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Sdemanializzare i fossi di cava? Rischi e rimedi

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Gentile Sindaca,

la sdemanializzazione dei fossi di cava –da due anni al centro dell’attenzione di imprenditori, sindacati, amministratori– non sembra suscitare un particolare interesse da parte dei cittadini, forse perché è stata presentata come una questione di natura burocratica, priva di ripercussioni sulla loro vita. In particolare, nessuno li ha informati che potrebbe derivarne un incremento delle alluvioni. Ciò considerato, è doveroso allargare la partecipazione all’intera cittadinanza chiarendo i termini della questione.

L’amministrazione comunale è impegnata ad accelerare la sdemanializzazione dei fossi di cava per semplificare e rendere più veloce la procedura di rilascio delle autorizzazioni all’escavazione. A tal fine sta affidando a professionisti la redazione della cartografia aggiornata dei fossi e del loro “frazionamento”, cioè la suddivisione in tratti idraulicamente funzionanti e tratti sepolti da detriti o letteralmente scomparsi perché “mangiati” dalle cave. L’obiettivo è scorporare dal demanio idrico regionale i fossi non più funzionanti e assegnarli al patrimonio indisponibile del comune, che potrebbe così disciplinarne l’uso da parte delle cave nell’ambito della normale procedura di autorizzazione, evitando ad ogni singola cava la necessità di richiedere la concessione demaniale regionale, con il suo complicato iter.

Si tratta di un’iniziativa che sembra dettata dalle migliori intenzioni ma, come insegna il noto motto, «la via dell’inferno è lastricata di buone intenzioni». In effetti, l’errore classico di molte amministrazioni è quello di agire con i paraocchi, cioè di concentrarsi nella soluzione di un dato problema senza porsi troppe domande e, in particolare, senza assicurarsi che da essa non scaturiscano altri problemi, magari più seri di quello risolto.

La prima elementare domanda da porsi è «perché questi fossi montani appartengono al demanio idrico?» e la risposta sta nella L.R. 79/2012: al fine di «garantire il buon regime delle acque, prevenire e mitigare i fenomeni alluvionali».

Porsi questa domanda porta automaticamente a farsene altre e a darsi altre risposte. Gran parte dei fossi montani, infatti, non è più funzionante perché le autorizzazioni all’escavazione –non tenendo conto del loro ruolo protettivo idraulico– ne hanno permesso la distruzione o la sepoltura da parte dei detriti di cava.

È dunque evidente che rinunciare al demanio idrico comporta non solo una sanatoria generalizzata per le cave ma, soprattutto, la rinuncia a “prevenire e mitigare i fenomeni alluvionali”: una assunzione di responsabilità che non può essere compiuta con leggerezza.

È quanto –inascoltati– abbiamo sottolineato fin dall’inizio (assieme a proposte di soluzione) nei nostri documenti:

Fin dall’inizio abbiamo osteggiato la sdemanializzazione, suggerendo alla regione di rilasciare le concessioni alle cave condizionandole all’adozione di misure che assicurassero il recupero della funzione protettiva dalle alluvioni che i fossi svolgevano. Sebbene la nostra proposta non sia stata accolta, chiediamo almeno che il comune prescriva tali misure nell’ambito delle autorizzazioni all’escavazione.

Su queste misure abbiamo prodotto da anni una valanga di documentazione, puntualmente accolta con serafico disinteresse da parte delle amministrazioni comunali. Rinviando ad esempio al nostro manuale “Idee per fermare la fabbrica del rischio alluvionale: manuale di autodifesa per cittadini attivi” del nov. 2021, ci limitiamo qui a rammentare un principio strategico (illustrato in maniera molto intuitiva nella seguente figura): per ridurre il rischio alluvionale dobbiamo rallentare i deflussi montani.

 

Fig. 2.7. Esperimento mentale. A: se versiamo di colpo milioni di m3 d’acqua sul bacino montano del Carrione, avremo poco dopo un picco di piena molto accentuato (catastrofico). B: se lo stesso volume viene versato lentamente, l’onda di piena sarà estremamente bassa (innocua). L’esperimento mentale è finalizzato a mostrare che ridurre la velocità dei deflussi è una strategia molto efficace per ridurre il rischio alluvionale. (Figura tratta dal manuale sopra citato).

 

Se dunque vogliamo evitare che la semplificazione della procedura di autorizzazione all’escavazione conseguibile con la sdemanializzazione si traduca nello scaricare sui carraresi alluvioni più frequenti e intense, dobbiamo inserire nelle autorizzazioni estrattive prescrizioni volte a rallentare il deflusso delle acque piovane.

La prescrizione più importante è la realizzazione dei ravaneti spugna che, assorbendo le acque piovane e costringendole a un percorso lungo e tortuoso tra i frammenti di marmo, ne rallenterebbero il deflusso (si veda il par. 2.8 “Rallentare i deflussi con i ravaneti spugna: la soluzione concreta” nel Manuale sopra citato). Altre misure per ridurre le alluvioni sono illustrate nel cap. 3 del Manuale.

Nel rinnovare la nostra piena disponibilità al confronto ci auguriamo, nell’interesse dell’intera cittadinanza, che l’amministrazione comunale voglia considerare attentamente e accogliere le nostre proposte.

Carrara, 6 marzo 2023
Legambiente Carrara
 



Per saperne di più:

Il sacco delle Apuane. 3 – La fabbrica delle alluvioni (al monte)  (VIDEO, 6/4/2022)

Manuale di autodifesa contro il rischio alluvionale (Presentazione)  (VIDEO, 4/3/2022)

Idee per fermare la fabbrica del rischio alluvionale: manuale di autodifesa per cittadini attivi  (5/11/2021)

Fosse occupate dalle cave: Regione, Comune e Demanio preparano la prossima alluvione?  (6/4/2021)

Cave nelle fosse demaniali: rimediare agli abusi e fermare la fabbrica del rischio alluvionale  (27/2/2021)

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In attesa della prossima alluvione: porre ordine alle cave (15/3/2007)

Alluvione Carrara: analisi e proposte agli enti (11/10/2003)

  Carrione, sicurezza e riqualificazione: un binomio inscindibile (Conferenza su alluvione: Relazione di Giuseppe Sansoni, 11/10/2003: PDF, 3,2 MB)

  Fenomeni di instabilità sui ravaneti (Conferenza su alluvione: Relazione Giuseppe Bruschi, 11/10/2003: PDF, 1,1 MB)

 

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