI

Tessitura grossolana; permeabilità molto elevata, coefficiente di ritenzione modesto (per pori ampi), ma ritenzione media, grazie a spessori enormi. Deflusso superficiale assente (le acque scorrono sepolte nei detriti). Piccoli alvei montani sepolti: forte rallentamento del deflusso (per attrito elevato e percorso molto tortuoso tra gli interstizi dei detriti): elevata riduzione del rischio alluvionale a valle.

RAVANETI RECENTI

Tessitura media con supporto di matrice fine (terre). Coefficiente di ritenzione elevatissimo, ma la permeabilità si azzera per costipazione da imbibizione. Infiltrazione medio-bassa e deflusso superficiale elevato e veloce. Dilavamento terre e loro deposito in alvei con piogge normali (aumento graduale rischio alluvionale); colate detritiche con piogge eccezionali (aumento improvviso rischio alluvionale).

TERRE (tendenza attuale)

Tessitura fine. Porosità molto elevata, ma permeabilità assente dopo imbibizione. Con piogge eccezionali l’infiltrazione si azzera e tutto il deflusso diviene superficiale e molto rapido. Grande propensione a dilavamento e a colate di fanghi che riducono capacità alvei (gradualmente o improvvisamente). Accelerazione deflussi e rischio alluvionale massimo. Sorgenti e fiumi torbidi.

RAVANETI-SPUGNA

Ottimizzazione della tessitura (scaglie, pietrisco, sabbia grossolana). Spessori notevoli, ma non enormi. Permeabilità elevata; deflussi superficiali molto modesti e molto rallentati. Grande stabilità (data dai bastioni di contenimento); niente apporto di sedimenti agli alvei. Massima riduzione del rischio alluvionale (localmente e a valle). Fiumi e sorgenti puliti; massimo rimpinguamento dell’acquifero.

Rischio alluv.: medio Rischio: elevato Rischio: elevatissimo Rischio: minimo
Fig. 5. Illustrazione schematica delle caratteristiche fisiche e del comportamento idrologico dei vari tipi di ravaneti. L’ultima riga mostra la forma dei picchi di piena prevedibili, cioè l’andamento della portata (sulle ordinate) nel tempo (sulle ascisse). Le prime tre situazioni mostrano come nel corso del tempo si sia verificato un evidente incremento del rischio alluvionale e come, con i ravaneti spugna (quarta situazione), sarebbe possibile trasformare gli attuali ravaneti da fattore di rischio idraulico in fattore di sicurezza. Fonte: Legambiente Carrara.

 
Merita osservare che la grande entità del rallentamento dei deflussi, evidenziata anche dai due esperimenti domestici sopra illustrati, è un’ulteriore conferma dell’importanza di rimuovere le strade di fondovalle, restituendo agli alvei esistenti l’intera larghezza, sinuosità e scabrezza originarie.

Tale intervento, schematizzato nella Fig. 6, fornirebbe infatti un notevole rallentamento dei deflussi superficiali (Fig. 7) contribuendo a un’ulteriore riduzione del rischio alluvionale.
 

Fig. 6. A: situazione attuale del canale di Sponda, con l’alveo ristretto dalla strada per Ravaccione e confinato in un canale in cemento che accelera i deflussi. B: simulazione grafica di un intervento di rinaturalizzazione, con restituzione all’alveo dell’intero spazio di fondovalle e ricostruzione della strada ad una quota più elevata (freccia, a destra). Estendendo questo approccio a tutti gli alvei montani oggi sepolti da strade si otterrebbe una notevole riduzione del rischio alluvionale a valle (oltre alla riqualificazione degli ecosistemi fluviali alterati).

 

Fig. 7. A: schema della restituzione della sinuosità ad un canale rettificato: raddoppiando in tal modo la lunghezza del percorso si ottiene un dimezzamento della pendenza. B: dall’alto verso il basso si passa da un canale in cemento (stretto, liscio e rettilineo) ad un alveo naturale largo, sinuoso e dotato di scabrezza (data dai ciottoli su fondo e dalla vegetazione riparia). I calcoli mostrano che la velocità si riduce di 6,8 volte (da 13,3 a 2,1 m/s), riducendo grandemente il rischio alluvionale a valle.

 

 

8.     Conclusioni: la conoscenza comporta responsabilità

 

Riteniamo che il solido apparato concettuale qui esposto e approfondito nei dettagli in numerosi nostri documenti indichi in maniera lampante il crescente rischio alluvionale a cui è soggetta Carrara a causa della inappropriata gestione dei bacini marmiferi (anche per la progressiva trasformazione dei ravaneti di scaglie in ravaneti di terre) e fornisca adeguate proposte risolutive.

Legambiente è disponibile a fornire piena collaborazione e ogni chiarimento e approfondimento. Ricorda tuttavia che la conoscenza comporta responsabilità e toglie ogni alibi: un’amministrazione consapevole che l’attuale gestione dei bacini montani e le tendenze in atto agiscono come una perfetta “fabbrica del rischio alluvionale” e che, ciononostante, non si attivasse per invertire la rotta si assumerebbe una grave responsabilità. Nel caso, purtroppo prevedibile, di una futura alluvione, sarebbe chiamata a risponderne pienamente.

Carrara, 20 gennaio 2021
Legambiente Carrara
 



Per saperne di più:

Sulle alluvioni locali:

Resoconto terza escursione “sui sentieri della prossima alluvione”: bacino di Colonnata  (23/8/2020)

Resoconto seconda escursione “sui sentieri della prossima alluvione”: bacino di Miseglia  (16/8/2020)

Resoconto prima escursione “sui sentieri della prossima alluvione”: bacino di Torano  (9/8/2020)

Cave, ravaneti e rischio alluvionale  (VIDEO 2/2/2020)

Come ridurre il rischio alluvionale e salvare i ponti storici  (13/4/2019)

Allarme terre di cava: il rischio alluvionale è aumentato!  (26/7/2018)

Audizione alla commissione marmo: le proposte di Legambiente  (20/11/2017)

Carrara, a tre anni dall’alluvione: il punto delle idee  (5/11/2017)

Incontro Legambiente-sindaco su cave e rischio alluvionale  (18/7/2017)

Gestire in sinergia cave, ambiente e rischio alluvionale (2° contributo alla VAS dei piani attuativi estrattivi)  (24/9/2016)

Carrione: rivedere i calcoli, intervenire sui ravaneti, ripristinare gli alvei soffocati da strade  (31/03/2016)

Fermare la fabbrica del rischio alluvionale. Salvare i ponti intervenendo su ravaneti e strade in alveo  (16/03/2016)

Come fermare la fabbrica del rischio alluvionale  (7/11/2015)

Come opera la fabbrica del rischio alluvionale (la bonifica dei ravaneti)  (24/10/2015)

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Terre nei ravaneti: rischio di frana e alluvione (VIDEO 22/11/2011)

Aspettando la prossima alluvione: gli interessi privati anteposti alla sicurezza (26/3/2007)

In attesa della prossima alluvione: porre ordine alle cave (15/3/2007)

Alluvione Carrara: analisi e proposte agli enti (11/10/2003)

  Carrione, sicurezza e riqualificazione: un binomio inscindibile (Conferenza su alluvione: Relazione di Giuseppe Sansoni, 11/10/2003: PDF, 3,2 MB)

  Fenomeni di instabilità sui ravaneti (Conferenza su alluvione: Relazione Giuseppe Bruschi, 11/10/2003: PDF, 1,1 MB)

 

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